Cosa prevede l’accordo sul clima di Parigi
L'obiettivo principale è quello di contenere gli effetti del surriscaldamento globale e limitare i pericoli derivanti dai cambiamenti climatici indotti dall’uomo
A New York 171 paesi hanno firmato l’accordo sul clima raggiunto nel dicembre 2015, durante la conferenza di Parigi (Cop21). L’annuncio è stato fatto il 22 aprile 2016 dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon all’apertura della cerimonia dell’Assemblea delle Nazioni Unite.
L’accordo definisce un piano d’azione globale, inteso a rimettere il mondo sulla buona strada per evitare cambiamenti climatici pericolosi limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2ºC.
Il 5 ottobre 2016 l’Unione europea ha formalmente ratificato l’accordo di Parigi, consentendo in tal modo la sua entrata in vigore il 4 novembre 2016. Perché l’intesa entrasse in vigore era necessario che almeno 55 paesi che rappresentino almeno il 55 per cento delle emissioni globali ratificassero o si unissero formalmente all’accordo. L’accordo è stato ratificato da 195 paesi.
Il testo prevede di bloccare a partire dal 2020 la crescita della temperatura “al di sotto dei due gradi” e impegna i paesi a sforzarsi a non superare gli 1,5 gradi.
Inoltre i paesi industrializzati si sono impegnati ad alimentare un fondo annuo da 100 miliardi di dollari per il trasferimento delle tecnologie pulite nei paesi non in grado di fare da soli il salto verso la green economy.
Cosa comporta l’accordo?
1) L’obiettivo principale è quello di contenere gli effetti del surriscaldamento globale e limitare i pericoli derivanti dai cambiamenti climatici indotti dall’uomo.
2) Le emissioni di gas serra dovranno essere ridotte drasticamente, come già avvenuto a giugno del 2015 al G7 in Germania, al fine di fermare l’innalzamento delle temperature notevolmente al di sotto di 2°C, considerato il punto limite oltre il quale si avranno effetti catastrofici sull’ambiente mondiale. L’obiettivo è di raggiungere 1,5°C. Dal 1880 l’aumento è stato di 0,85°C. Senza interventi la soglia limite potrebbe essere raggiunta già nel 2035.
3) Le nazioni sviluppate hanno reiterato la loro intenzione di stanziare 100 miliardi all’anno, a partire dal 2020, per aiutare i paesi in via di sviluppo a contenere le emissioni di gas serra. Ci saranno inoltre anche fondi e rimborsi da destinare a chi risente di più del riscaldamento globale o che si trova in una condizione sfavorevole a causa della posizione geografica o delle scarse risorse a disposizione. Ci saranno verifiche ogni cinque anni a partire dal 2023. Dopo questo periodo verrà stabilito un nuovo obiettivo più consistente.
4) fare in modo che le emissioni globali raggiungano il livello massimo al più presto possibile, pur riconoscendo che per i paesi in via di sviluppo occorrerà più tempoprocedere successivamente a rapide riduzioni in conformità con le soluzioni scientifiche più avanzate disponibili
I governi hanno inoltre concordato di:
riunirsi ogni cinque anni per stabilire obiettivi più ambiziosi in base alle conoscenze scientifiche
riferire agli altri Stati membri e all’opinione pubblica cosa stanno facendo per raggiungere gli obiettivi fissati
segnalare i progressi compiuti verso l’obiettivo a lungo termine attraverso un solido sistema basato sulla trasparenza e la responsabilità.