“Il ciclo non è un lusso”: la petizione online contro l’Iva sugli assorbenti
L'obiettivo è ridurre l'Iva applicata agli assorbenti e far sì che vengano riconosciuti come beni di prima necessità
Ridurre l’Iva sul costo degli assorbenti: questa la richiesta avanzata da Onde Rosa al ministro dell’Economia Tria tramite una petizione online lanciata sul sito change.org.
In poco tempo sono state registrate 2500 firme e adesso l’obiettivo è arrivare alle 5mila entro 5 giorni a partire dal 28 dicembre 2018.
L’iniziativa è stata ribattezzata Stop Tampon Tax perché, come si legge nella foto della petizione, “Il ciclo non è un lusso”.
“Se un rasoio maschile è tassato come bene di prima necessità, viene spontaneo chiedersi come mai un assorbente non abbia lo stesso regime di tassazione”, si legge sul post di Facebook di Onde Rosa. “Il costo degli assorbenti non è un problema che riguarda esclusivamente le donne ma è un problema che coinvolge tutta la famiglia, uomini compresi”.
“Cos’è la Tampon Tax? Semplice. È l’imposta Iva al 22 per cento che grava sui prezzi degli assorbenti, considerati come beni di lusso. Avere il ciclo non è un lusso né tantomeno una scelta e gli assorbenti non sono un accessorio ma una necessità per ogni donna”.
“Chiediamo che la Tampon Tax sia abbassata al 4 per cento e che quindi gli assorbenti vengano considerati beni di prima necessità”.
La richiesta di Onde Rosa quindi è quella di non considerare più gli assorbenti un bene di lusso, tassato al 22 per cento, ed equipararli quindi ai beni di prima necessità.
La petizione ha avuto subito un grande successo: in pochi giorni in migliaia hanno aderito alla campagna contro la tassazione degli assorbenti, tanto da raggiungere le 2500 firme.
Il messaggio di Onde Rosa ha avuto anche larga diffusione sui social: sul profilo Facebook è stato anche pubblicato un video in cui si spiega cos’è la Tampon Tax, come funzione e perché gli assorbenti non dovrebbero più essere tassati al 22 per cento come beni di lusso.
In alcuni paesi europei e non i prodotti sanitari femminili non solo non costano quanto in Italia, ma sono forniti gratuitamente ad alcune fasce della popolazione, come le studentesse.