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“Adozione del nascituro”: perché quella della Lega non è una proposta anti-aborto

Immagine di copertina

Una legge simile esiste già negli Stati Uniti e ha portato benefici a molte famiglie. Per renderla veramente efficace anche in Italia servono però delle modifiche al testo attuale

Non si fermano le polemiche sulla proposta di “adottabilità del concepito”, sottoscritta da circa cinquanta parlamentari della Lega con primo firmatario Alberto Stefani.

La proposta è relativamente semplice: la madre che si trovi in condizioni di non voler tenere il bambino, potrà procedere alle pratiche di adozione ancora prima della nascita, con il supporto dei tribunali, che potranno individuare le coppie adottive.

Ad oggi il sistema funziona diversamente: le procedure di adozione sono previste in fase successiva alla nascita, in quanto il feto non risulta “adottabile”. Questa proposta, negli intenti, sembra orientata a ridurre il numero di interruzioni di gravidanza, prospettando alle future madri, la possibilità di accelerare e rendere più semplice il processo di adozione.

Le associazioni femministe hanno però sollevato diverse obiezioni: si tratterebbe, secondo alcuni, di una minaccia alla legge sull’aborto, e di una riduzione della libertà della donna.

Eppure di queste conseguenze, sulla proposta di legge, per fortuna non sembra esserci traccia. Ciò che emerge da una prima analisi della proposta, è che l’Italia possa avvicinarsi a modelli di adozione che vengono utilizzati – anche se con molte differenze – in paesi come gli Stati Uniti, con un discreto successo.

L’adottabilità del nascituro fu raccontata – in maniera “pop” già dal programma “16 and pregnant”, docuserie di MTV che raccontava le vita di adolescenti rimaste incinte.

Un programma che ebbe un successo incredibile, e che mise in luce le difficoltà, ma anche le opportunità, per chi si ritrova, negli Stati Uniti, in condizioni di gravidanza non desiderata.

Uno dei principali episodi riguardava una coppia di giovanissimi ragazzi del Michigan, Catelynn e Tyler, che, trovandosi in situazioni di estrema difficoltà, scelsero di portare avanti la gravidanza ma – nel frattempo- di adoperarsi per poter dare in adozione la bambina, non appena nata, scegliendo una nuova famiglia.

La docuserie mostrò al mondo come l’adottabilità del nascituro fosse un’opzione percorribile negli Stati Uniti, già diversi anni fa: una modalità che riduce, anche se non di molto, il numero di interruzioni di gravidanza.

Tuttavia, non è la sola “velocizzazione” della procedura di adozione ad incidere nella scelta di portare avanti o meno una gravidanza, ma anche molte altre opportunità e diritti associati ai genitori biologici che, in Italia, sono del tutto negati e che non risultano inseriti nella proposta leghista.

Negli Stati Uniti, ad esempio, una genitori biologico ha l’opportunità di poter scegliere quale famiglia (o persona), potrà adottare il proprio bambino. Una persona che conosce, un parente, o, come spesso accade, coppie e persone che vengono presentate da agenzie abilitate ad operare come mediatori dell’adozione.

Non solo, è possibile anche scegliere la modalità di adozione: aperta, o chiusa. Un’adozione aperta permetterà a genitori biologici e famiglia adottiva di restare in contatto prima e dopo la nascita, di organizzare alcuni incontri all’anno, di scambiare foto e così via.

Si tratta dell’opzione più scelta: oltre il 60 per cento delle adozioni, secondo Adoption Network. Al contrario, l’adozione chiusa, prevede che tra madre naturale e famiglia adottiva non vi siano contatti, né prima, né dopo la nascita del bambino.

Esistono infine adozioni “semi- aperte”, dove è previsto uno scambio di informazioni tra le parti, ma la corrispondenza tra genitori biologici e genitori adottivi è intermediata da soggetti terzi.

Negli Stati Uniti esistono centinaia di agenzie che promuovono il servizio di intermediazione dell’adozione. I siti web delle agenzie presentano le coppie che hanno dato la propria disponibilità ad adottare, le loro storie, foto, video, personalità, informazioni sui loro studi e sulla loro professione, abitudini e passioni, e disponibilità alle diverse tipologie di adozione.

Veri e propri database a disposizione delle future madri, perché possano scegliere la famiglia adottiva del proprio bambino a seconda delle loro priorità o preferenze. I “genitori in attesa” vengono divisi a seconda della tipologia di famiglia (single, coppia etero o coppia omosessuale), della religione, dell’etnia e persino dell’ambito professionale.

lega aborto
Database di famiglie in attesa di adozione negli Stati Uniti. Credit: AmericanAdoptions.com

Infine, per incentivare l’opzione dell’adozione, e disincentivare la scelta dell’interruzione di gravidanza, i genitori biologici hanno la possibilità di ricevere fondi a copertura dei costi della gravidanza: vitto, alloggio, spese sanitarie ed extra.

Questi fondi sono sostenuti dalle agenzie e dalle future famiglie adottive. Un sistema che, ad oggi, sembra dare alcuni risultati positivi, anche se l’interruzione di gravidanza, risulta comunque l’opzione più scelta dalle donne che si trovano in condizione di gravidanza indesiderata. Non esiste, però, un’emergenza aborto.

I dati fotografano una diminuzione delle interruzioni di gravidanza in tutto il mondo, se considerate in relazione alla popolazione, che sta invece crescendo. Può essere comunque considerato positivo che la politica si interessi di benessere della persona e che scelga di occuparsi di quei casi che, seppur rari, possono indurre una persona che non desidera abortire, a scegliere una strada ritenuta migliore.

Perché questo percorso possa davvero compiersi, è però necessario che vengano rimosse le barriere culturali che riguardano il tema dell’adozione e che vengano, infine, scardinati i processi distorsivi legati all’intero processo.

Quale genitore sceglierebbe che il proprio figlio crescesse in un istituto, o in una “casa famiglia” piuttosto che in una vera famiglia? Serve quindi una riforma complessiva dei processi: contrasto agli interessi economici (che purtroppo ancora esistono), velocizzazione delle pratiche, e, perché no, anche l’adottabilità del nascituro. A patto che, però, si faccia davvero l’interesse del minore.

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