De André, il figlio Cristiano a TPI: “Ogni giorno parlo con mio padre”
Intervista al figlio del grande cantautore: "L’eredità artistica che mi ha lasciato è un dono, è stata fatica, ma senza fatica non si arriva a niente"
“E come tutte le più belle cose / vivesti solo un giorno come le rose”. Era l’11 gennaio 1999, quando la musica italiana perdeva il suo amico fragile. Una terribile malattia portava via con sé, troppo presto, il cantore della libertà, il poeta che ha regalato con i suoi versi l’eternità agli sconfitti e alle loro piccole storie di periferia.
Con lo sguardo rivolto verso l’utopia, ma con la penna ben radicata a terra, Fabrizio De André ha narrato la realtà come pochi altri, scavando la bellezza negli occhi degli ultimi, degli emarginati e delle prostitute. A vent’anni dalla sua scomparsa, a ricordarlo oggi è Cristiano, artista di prim’ordine nonché figlio del primo amore di Fabrizio, oggi in tour con ‘Storia di un impiegato. De André canta De André’.
Qual è la cosa più importante che suo padre le ha lasciato?
L’eredità artistica che mi ha lasciato è un dono, è stata fatica, ma senza fatica non si arriva a niente. Oggi posso dire, a 56 anni, lavorando sono arrivato a dimostrare alla gente che potevo emozionarla e per me questa è una grande cosa. Voglio ricordarlo attraverso le sue canzoni, il modo migliore è comunicare la sua musica, la dimensione artistica, su cui diventa più semplice incontrarsi.
Qual è l’immagine che le viene in mente quando pensa a suo padre?
Mio padre aveva orari tutti suoi, dormiva di giorno e scriveva di notte, non lo vedevo molto. Paradossalmente lui se ne è andato quando ci eravamo avvicinati, mi aveva chiesto di dirigere la parte musicale del tour ‘Anime salve’. Però ancora oggi gli parlo ogni giorno.
Fabrizio De André è il più grande cantautore italiano?
Era un poeta, si è sempre occupato degli altri, degli emarginati, ha scritto contro le guerre, con il suo talento ha toccato livelli molti alti e ha indicato le coordinate per una strada giusta.
C’è una canzone in particolare che preferisce interpretare?
Ce ne sono tante, non può esserci una competizione, credo che tutte le opere di mio padre siano molto importanti.
E invece il verso che più l’ha colpita?
Vale lo stesso discorso, è difficile fare una competizione.
“Non fossi stato figlio di Dio, t’avrei ancora per figlio mio”, recita il brano ‘Tre madri’, nel quale Fabrizio De André mette in scena il dolore di Maria dinanzi al corpo esanime di Gesù. Lei crede in Dio?
Sì. Non potrebbe essere altrimenti facendo un lavoro come il mio, occupandomi di arte. Credo che l’arte sia l’esternazione più alta di qualcosa che si avvicina a qualcosa di superiore. Credo in Dio, nell’arte, nella bellezza e in tutte le sue sfumature che mi fanno pensare ci sia davvero un amore superiore.
È in corso il tour ‘Storia di un impiegato. De André canta De André’. Il 15 gennaio sarà a Genova, dove è già sold out. Il 25 gennaio sarà a Rovigo, il 2 febbraio a Firenze e il 7 a Parma. Poi sono previste tante altre date, fra cui Roma, Milano, Torino e Bologna. Lei ha definito questo, come un tour contro la guerra, contro il nulla che ci invade. Può dirci di più?
Genova è la mia città e la città di mio padre, quindi è sicuramente importante l’affetto e il legame che ho con questo luogo. Ogni volta è come se fosse sempre la prima data. I genovesi non regalano niente, se va bene a Genova, va bene da qualsiasi altra parte, è un esame e sono davvero felice sia sold out! Più che un tour sulla guerra e contro il nulla, ‘Storia di un impiegato’ vuole risvegliare le coscienze rispetto al potere: come a quei tempi si voleva tentare uno sbocco anarchico e pacifista, oggi il sogno non è cambiato e continua ad esserci il bisogno di risvegliare le coscienze, in modo che si possa fare qualcosa per disaffezionarci dal potere e diventare una comunità in cui si possa vivere senza qualcuno che ci dica come fare.
Molti dei suoi fan però la aspettano anche al Sud, può anticiparci se c’è qualcosa in programma?
Sicuramente ci saranno nuove date, questo tour durerà fino alla fine dell’estate, la mia voglia è di portarlo dappertutto. Poi… non sono io a fare il calendario delle date, ma ho un’agenzia che lavora al meglio.