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Home » Esteri

Risarcimento agli schiavi neri: ecco il dibattito infuocato che divide gli Stati Uniti

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Risarcimento schiavi neri Stati Uniti | Dibattito | Schiavitù | Ta-Nehisi Coates | Cosa è successo

Risarcimento schiavi neri Stati Uniti – È passato oltre un secolo e mezzo dall’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti, ma il tema continua ad accendere gli animi e infuocare i dibattiti. In particolare è l’ipotesi di accordare un risarcimento agli eredi degli schiavi afroamericani la scintilla che questa settimana ha scaldato le discussioni alla sottocommissione Giustizia della Camera dei rappresentanti.

Il dibattito è esploso in un momento in cui gli Stati Uniti  stanno vivendo una forte disparità razziale. Una volta considerato un argomento marginale, per lo più messo da parte nel Congresso, la possibilità dei risarcimenti è stata trattata con serietà dai testimoni e dai legislatori, anche se i repubblicani hanno chiarito la loro opposizione.

Il punto di vista dei Democratici

La rappresentante democratica Sheila Jackson Lee, sponsor della risoluzione per studiare i risarcimenti, ha messo in evidenza la discussione: “Semplicemente chiedo: se non ora, quando?”

A deporre davanti ai deputati c’erano attivisti come l’attore Danny Glover, il senatore democratico e candidato presidenziale Cory Booker e lo scrittore Ta-Nehisi Coates, il cui saggio uscito nel 2014 sulla rivista The Atlantic ha riaperto la discussione.

L’argomento non poteva essere più scottante: davanti alla commissione c’è stato chi osservava che le “riparazioni” avrebbero rovinato il rapporto fra bianchi e neri, e chi invece sottolineava l’esigenza di fare giustizia, anche a distanza di tanti anni.

Il punto di vista dei Repubblicani

Al Congresso i democratici sembrano ottimisti sull’ipotesi di far passare una normativa in questo senso, ma il leader repubblicano Mitch McConnell ha detto molto chiaramente che finché il suo partito ha la maggioranza al Senato, i risarcimenti non avranno via libera. Un testimone repubblicano come lo scrittore afroamericano Coleman Hughes, discendente di schiavi appartenuti a Thomas Jefferson, sostiene che “i risarcimenti sarebbero un insulto a molti neri americani, perché metterebbero un prezzo alla sofferenza dei loro antenati”.

Cosa chiede la comunità afroamericana

La comunità nera, ha detto Hughes, non ha bisogno di risarcimenti, ma di quartieri più sicuri, di scuole migliori, di un sistema giudiziario più equo e di assistenza sanitaria migliore. “E niente di tutto questo si ottiene attraverso i risarcimenti”. Allo stesso modo l’ex giocatore di football Burgess Owens, anch’egli afroamericano, ha respinto l’idea argomentando che “ciò che stranieri fecero ad altri stranieri 200 anni fa non ha nulla a che fare con noi, perché non ha nulla a che fare con il Dna”.

Glover invece ha argomentato che “una politica nazionale di riparazione è un imperativo morale, democratico ed economico”. L’economista Julianne Malveaux ha sostenuto che lo scopo dei risarcimenti è risolvere problemi strutturali per l’inserimento sociale dei giovani neri: “Quando è il codice postale a decidere quale scuola frequenti, e che cosa mangi, queste sono vestigia della schiavitù con cui molte persone non vogliono avere a che fare”.

I precedenti, gli Usa hanno già chiesto risarcimenti in passato: ecco come sono andati

Con una rinnovata attenzione ai risarcimenti per la schiavitù, quali lezioni si possono trarre dai pagamenti alle vittime di altre ingiustizie storiche in America? Gli esempi storici sono molteplici:

Risarcimento ai nativi – Dopo la seconda guerra mondiale, per esempio, il Congresso creò la Indian Claims Commission per pagare un risarcimento a qualsiasi tribù riconosciuta a livello federale nativa della terra che era stata sequestrata dagli Stati Uniti. La missione era complicata da una scarsità di documenti scritti, difficoltà nel assegnare un valore a quella terra per la sua produttività agricola e da  problemi nel determinare i confini di un secolo prima.

I risultati sono stati deludenti per i nativi americani. La commissione ha pagato circa 1,3 miliardi di dollari, l’equivalente di meno di 1.000 dollari per ogni nativo americano negli Stati Uniti al momento della dissoluzione della commissione nel 1978.

Risarcimento ai mutilati – Nel 2013, il North Carolina è diventato il primo stato nel paese a varare una legge destinata a risarcire le vittime sopravvissute tra le 7.600 persone che furono sterilizzate nell’ambito di un programma eugenetico decennale. Le vittime erano in gran parte povere, disabili o afroamericane. I legislatori statali hanno istituito un fondo di 10 milioni di dollari per compensarli.

Sono però sorti conflitti su chi era idoneo. Una commissione statale e tribunali statali hanno negato le richieste di parenti delle vittime che erano morte. Insomma, dove dovevano esserci aiuti, ci sono state ulteriori discriminazioni.

Risarcimento delle violenze razziste – Ad aprile scorso, gli studenti della Georgetown University hanno votato per aumentare le loro tasse scolastiche a beneficio dei discendenti dei 272 africani schiavizzati che i gesuiti che gestivano la scuola hanno venduto quasi due secoli fa per assicurarsi il suo futuro finanziario.

La Georgetown University ha accettato nel 2016 di dare la preferenza di ammissione ai discendenti dei 272 schiavi. La scuola si è inoltre scusata formalmente per il suo ruolo nella schiavitù e ha ribattezzato due edifici nel suo campus per riconoscere la vita delle persone ridotte in schiavitù.

Ma quest’ultimo è un piccolo esempio universitario. A livello nazionale invece la strada per risarcire le vittime di schiavitù è ancora lunga e gli scontri in Congresso, anche in vista delle elezioni Usa 2020, si prevedono molto accesi.

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