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Home » Ambiente

Cop28 verso il fallimento: nell’ultima bozza salta l’uscita dai fossili

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Una bozza che scontenta tutti. Anche se si continua a trattare. Sarebbe un grande fallimento per la Cop28 di Dubai se nel testo finale non ci fosse un riferimento ai combustibili fossili. Ma le divergenze tra i Paesi permangono e il rischio di un nulla di fatto è concreto. La Conferenza mondiale sul clima doveva essere qualcosa di storico, forse l’ultima chance per salvare il Pianeta, rispettando gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

Ma si va più verso qualcosa di annacquato, privo di ambizione e coraggio. Non c’è l’uscita dai combustibili fossili, per i quali si invita a una riduzione sia del consumo sia della produzione. Prudenza. Manca poi l’urgenza di agire in questo decennio critico, per restare sotto la soglia di riscaldamento globale al +1,5 gradi. “Si può e si deve fare di più – ha detto il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energica, Gilberto Pichetto Fratin – Stiamo lavorando con i partner europei per migliorare la proposta della presidenza emiratina”.

Sono proprio i combustibili fossili i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici e dei fenomeni meteorologici estremi secondo la scienza. Ma la bozza di accordo presentata dal presidente della Conferenza, Sultan Al Jaber, non parla più di uscita (phaseout) da carbone, petrolio e gas come in una precedente versione, ma solo di riduzione (phasedown).

Molti condizionali, molti “si potrebbe”, tutto facoltativo. Qualche risultato in più finora è arrivato con un’accelerazione sulle rinnovabili, ma anche la spinta a nucleare e cattura e stoccaggio di anidride carbonica, a cui si spalancano le porte. Nel dettaglio nel testo della bozza si legge che si “riconosce la necessità di riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni di gas serra” e si invitano le parti a intraprendere azioni, tra cui “potrebbero essere incluse”, per esempio, quella di “triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale” e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030 e di una “riduzione graduale – ma rapida – del carbone unabated (si parla della produzione che causa emissioni che non si possono abbattere con tecnologie come la cattura e lo stoccaggio di Co2), e limitazioni per nuove autorizzazioni, sempre laddove non si possa contare su queste tecnologie”. Tra le azioni che “si potrebbero” intraprendere, anche quella di accelerare lo sviluppo di tecnologie a zero e basse emissioni.

E soprattutto si potrebbe “ridurre (non eliminare, ndr) sia il consumo che la produzione di combustibili fossili, in modo giusto, ordinato ed equo così da raggiungere le emissioni nette zero prima o intorno al 2050 (unico orizzonte temporale), in linea con quanto dice la scienza” o ancora “ridurre sostanzialmente le emissioni diverse dalla CO2, in particolare quelle di metano a livello globale entro il 2030”.

Dalla Cina (primo inquinatore al mondo) ancora nessuna reazione ma il recente patto con gli Stati Uniti sul clima non dovrebbe riservare sorprese. A fare resistenza sono in prima fila l’Arabia Saudita, primo esportatore di petrolio al mondo, e altri paesi membri o alleati dell’Opec, dall’Iran all’Iraq, al Kuwait, alla Russia che si oppongono fermamente all’eliminazione delle fonti fossili.

Si continua a trattare

“Sultan Al Jaber è rimasto sveglio fino alle 4 del mattino per incontrare ogni singolo gruppo di negoziatori e ascoltare le loro proposte”. Una lunga notte di trattative che però al momento non ha portato i frutti sperati, per chiudere questa Cop28 con un obiettivo ambizioso raggiunto. Troppo distanti le posizioni dei diversi blocchi di Paesi. La presidenza è consapevole di aver gettato nello scompiglio le delegazioni, soprattutto quelle (Europa, Africa, Stati insulari) che vedevano ormai a portata di mano l’inserimento della parola definitiva: phaseout, uscita graduale.

“Non possiamo continuare a calciare il barattolo lungo la strada. Siamo fuori strada e quasi fuori tempo” massimo sui cambiamenti climatici. Lo ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. “Il nostro pianeta è a pochi minuti dalla mezzanotte per quanto riguarda il limite degli 1,5 gradi. E l’orologio continua a fare tic tac”, ha avvertito il segretario generale delle Nazioni Unite. “Abbiamo bisogno di un risultato ambizioso che dimostri un piano decisivo in ambito climatico per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi e proteggere coloro che sono in prima linea nella crisi climatica”, ha aggiunto.

Dopo il giro di consultazioni notturne, la presidenza sta elaborando una seconda bozza che riduca la distanza tra chi vuole i phaseout e chi si oppone (Arabia Saudita in primis), ma che tenga anche a bordo le nazioni africane, deluse per le poche risorse economiche destinate alle loro politiche di adattamento ai cambiamenti climatici. La sensazione è che dunque si tratterà a oltranza anche nelle prossime ore. “L’esito finale dipende dal coraggio e dalla ambizione delle parti”, ha ammesso il braccio destro di Al Jaber, l’ambasciatore Majid Al Suwaidi, direttore generale di Cop28. “Sarebbe felice di poter chiudere oggi come da programma”, ha aggiunto, “ma in questo momento la cosa più importante è ottenere il consenso di tutti su un documento ambizioso”.

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