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Home » Ambiente

Sognando la California: a scuola di sopravvivenza dal riscaldamento globale

Immagine di copertina
Credit: AP Photo

Gestione idrica ragionevole. Tutela ambientale. Comunità coinvolte. E un approccio olistico al controllo delle risorse. Ecco come il più popoloso Stato Usa affronta i cambiamenti climatici. Offrendo una ricetta per un futuro sostenibile

Resilienza, conservazione ambientale, gestione sostenibile delle risorse idriche e coinvolgimento delle comunità: sono solo alcune delle “ricette” messe in campo dalla California per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Lo Stato più popoloso degli Stati Uniti d’America, infatti, da tempo sta combattendo con fenomeni meteorologici a dir poco estremi. Eppure proprio la lotta alle devastanti alluvioni e alle persistenti siccità che attanagliano lo Stato hanno dato vita a nuove strategie innovative che potrebbero servire da modello per l’Occidente.

Partiamo con il dire che tutto parte da una presa di coscienza se vogliamo elementare ma spaventosa al tempo stesso: gli esperti, infatti, considerano irreversibili alcuni degli effetti dei cambiamenti climatici, motivo per cui piuttosto che arrestare completamente il processo innescato dal riscaldamento globale, la California ha adottato un approccio proattivo per convivere con essi cercando di trovare soluzioni per mitigarne gli impatti e costruire una società più resiliente e sostenibile.

Coscienza del problema
Una ricerca del 2022 citata dal New York Times evidenzia la crescente minaccia delle tempeste e delle inondazioni più intense, fenomeni noti come ARkStorms, i quali possono portare a piogge torrenziali e inondazioni catastrofiche che mettono a dura prova le infrastrutture della California. Tuttavia, nel momento in cui è stato scritto il report, lo Stato Usa era afflitto da una grave siccità, con oltre il 99 per cento del suo territorio ufficialmente in secca.

Lo Stato nel Sud della West Coast, vista anche la sua densità, da sempre convive con eventi climatici di grande portata, in equilibrio tra abbondanza (di acqua) e siccità. Tuttavia troppo a lungo si è sottovalutato il problema. Già lo scrittore John Steinbeck descriveva Salinas, sua città natale e cuore agricolo della California, come un paese dove a volte «la terra gridava di erba» e altre volte si screpolava con le mucche che morivano di fame.

Proprio la tendenza a dimenticare gli estremi e a concentrarsi di volta in volta sulle emergenze ha avuto conseguenze significative nella gestione delle risorse idriche e nella pianificazione a lungo termine per affrontare le oscillazioni climatiche della California. Ne è un esempio il sistema idrico costruito con l’obiettivo di fornire una sicurezza idrica costante e affidabile per sostenere l’agricoltura, le industrie e le comunità in tutto il Paese.

L’ambizioso progetto, la cui storia è ben esposta nel libro di Marc Reisner “Cadillac Desert”, ha permesso sì di fornire acqua a molte regioni della California, contribuendo allo sviluppo dell’industria agricola e alla crescita delle grandi città come Los Angeles, ma al tempo stesso si è rivelata iniqua, con i poveri dello Stato che subivano maggiormente sia le inondazioni che le siccità, portando anche impatti significativi sull’ambiente, tra cui l’esaurimento di alcuni corpi idrici e il declino della biodiversità.

Secondo gli esperti del settore, per proteggere le popolazioni più vulnerabili alle inondazioni lo Stato dovrebbe spendere miliardi di dollari per innalzare tutti gli argini. Ecco perché nella Pajaro Valley, che deve già fare i conti con un limitato bilancio idrico, si è deciso di riciclare le acque reflue mettendo in campo misure di conservazione e sforzi proattivi per ricaricare le falde acquifere. I prelievi delle acque sotterranee vengono monitorati e questo di conseguenza permette una gestione più equilibrata dell’acqua. In futuro, dunque, il posto migliore per lo stoccaggio idrico sarà nel sottosuolo della California anche se non tutti i terreni sono adatti: servono aree con depositi di ghiaia, terreno sabbioso anziché di argilla.

Esempi virtuosi
Un ruolo cruciale nella rinascita del servizio idrico in quelle zone dove l’acqua è praticamente scomparsa lo sta avendo l’organizzazione no-profit River Partners, il cui scopo è proprio quello di riportare in vita i fiumi della California. Questo è quanto potrebbe avvenire presto a Modesto, nella Central Valley, dove i fiumi San Joaquin e Tuolumne, praticamente prosciugati, stanno lentamente ritornando in vita in quello che dovrebbe diventare il parco statale più moderno della California.

Un’altra storia interessante è quella della piccola comunità di Grayson, non molto distante da Modesto, sempre nel cuore della Central Valley, che oggi dipende completamente dalle falde acquifere dopo la scoperta, da parte dei residenti, di una diversa pianura alluvionale. L’acqua, tuttavia, è contaminata dai deflussi agricoli e richiede un trattamento preventivo per rispettare gli standard di sicurezza per il consumo. L’elemento più interessante, però, deriva dal come si è arrivati a questo sistema eco-sostenibile. Dopo essere stata colpita da diverse alluvioni, parte della Central Valley è stata oggetto di studio.

In buona sostanza gli esperti hanno colto l’opportunità per ripensare a come confluirà l’acqua non solo nella valle ma anche nella California del futuro. Invece di contenere il fiume in argini stretti, il piano degli esperti prevede di permettere all’acqua di “serpeggiare” e diffondersi, così, proprio come avveniva un tempo.

Non solo, l’idea è anche quella di progettare apposite aree in caso di elevati livelli delle acque, zone che potrebbero essere lasciate di fatto allagate con un doppio scopo: fornire un habitat per la fauna selvatica e permettere all’acqua di rientrare nel terreno per poi, come detto, essere in seguito riutilizzata.
Un professore presso l’Università della California a Santa Cruz, Andrew Fisher, sta lavorando a molti dei progetti della zona e sta anche collaborando con alcuni proprietari terrieri per le sperimentazioni di innovativi bacini idrici per la raccolta e l’infiltrazione dell’acqua attraverso scarti di legno e gusci di mandorle, sempre nel rispetto, dunque, della natura e del principio di “zero sprechi”. La quantità di carbonio presente nei gusci delle mandorle, infatti, aiuta i microbi a rimuovere gli agenti inquinanti dalle acque.

Laboratorio globale
La Central Valley è sicuramente il luogo dove si sta sperimentando di più in fatto di gestione sostenibile delle risorse idriche. Helen Dahlke, una idrologa all’Università della California a Davis, sta mettendo a punto con gli agricoltori locali un sistema che permetta di deviare le acque in piena verso i loro campi.

Il progetto della ricercatrice è stato visto con sospetto dagli agricoltori, il cui obiettivo, neanche dieci anni fa, era proprio quello di sbarazzarsi in qualche modo dell’acqua per così dire in eccesso, tentando di confinarla in canali stretti per spostarla dai luoghi abitati il più velocemente possibile. Helen Dahlke, però, è riuscita a superare la diffidenza di chi temeva danni alle colture a causa dell’acqua alta. Trattenere l’acqua in piena sui terreni, infatti, significherebbe ricaricare le falde sottostanti. Lo sfruttamento delle alluvioni e acque reflue per rifornire le falde acquifere è un progetto che, come visto, sta prendendo piede in diverse cittadine della Central Valley e non solo. Tuttavia, si tratta ancora di una goccia nell’oceano rispetto a quelle che sono le reali esigenze della California. Lo sfruttamento delle falde che raccolgono l’acqua piovana, infatti, richiede ingenti investimenti volti non solo a una pesante revisione dei bacini idrici dello Stato ma anche a un ripensamento delle infrastrutture esistenti e future. Questo perché gli esperti in materia raccomandano, tra le altre cose, di mettere fuori produzione ampie superfici di terreno agricolo, perché il salvataggio delle falde piovane richiederebbe sia una riduzione delle pompe sia spazio per un aumento della ricarica, oltre, ovviamente al divieto di costruire in zone considerate ad alto rischio.

Impegno unanime
Tutto questo può avvenire se siccità e alluvioni, emergenze da sempre affrontate separatamente, vengono gestite in modo olistico e bilanciato. Il concetto di base in fondo è molto semplice: bisognerebbe mantenere uno spazio vuoto nei bacini per il controllo delle alluvioni per poi riutilizzare lo stesso per catturare il maggior quantitativo di umidità possibile al fine di ricaricare le falde acquifere.

Un ruolo fondamentale lo gioca ovviamente la politica e la volontà di investire ingenti somme di denaro e fondi pubblici nei progetti precedentemente elencati. Basta pensare che, secondo le stime degli esperti, la California dovrebbe ritirare centinaia di migliaia di ettari di terreni agricoli, come minimo, per aprire la strada a un sistema idrico più resiliente.

In tal senso è emblematico il racconto che la giornalista statunitense Brooke Jarvis fa di quanto avvenuto nella cittadina di Planada. Nel 2022, infatti, lo Stato aveva stanziato 40 milioni di dollari per il ripristino delle pianure alluvionali naturali tagliando successivamente i fondi nel momento in cui l’economia ha iniziato a vacillare con le stime delle entrate che si sono ridotte drasticamente.

Il giorno in cui è stato annunciato il taglio, Planada è stata evacuata a causa di un’alluvione. Successivamente il governatore non solo ha ripristinato i fondi stanziati precedentemente ma ha anche aggiunto 250 milioni di dollari per la gestione dell’emergenza, incluso il controllo delle inondazioni e l’innalzamento del livello delle dighe.

Ecco perché, l’impegno unanime della politica, ma anche della popolazione, è fondamentale in tal senso. La California sta dimostrando al mondo che è possibile adattarsi alla normalità dei cambiamenti climatici e dei fenomeni meteorologici estremi. Le misure innovative e sostenibili adottate dallo Stato stanno aprendo la strada per un futuro più resiliente e sostenibile.

Affrontare i cambiamenti climatici richiederà sforzi collettivi e coordinati a livello globale, ma con la volontà politica e l’impegno delle comunità, è possibile quantomeno rallentare il cambiamento climatico, proteggere le comunità e l’ambiente in un futuro sempre più incerto ma che si spera migliore per le generazioni future.

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