TPI a bordo di Open Arms: la Tunisia respinge i migranti con il benestare di Italia e Malta
Open Arms | Reporter di TPI a bordo | Giorno 5
Open Arms – Non abbiamo le prove definitive perché Malta ci ha chiesto di allontanarci, ma quello che è successo davanti a noi è un respingimento da parte delle autorità tunisine, con la supervisione proprio della autorità de La Valletta. In realtà la giornata ha visto due diversi “target”, come si chiamano in gergo i casi di ricerca e soccorso, che hanno avuto esiti completamente diversi.
Open Arms | Donne a bordo
Del primo ne ho parlato già ieri nel pezzo scritto velocemente per dare la notizia, un piccolo peschereccio con circa 30/40 persone a bordo si è diretto verso di noi, chiedendo aiuto. A bordo c’erano diverse donne, di cui una incinta in procinto di partorire e 4 bambini piccoli, di cui uno neonato che la mamma stava allattando quando siamo entrati in contatto con loro. Erano molto nervosi, urlavano per segnalare la donna incinta e i bambini e per dirci che erano 3 giorni che si trovavano in mare, erano partiti dalla Libia e avevano terminato le scorte.
Open Arms | I rischi per i bambini
Questo è quello che giornalisticamente c’è da dire, poi c’è il lato umano che mi consente di raccontare questo diario di bordo. I bambini erano sotto il sole, senza riparo, senza possibilità di muoversi. Li avevano messi a prua perché è il punto della barca dove non imbarca acqua.
Tanti bambini sono morti in pochi centimetri di acqua in questi anni, ne bastano anche 10 e un genitore stremato da giorni di navigazione che si addormenta. Quando non c’è spazio per muoversi, i bambini piccoli sono quelli che ne pagano le conseguenze.
Succede soprattutto sulle barche di legno per quelli che stanno all’interno, “in seconda classe” sul barcone della speranza, quella di non morire annegati dopo anni di viaggio per l’Africa, mossi dalla disperazione. I bambini sono quelli che ti fanno stringere il cuore e lo stomaco, che ti fanno male solo a guardarli.
Cristina, l’infermiera di bordo, ha avvistato la donna che allattava, l’ha vista con il binocolo e ci ha avvertiti. Sono a sceso a poppa e mentre si avvicinavano l’ho vista anche io, da vicino. Allattava e ci guardava impaurita, spaesata.
Open Arms | I titoli fuorvianti
Penso al titolo di Libero sul papà e la figlia morti in America mentre attraversavano un fiume, penso ai tanti bambini morti in questo pezzo di mare e poi penso a chi chiede di chiudere le frontiere e al tempo stesso si dichiara pro-life perché è contro l’aborto.
Open Arms, Sea Watch, Mediterranea, Medici Senza Frontiere, Emergency e tutte le altre organizzazioni umanitarie dovrebbero essere chiamate pro-life, perché curano la vita delle persone, a volte la salvano, di sicuro la rendono migliore.
Eravamo vicino alla zona SAR italiana, quindi dopo aver passato acqua e cibo, aver fatto un controllo medico dal nostro ponte di poppa parlando soprattutto con la donna incinta, siamo rimasti a distanza di sicurezza pronti ad intervenire nel caso in cui ci fosse stata un’emergenza e poco dopo la Guardia Costiera italiana è intervenuta.
Open Arms | La manovra della Sea Watch
C’è stato un momento di tensione con la Guardia di Finanza che ha puntato la prua della sua motovedetta contro la Open Arms (che andava pianissimo) per poi urlare proprio contro il comandate: “Che fai, mi punti la prua addosso?”. Un atto di nervosismo creato, credo, dopo la manovra della Sea Watch 3 nel porto di Lampedusa.
> Sea Watch, il giorno dell’interrogatorio della capitana Carola Rackete
Come a cercare un pretesto per dare contro le ong, l’ennesimo. L’altro target invece è proprio il respingimento messo in atto dalla marina tunisina con il benestare delle autorità maltesi. La mattina, mentre siamo alla prese con il primo target, ascoltiamo una comunicazione via radio tra le autorità di Lampedusa e un peschereccio tunisino.
La comunicazione recita più o meno così: Peschereccio (in francese stentato): “Lampedusa, siamo un peschereccio tunisino, abbiamo avvistato una barca alla deriva con 6 persone a bordo”. Lampedusa risponde (in italiano e inglese stentato): “Dove avete avvistato la barca di Clandestini?” come se non fossero persone ma altro, come se esistesse la categoria “Clandestini”.
A quel punto peschereccio da le coordinate e Lampedusa risponde che devono chiamare Malta perché la zona SAR, seppur vicina a all’isola italiana, è di competenza maltese. Appuntiamo le coordinate e andiamo sul posto, avvertendo le autorità maltesi della nostra presenza e della possibilità di intervenire con personale medico qualificato. Possibilità che ci viene negata, di nuovo.
Open Arms | Malta
Il centro di coordinamento marittimo di Malta invita a “controllare la situazione” ma a non intervenire. Le sei persone a bordo di un barchino di massimo 4 metri, sotto il sole e con la pelle bruciata. Sono uomini, dicono di arrivare dall’Algeria e che da giorni sono in mare. Ci chiedono acqua e cibo, ci chiedono di portarli a bordo con noi. Spieghiamo che non possiamo farlo, che le autorità di competenza non ci danno l'autorizzazione.
Questo accade alle 15:00 circa. Alle 18:00 arriva un pattugliatore della marina tunisina che ci comunica che saranno loro a prenderli, per portarli in Tunisia, cosa assolutamente illegale visto che siamo in SAR maltese e che la Tunisia, secondo i regolamenti internazionali, non è un porto sicuro.
Con i nostri rihb (gommoni veloci) restiamo in mare, a distanza di sicurezza ma in modo da controllare cosa stia succedendo. È la prima volta che i tunisini entrano in azione in questo modo, al di fuori delle loro acque di competenza.
La motovedetta si avvicina al barchino, le persone si buttano in acqua e urlano che non vogliono andare in Tunisia. I militari si allontanano subito, i soccorritori di Open Arms intervengono dando subito il giacchetto di salvataggio e si assicurandosi che stiano bene. La comunicazione che ci arriva è chiara: prenderlo a bordo e portarlo di nuovo sul barchino, in attesa di comunicazioni chiare da La Valletta.
Open Arms | I militari di Tunisi
Questa cosa accade più volte, ad ogni approccio dei militari di Tunisi i naufraghi si gettano in mare e urlano che non vogliono andare in Tunisia. Alle 20:00 arriva una comunicazione assurda: “La motovedetta tunisina li prenderà a bordo e li consegnerà a Malta”.
Assurda per le modalità. Se non fosse stato un respingimento perché farli prendere dai militari nord africani? Siamo arrivati qui 5 ore fa, abbiamo 4 soccorritori e personale medico. Con i gommoni saremmo potuti andare incontro alle navi maltesi in poco tempo.
Qualcosa non torna e tutto è abbastanza chiaro quando anche un aereo della Guardia Costiera italiana inizia a volare costantemente sopra di noi. Italia, Malta e Tunisia impegnate con mezzi e risorse nel respingimento di 6 persone alla deriva, pur di non farli arrivare in Europa.
Obbediamo agli ordini nonostante la rabbia ma restiamo in zona per assicurarci che tutto venga fatto in modo “regolare”. Le ong in mare non fanno solo soccorso ma sono qui per denunciare quando non si rispettano le leggi internazionali, come sembra essere in questo caso. Alle 2 di notte le sei persone sono ancora in mare, nessuno li ha soccorsi.
Le autorità maltesi ci comunicano che dobbiamo allontanarci dalla zona, probabilmente perché nessuno deve sapere che è in atto un respingimento. Dopo la “Guardia Costiera” libica, organizzata con le milizie locali e i mezzi italiani, l’esternalizzazione della frontiera passa per la Tunisia nelle zone si ricerca e soccorso europee.
Nelle scorse settimane in molti hanno usato come scusa che “i pensionati italiani vanno li a passare la vecchiaia” senza sapere che, secondo la agenzie internazionali, la Tunisia non garantisce la tutela dei diritti dei rifugiati. Oggi il mare continua ad essere calmo e noi continuiamo a pattugliare.
Open Arms | Diario di bordo del reporter di TPI | Giorno 4
Open Arms | Diario di bordo del reporter di TPI | Giorno 3