Clima, in Olanda vincono i cittadini: sentenza storica obbliga lo Stato a tagliare le emissioni di CO2
Il governo olandese sarà costretto a combattere i cambiamenti climatici: la causa vinta grazie agli attivisti
Clima, sentenza storica in Olanda: governo obbligato alla riduzione di CO2
Sul clima è arrivata una sentenza storica in Olanda. Grazie a una causa portata avanti dai cittadini, il governo olandese dovrà fare molto di più per combattere i cambiamenti climatici, riducendo le emissioni di CO2 almeno del 25 per cento entro il 2020, in confronto ai livelli registrati nel 1990.
A dirlo è la Corte d’Appello dell’Aia, in una sentenza che conferma quello che aveva sostenuto il tribunale distrettuale della medesima città a giugno 2015.
La sentenza in streaming
La sentenza viene pronunciata in streaming dalla Corte Suprema dell’Olanda, ed è di per sé una modalità eccezionale. La mancata assunzione di responsabilità del governo olandese nel far fronte alla crisi climatica, secondo la più alta corte olandese dell’Aja, è una violazione degli articoli 2 e 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani: gli articoli che tutelano il diritto alla vita e al benessere delle persone, diritti universali, inviolabili.
Sempre in streaming si sentono le urla di gioia degli attivisti della fondazione ambientalista Urgenda che nel 2013 insieme con 886 cittadini, ha fatto causa allo stato olandese accusandolo di non aver fatto abbastanza contro l’emergenza climatica.
La sentenza sul clima in Olanda è un modello di cittadinanza attiva
La disputa legale tra lo Stato olandese e quasi 900 cittadini rappresentati dall’associazione ambientalista Urgenda Foundation era culminata nel verdetto di tre anni fa, quando i giudici avevano accolto la tesi di chi accusava il governo di non impegnarsi abbastanza contro le emissioni di gas-serra, esponendo così tutto il paese a un rischio climatico sempre più elevato.
Per la prima volta dei cittadini avevano portato il loro governo in tribunale per un climate-case, un procedimento incentrato sulle responsabilità politiche di un intero Stato nel campo della lotta al surriscaldamento globale.
In sintesi, secondo l’Urgenda Foundation, le misure pianificate fino a quel momento da Amsterdam per contrastare l’inquinamento atmosferico erano troppo blande (riportati anche da QualEnergia.it). L’Olanda, infatti, nel 2017 stava tagliando le emissioni di anidride carbonica del 13 per cento rispetto al 1990 e sarebbe in linea con un obiettivo del -17 per cento circa al 2020.
Considerando i gravi pericoli ambientali che incombono, evidenzia una nota della Corte d’Appello, “bisogna adottare misure più ambiziose nel breve termine per ridurre le emissioni di gas-serra e proteggere la vita dei cittadini olandesi”.
Il governo, si legge in una nota ufficiale che commenta la sentenza dell’Aia, rimane impegnato a eseguire il verdetto dei giudici – l’obiettivo del -25 per cento è “fattibile” evidenzia il comunicato – ma si riserva la possibilità di ricorrere ancora in appello, presso la Corte Suprema olandese.
Inoltre, secondo l’esecutivo, il caso portato avanti da Urgenda riguarda la questione fondamentale “se sia legittimo per un tribunale indipendente giudicare la politica di un governo e, nel farlo, ambiare questa politica”.
I commenti alla sentenza sul clima
“Questa è la più importante sentenza che sia stata mai pronunciata in merito ai cambiamenti climatici: conferma quanto i diritti umani siano messi a rischio. Questa è una vittoria per miliardi di persone più vulnerabili agli impatti devastanti della crisi climatica e un colpo di grazia all’industria dei combustibili fossili”, ha detto il Relatore speciale sui diritti umani e l’ambiente alle Nazioni Unite, David R. Boyd.
“Il ragionamento della Corte suprema è convincente», ha commentato l’avvocato di Urgenda, Koos van den Berg, subito dopo il verdetto. “È una decisione che ha una sua logica: sostiene che gli Stati devono fare la loro parte nel contrastare il riscaldamento globale se non vogliono violare i diritti umani. È un’affermazione universale. Altri tribunali la ascolteranno”.
Anche Jasper Teulings, capo degli affari legali di Greenpeace International, ne è convinto: “È una sentenza che trascende i confini nazionali e può essere una fonte di ispirazione per il movimento globale per il clima affinché i governi prendano le misure necessarie. Ci dà speranza e ne abbiamo tutti bisogno. Ora dobbiamo davvero metterci al lavoro”.
Una decisione che va oltre i confini nazionali
Chiamando in causa gli articoli 2 e 8 della Convenzione europea sui diritti umani, la sentenza della Corte suprema stabilisce un precedente internazionale e può essere utilizzata anche da avvocati di altri paesi quando citano in giudizio il loro Stato.
Il caso olandese ha già ispirato cause simili contro i governi nazionali in Europa e anche contro l’Unione europea, parte di una tendenza sempre maggiore che vede i cittadini intraprendere azioni legali su questioni climatiche.
“Nel mondo ci sono state 1.442 azioni legali relative ai cambiamenti climatici. Questa è la decisione più rilevante di sempre”, ha commentato al New York Times, Michel Gerrard, direttore del Sabin Center for Climate Change Law presso la Columbia University.
In Pakistan, un giudice ha ordinato ad alcuni funzionari governativi di elaborare un piano comune per raggiungere gli obiettivi climatici. In Irlanda, invece, ha visto lo Stato perché la Corte non ha ravvisato alcuna inadeguatezza delle politiche climatiche messe in atto dal governo. In Nuova Zelanda, il tribunale ha dato ragione ai cittadini che avevano presentato istanza ma non ha tratto conclusioni dalla sua sentenza perché nel frattempo il governo neoeletto aveva appena annunciato nuovi obiettivi e nuove politiche climatiche.
Anche l’Italia si mobilita
A marzo toccherà anche all’Italia. Sarà presentata “Giudizio Universale”, la prima causa contro lo Stato, portata avanti da un network di associazioni e movimenti (tra le quali non ci sono, però, Legambiente, WWF Italia e Italian Climate Network).
“L’obiettivo della causa è far riconoscere il legame che c’è tra i diritti umani e la violazione dei diritti umani e gli impatti dei cambiamenti climatici”, ha detto Cecilia Erba, portavoce della campagna durante un’intervista svolta alla COP25 di Madrid. “Chiediamo che lo Stato italiano venga obbligato adottare delle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici in linea con gli obiettivi proposti dallo Stato stesso e in linea i report scientifici dell’IPCC”.
Raggiungere un verdetto positivo in Italia non sarà semplice, data la difficoltà di individuare il soggetto da richiamare alle proprie responsabilità. Ma al di là dei risultati favorevoli o contrari, queste sentenze sono significative perché stabiliscono un precedente a livello internazionale.