Tutte le bufale su Carola Rackete e la Sea Watch smontate una per una
Carola Rackete bufale – In questi ultimi sette giorni, da quando la Sea-Watch ha forzato il blocco navale italiano, una quantità di bufale, fake news e vere e proprie diffamazioni sono rimbalzate da Facebook a Twitter, a Instagram, passando per chat e canali privati, in quella che si può considerare a tutti gli effetti la più grande sospensione della verità da quando esistono i social network.
Dopo l’11 settembre, lo sbarco sulla Luna e le scie chimiche, la grande epopea complottista si è ufficialmente arricchita di un nuovo capitolo: la capitana Carola Rackete, attorno a cui si è concentrata una tale quantità di menzogne e disinformazione da rendere il convegno dei terrapiattisti un raduno di stimati geofisici.
Alcune incredibili, altre deliranti, altre ancora verosimili, e per questo ancora più pericolose in quel macrocosmo del web in cui l’unica legge accettata e accertata è la sospensione dell’incredulità. Ma tutto questo ha un prezzo. Altissimo.
Non solo per chi quelle bufale le subisce in prima persona, ma per la società in cui tutti noi viviamo e per la tenuta stessa della democrazia nel nostro paese. E allora vale la pena metterle tutte insieme, in fila, smontandole una dopo l’altra, una volta per tutte, perché il giorno in cui smetteremo di farlo, quello è il giorno in cui gli avvelenatori dei pozzi virtuali avranno definitivamente vinto.
Falso. La scritta “gita Sea-Wacht con pranzo a bordo” che si nota in primo piano su un lato del gommone è un fake anche molto grossolano e rudimentale, oltre ad essere palesemente sgrammaticata.
Ma, soprattutto, la tavola imbandita di pesce, fritti misti e ogni ben di Dio è stata aggiunta successivamente con un foto-ritocco, anche in questo caso con alcuni macroscopici errori grafici.
Va aggiunto poi che a bordo del gommone non c’erano solo parlamentari del Partito Democratico, ma anche i deputati Riccardo Magi (+Europa) e Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). E non si trattava di una gita di piacere, ma di una missione umanitaria.
Falso. Ekkehart Rackete, questo il nome del papà di Carola, non vende e non traffica affatto armi e non ha mai avuto nulla a che fare né direttamente, né indirettamente, con l’Africa. È un consulente della Mehler Engineered Defence GmbH, azienda tedesca che si occupa di sistemi difensivi militari e civili d’avanguardia, lontanissimi, peraltro, dagli standard qualitativi delle milizie armate africane.
Falso. Ha ottenuto d’ufficio la qualifica di ufficiale di picchetto nel 2011 attraverso la laurea in Scienze Nautiche. La qualifica di capitano viene attribuita successivamente in base all’esperienza di lavoro (senza ulteriori esami), che Carola ha svolto in almeno tre missioni di livello internazionale.
Per verificarlo, è sufficiente una breve ricerca di cinque minuti sul sito dell’università di Jade in cui la capitana si è laureata nel 2011, in cui questo meccanismo è spiegato in modo chiaro e accurato, come riporta il sito Bufale.net (qui il link). P.s. Avvertenza ai complottisti: No, la patente nautica di chicchessia non si trova su Google.
No. Anche se la cosa può suonare incomprensibile per l’hater medio, semplicemente non ha profili social (a parte Linkedin) e non passa 23 ore al giorno su Facebook a sfogare la propria rabbia. Salva vite in mare.
Totalmente falso, non c’è alcun tipo di riscontro in merito. E a questo genere di fake si risponde solo in un modo: una maxi-querela.
Falso. Anche qui non vi è la benché minima prova o documento che lo attesti. Non è chiaro, peraltro, anche se fosse, quale sarebbe il problema. È interessante notare come, nella mente di chi semina questo tipo di false informazioni, lavorare per una multinanzionale del farmaco sia considerato a tutti gli effetti un crimine o qualcosa di cui vergognarsi.
Qui entriamo di diritto nel campo del delirio. Il copione è sempre lo stesso: nessuno straccio di prova documentale, neanche inventata o costruita ad arte. Nulla di nulla.
False anche quelle. Non ha mai negato – come si leggeva invece in una dichiarazione a lui attribuita che ha fatto il giro del web – lo scontro avvenuto tra la Sea-Watch e la Guardia di finanza al porto di Lampedusa, né ha mai sostenuto che i sostenitori della Lega presenti abbiano denunciato il falso in merito.
Padre Zanotelli, che in questi giorni ha seguito la vicenda direttamente dall’isola, ha detto, invece, effettivamente che Carola Rackete meritava il Premio Nobel per la Pace per la sua azione.
Falso. Tutti i video, le ricostruzioni della manovra da parte dei testimoni oculari (tra cui lo stesso deputato Riccardo Magi) e l’opinione di diversi esperti marittimi escludono lo speronamento e negano alcun tipo di azione volontaria violenta da parte della capitana della Sea-Watch, che, anzi, semmai ha avuto difficoltà nell’attracco proprio a causa del tentativo dei finanzieri di frapporsi fino all’ultimo tra la nave e il molo, mettendo a rischio la propria stessa incolumità e complicando alla capitana una manovra già di per sé difficilissima di giorno e in condizioni normali, al timone di una nave da 600 tonnellate che può procedere per inerzia anche per chilometri.
E in tutti quei momenti concitati nessuno degli uomini in divisa è mai stato, neanche per un istante, in pericolo di vita.
Doppia bufala. A quanto risulta dai dati in nostro possesso che fanno riferimento al periodo tra gennaio e settembre 2018, quei 5mila euro sono in realtà 6.979,46 euro, ma sono destinati alla spesa mensile complessiva per mantenere l’intera attività della Ong in Italia, di cui meno di un terzo circa andrebbero a Giorgia Linardi, la portavoce.
Anche se la cifra esatta dello stipendio di Linardi non è stato reso noto.
Falsa. La capitana, agli arresti domiciliari dall’alba di sabato, non ha mai concesso alcuna intervista, come spiegato da fonti della stessa Ong. Si tratta – hanno spiegato – di “libere interpretazioni dei fatti”. E, se si sente libero di farlo il “Corriere”, possiamo solo immaginare quello che è in grado di produrre un esercito di complottisti e odiatori seriali sguinzagliati sul web.