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Home » Esteri

Un feto morto chiamato Europa

Immagine di copertina
Credit: Banksy

Dove sono le istruzioni per festeggiare la Giornata della Memoria facendo finta di niente? Davvero oggi risulta possibile citare Primo Levi fingendo di non sapere quanto sia tradito nei giudizi immorali passati come scherno? Davvero riuscirete a raccontare ai vostri figli che un tempo è successo che un popolo sia stato giudicato per la razza, la provenienza e la cultura e sia stato dichiarato colpevole di esistere, di occupare spazio geografico, economico e sociale?

C’è in giro un feto morto che si chiama Europa. È un bimbo appena fatto e già appassito che sta in grembo a una donna che era con altre centocinquanta persone sul cargo battente Sierra Leone Lady Sharm. Quella nave che trasportava persone da Ghana, Sudan e Costa d’Avorio e che hanno sperato di trovare un porto, magari in Italia, e invece sono stati restituiti alla Libia.

Li hanno salvati riportandoli all’inferno. “Abbiamo seguito le regole internazionali”, ha assicurato il ministro Toninelli: quali siano le regole internazionali che non riescono a prendere atto che la Libia sia il sicario dell’Europa viene difficile da capire.

Torniamo a lei. Alla donna che è già morta dentro e che spreme le ultime energie per non morire anche fuori: quando è sbarcata, al buio, è stata accolta a bastonate come tutte le altre e poi rinchiusa in una cella che è un quadrato di pochi metri dove si ammassano corpi, dolori, sogni che non riescono più nemmeno a tenersi in piedi e le feci di ciò che non si è mangiato.

I centri di detenzione libici sono luoghi che verranno visitati dai nostri figli in gita, e noi a casa fingendoci contriti e dispiaciuti ci inventeremo che non ce n’eravamo accorti. E chissà come ci guarderanno di traverso, i nostri figli.

La donna ha un alito che puzza di cadavere, riesce a mettersi in contatto con un’organizzazione umanitaria, racconta che le bastonate hanno reciso il bambino, dice di perdere sangue, una madre sa sempre quando si è consumato l’orrore, non ha bisogno di troppi segnali, è lei il cuore di suo figlio.  Intorno a lei alcune compagne confermano. Ha abortito, dicono. Non si è visto nessuno.

E basterebbe ripassare la storia recente della Libia e dei suoi denti aguzzi che tengono sotto scacco l’Europa per dirsi che forse è meglio così, forse è meglio che non si sia visto nessuno, che non siano passati coloro che scaricano elettricità per ridere e darsi di gomito, coloro che sciolgono plastica sulle schiene per sadico divertimento. Violentatori, niente. Nessuno.

Una donna che si sta sciogliendo in un aborto probabilmente stringe lo stomaco anche a loro. Speriamo. Quella donna, quei centocinquanta che erano insieme a lei, sono tra i molti che in questi mesi hanno pregato ognuno il proprio dio di lasciarsi alle spalle un luogo a forma di buco che è una vergogna umanitaria: quel buco è la Libia e la geografia, maledetta, l’ha resa passaggio obbligatorio per la disperazione che noi ci ostiniamo a non voler vedere.

Mettici la geografia, mettici la vigliaccheria europea e avrai la miscela perfetta del veleno che uccide i vivi, deturpa i morti e ammazza i nascituri.

Ma esattamente dove sono le istruzioni per festeggiare una “giornata della memoria” come quella del prossimo 27 gennaio dell’anno 2019 facendo finta di niente? Ma davvero oggi risulta potabile e possibile citare Primo Levi fingendo di non sapere quanto sia tradito nelle chiacchiere da bar, tra i commenti che galleggiano nel web, nei giudizi immorali passati come scherno?

Esattamente oggi cosa insegnerete ai vostri figli voi che non vi siete ancora puliti della bava sputata contro qualcuno? Davvero riuscirete a dirgli che un tempo è successo che un popolo sia stato giudicato per la razza, la provenienza e la cultura e sia stato dichiarato colpevole di esserci, di esistere, di occupare spazio geografico, economico e sociale? Spiegherete ai vostri figli che, coperti dall’indifferenza vigliacca della maggioranza, pochi sono riusciti ad ambire alla cancellazione di un intero popolo?

Esattamente, oggi, per questa memoria che è diventata un traino per la cinematografia e letteratura del settore, chi ci promettiamo di ricordare? Gli ebrei ammazzati perché ebrei, i siriani perseguitati perché infedeli, gli annegati annegati perché non europei, i palestinesi perché palestinesi? Chi tra questi? Ma che differenze troverete per evitare ai vostri figli l’occasione di un’associazione di idee tra una deportazione su ferro e una deportazione via mare? Chi sono gli aguzzini? Chi sono gli indifferenti? Chi sono i politicamente vigliacchi?

La memoria non si commemora. La memoria si esercita. E ci vuole il fisico per esercitarla: una mente allenata a nuotare controcorrente, un cuore duro abbastanza per essere buono, braccia forti, schiena diritta e un olfatto pronto ad annusare.

“Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell’aria” scriveva Primo Levi. Leggendolo davvero vi sentite assolti? Ognuno è ebreo di qualcuno. Oggi il camino, addirittura, sono riusciti a farlo sotto il mare. O a casa loro. Buona giornata della memoria. E buona memoria applicata, se ci riesce.

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