Migranti, presentato il nuovo rapporto dell’Osservatorio romano sulle migrazioni: “Contro la politica dell’abbandono”
Al centro della 14esima edizione del dossier i minori stranieri non accompagnati, la salute, le donne
La migrazione come un fenomeno strutturale, e non emergenziale. È questa l’immagine che si ricava dai dati contenuti nel nuovo Rapporto dell’Osservatorio romano sulle migrazioni, realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.
Il rapporto, giunto nel 2019 alla sua 14esima edizione, è stato presentato oggi, giovedì 13 giugno, presso l’Auditorium di via Rieti a Roma, alla presenza di Luca Di Sciullo, presidente Centro studi e ricerche Idos, Paolo De Nardis, presidente dell’Istituto di studi politici S. Pio V, Enrico Diacetti, segretario generale di Anci Lazio, Pilar Saravia, Caf Uil Roma, Claudio Priori, funzionario della Regione Lazio intervenuto al posto dell’Assessore al Lavoro Claudio Di Berardino.
A presentare il contenuto del rapporto è stata la curatrice Ginevra Demaio, del Centro studi e ricerche Idos.
Al centro del 14esimo Rapporto dell’Osservatorio romano sulle migrazioni alcuni temi di grande rilevanza: i minori stranieri non accompagnati, la salute, le donne, come sottolineato dal presidente De Nardis.
Rapporto dell’Osservatorio romano sulle migrazioni | I dati
Con oltre 679mila residenti stranieri, il Lazio è la seconda regione in Italia per numero di immigrati, dopo la Lombardia. Sono 11 gli stranieri ogni 100 residenti, come evidenziato nel rapporto.
Nell’ultimo anno, le presenze di stranieri sono cresciute del 2,5 per cento, per lo più per dinamiche demografiche interne, ad esempio i nuovi nati da coppie straniere.
La collettività straniera più numerosa nel Lazio è quella romena, con quasi 233mila residenti, pari al 34,3 per cento del totale. Seguono quella filippina (6,8 per cento), bangladese (5,4 per cento), indiana (4,3 per cento) e cinese (3,7 per cento).
Roma è l’Area metropolitana con più immigrati in Italia: al primo gennaio 2018 gli stranieri residenti nella città metropolitana sono circa 556mila, aumentati del 2,2 per cento in un anno.
L’incidenza degli stranieri sulla popolazione è del 12,8 per cento.
Per quanto riguarda i nuovi nati da genitori stranieri, nel 2017 sono stati 5.653, il 17 per cento del totale, con alcune eccezioni particolari: a Fonte Nuova, ad esempio, tra i nuovi nati è straniero un bambino su tre.
Rapporto Osservatorio romano migrazioni 2019 | | Da sottolineare sono anche i flussi in uscita dal Lazio, in linea con le altre Regioni italiane.
Nel 2017 sono 8.708 i nuovi iscritti all’Aire per espatrio dal Lazio (quarta regione di origine dopo Sicilia, Campania e Lombardia). Un quinto delle iscrizioni (il 19,7 per cento) è stato effettuato negli ultimi 5 anni.
Nel Lazio nel 2018 erano presenti 761 minori stranieri non accompagnati (msna), in calo rispetto ai mille dell’anno precedente. Sono al 92,4 per cento maschi. Prevalgono gli egiziani (39,2 per cento), seguono albanesi, eritrei, tunisini, bangladesi e nigeriani.
Tra le teorie che il rapporto contribuisce a smentire c’è quella della “sostituzione etnica” in corso in Italia: gli italiani sono cresciuti solo nelle zone di pianura (+1,2 per cento), diminuendo nelle zone collinari e in montagna. L’impatto della popolazione straniera nei contesti locali è evidente, soprattutto per i comuni montani, che “solo grazie a un’immigrazione stanziale non si sono spopolati ulteriormente”.
Nell’Area metropolitana di Roma sono oltre 284mila gli occupati stranieri, il 15,5 per cento della forza lavoro.
Gli stranieri restano fondamentali per molti settori e per il sistema previdenziale. I dati Inps sui non comunitari occupati nel Lazio evidenziano che il 90,3 per cento è lavoratore, il 5 per cento è pensionato e il 4,7 per cento percettore di disoccupazione.
Con oltre 77mila imprese (13 per cento del totale nazionale), il Lazio è inoltre dopo la Lombardia il più importante polo imprenditoriale per gli stranieri.
Le conclusioni
Rapporto Osservatorio romano migrazioni 2019 | “A chi ha a cuore il sociale, le ragioni dell’integrazione dei migranti nella nostra città, certamente ha fatto un certo effetto assistere a cose come gli sgomberi forzati, a volte anche violenti, con un accanimento persecutorio anche dopo lo sgombero, non solo di alcuni edifici occupati da richiedenti asilo, ma anche lo sgombero di tanti insediamenti spontanei, come il Baobab”, ha ricordato il presidente Centro studi e ricerche Idos, Luca Di Sciullo, ripercorrendo gli eventi dell’ultimo anno a Roma.
“È stata plasticamente messa in atto una politica che vuole per strada questi migranti. Li vuole per strada per legge, direi”, ha aggiunto Sciullo.
“Sembra di assistere al trionfo della politica dell’abbandono”, ha detto Ginevra Demaio, curatrice del rapporto, che ha quindi uno sguardo complessivo sul fenomeno.
Demaio si è detta meno entusiasta dello scorso anno, quando aveva sottolineato la positività di una sorta di “rete” per l’accoglienza e l’integrazione degli stranieri. “Non che questa rete sia venuta meno”, spiega, “ma noi che lavoriamo su questo tema siamo sempre più in affanno. Siamo sempre più soli e isolati, con una cattiveria gratuita che si estende e coinvolge tutti, anche chi lavora nel settore del sociale”.
“Ci troviamo costretti a spendere le nostre energie migliori per disarticolare questo discorso, che per la gran parte costruito, risulta menzognero quando si vanno a guardare i dati, si parla con le realtà che operano sul territorio o con gli immigrati stessi. Però risulta vincente. Noi abbiamo assistito a questo rovesciamento”.
“Non c’è una politica che si occupi delle problematiche, e gli sgomberi ne sono un esempio”, prosegue la curatrice. “Si ha la sensazione che nei confronti dell’immigrazione, ma in generale dei bisogni sociali espressi dalle fasce più deboli, la politica abbia scelto la strada dell’abbandono, del non intervento, del far vivere o lasciar morire”.
“I politici più espliciti si adoperano per alimentare una cultura dell’odio e del razzismo”, aggiunge Demaio, “Non solo inteso come accanimento verso delle supposte razze differenti. È un dispositivo che agisce in maniera più ampia, a partire dalla creazione quasi di una relazione biologica tra me e l’altro, per cui la mia vita viene messa in contrapposizione con quella dell’altro”.
“In qualche modo”, dice la ricercatrice, “perché sia garantita la mia esistenza c’è qualcuno la cui esistenza può essere sacrificata. Questo produce una sorta di messa a morte di alcune categorie sociali, non solo lo straniero, ma anche i poveri. Con la messa al bando, l’espulsione, la morte politica – non riconoscendo una serie di diritti partecipativi – o quella sociale, perché togliere il diritto all’iscrizione anagrafica cos’è se non rendere morti, socialmente invisibili?”.
“Bersaglio di questo odio e di questo rancore stiamo diventando anche noi, come terzo settore, e le ong”, prosegue Demaio, “Sono oggetto di accanimento e comportamenti aggressivi”.
“A questo dobbiamo reagire con forza e convinzione, sia insieme sia singolarmente, scegliendo di stare dalla parte della dignità delle persone, senza stare a distinguere tra chi sia arrivato prima e chi sia arrivato dopo, chi sia più italiano e chi meno”.