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Home » Esteri

Cosa prevede la direttiva sul Copyright approvata il 12 settembre dal Parlamento Ue

Immagine di copertina
Il parlamento Ue

La direttiva sul copyright mira a fissare delle linee guida a livello europeo sulle regole per il diritto d’autore. Eccola nel dettaglio

Il 12 settembre 2018 è una data cruciale per il diritto d’autore. Il parlamento Ue riunito a Strasburgo ha votato a favore della riforma europea sul copyright.

La proposta sul Copyright ha ricevuto 438 voti a favore, 226 contrari e 39 astensioni. Gli eurodeputati hanno approvato alcune modifiche proposte dal relatore Axel Voss agli articoli 11 e 13 della proposta di direttiva sul copyright, che erano quelli più controversi.

La votazione di oggi nello specifico era una votazione per dare mandato per negoziati con il Consiglio.

Il via libera della plenaria di Strasburgo infatti apre ora la strada ai negoziati con il Consiglio e la Commissione, per cercare un’intesa sulla versione definitiva della riforma.

La votazione definitiva è prevista per gennaio 2019. Dopo l’approvazione del Parlamento Ue toccherà agli stati membri Ue mettere in atto la direttiva.

“La direttiva sul diritto d’autore è una vittoria per tutti i cittadini. Oggi il Parlamento europeo ha scelto di difendere la cultura e la creatività europea e italiana, mettendo fine al far-west digitale”, ha commentato su Twitter il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani.

Di opposto parere il Movimento Cinque Stelle, che ha definito la votazione di oggi “una pagina nera per la democrazia e la libertà dei cittadini”.

“Con la scusa della riforma del copyright, il Parlamento europeo ha di fatto legalizzato la censura preventiva. Il testo approvato oggi dall’aula di Strasburgo contiene l’odiosa link tax e filtri ai contenuti pubblicati dagli utenti. È vergognoso! Ha vinto il partito del bavaglio”, ha dichiarato l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Isabella Adinolfi.

“Purtroppo sono stati respinti tutti gli emendamenti di stralcio che il Movimento 5 Stelle aveva presentato. In particolare, l’articolo undici che prevede l’introduzione della cosiddetta #linktax, e il tredici che mira a introdurre una responsabilità assoluta per le piattaforme, nonché un meccanismo di filtraggio dei contenuti caricati dagli utenti”, conclude.

Le modifiche approvate il 12 settembre

Molte delle modifiche apportate dal Parlamento alla proposta originaria della Commissione europea mirano a garantire che i creativi, in particolare musicisti, artisti, interpreti e sceneggiatori, nonché editori e giornalisti, siano remunerati per il loro lavoro quando questo è utilizzato da piattaforme di condivisione come YouTube o Facebook e aggregatori di notizie come Google News.

Sono stati respinti gli emendamenti di M5S ed Efdd che proponevano l’eliminazione in toto degli articoli 11 e 13, quelli più controversi. Le proposte di modifica approvate oggi riguardano l’impiego non commerciale dei link che resta fuori dall’applicazione dell’articolo 11.

Il testo specifica infatti che il caricamento di contenuti su enciclopedie online che non hanno fini commerciali, come Wikipedia, o su piattaforme per la condivisione di software open source, come GitHub, sarà automaticamente escluso dall’obbligo di rispettare le nuove regole sul copyright.

La direttiva all’articolo 11 prevede che vengano stipulati accordi di licenza equi e appropriati con i titolari dei diritti. Nella versione approvata oggi viene sottolineato che le enciclopedie online, come Wikipedia che aveva messo in atto una protesta contro la direttiva, non saranno interessate dall’articolo 13 (spiegato qualche paragrafo più in giù).

Per quanto riguarda invece la semplice condivisione di link di articoli, con la citazione di alcune parole chiave, sarà attività esclusa dalle norme sul copyright.

“È un buon segnale per l’industria creativa e culturale europea”, ha dichiarato il relatore del provvedimento, l’eurodeputato popolare tedesco Axel Voss, che ha ringraziato i colleghi per “il risultato ottenuto insieme”.

Cosa prevede la riforma

L’articolo più contestato dell’intera direttiva è l’11, che introduce la possibilità per gli editori di chiedere il pagamento per l’utilizzo anche di brevi frammenti di testo.

Il 5 luglio 2018 il parlamento Ue aveva già votato bocciando la direttiva e rimandandola a settembre in attesa di trovare un accordo migliore. Domani, 12 settembre, si torna a votare.

Il diritto d’autore regola lo sfruttamento economico delle opere dell’ingegno.

Il senso della riforma sta nel conflitto sorto negli ultimi anni tra gli editori di alcune testate giornalistiche e le piattaforme social sull’utilizzo dei contenuti giornalistici: gli editori accusano i social di sfruttare economicamente contenuti che non appartengono loro.

La direttiva sul copyright mira a fissare delle linee guida a livello europeo sulle regole per il diritto d’autore.

Anche l’articolo 13 sta creando scalpore.

L’articolo 13 prevede che le piattaforme web come Wikipedia debbano esercitare una sorta di controllo su ciò che viene caricato dai loro utenti: l’obiettivo è impedire la pubblicazione di contenuti protetti dal copyright.

Secondo Wikipedia, in particolare l’articolo 13 rischia di pregiudicare la libera circolazione dei contenuti sulla Rete.

Da martedì 11 settembre 2018 sulle pagine in lingua italiana di Wikipedia le immagini risultano oscurate. Non si tratta di un errore o di un problema tecnico, bensì di una iniziativa di protesta decisa dal team di Wikipedia Italia contro la direttiva sul copyright in discussione al Parlamento europeo.

La direttiva al vaglio del parlamento Ue prevede che i servizi internet, che comprendono siti, piattaforme online, forum, social network e servizi di chat, paghino un compenso agli editori per poter utilizzare i loro contenuti.

Se la direttiva ricevesse voto favorevole della maggioranza degli eurodeputati, entrerebbero in vigore regole secondo le quali un articolo pubblicato su un altro sito o su un social network, o su un aggregatore di notizie, dovrebbe essere pagato agli editori. Ma la stessa cosa dovrebbe avvenire anche per contenuti condivisi tra utenti, tramite messaggi o post. Le attività di condivisione di contenuti terzi sarebbero quindi soggette al pagamento di una somma all’editore proprietario di quel contenuto. Sulle tariffe da pagare agli editori e le modalità di pagamento la direttiva non è chiara.

Articolo 11

La proposta di riforma del copyright, e in particolare l’articolo 11, che ha diviso l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori, nasce per mettere un freno a quei servizi come Google News che guadagna dall’aggregazione di notizie sulla sua home page. Se i lettori che visitano Google News rimangono sulla pagina senza accedere ai singoli contributi dei giornali, è solo Google a beneficiare delle loro visite. Lo stesso meccanismo vale anche per altri aggregatori, ma Google News è il maggior accusato.

C’è comunque da considerare l’altro lato della medaglia: allo stesso tempo Google News e i diversi aggregatori, portano un ampio volume di traffico ai singoli siti di proprietà dei vari editori e di conseguenza introiti pubblicitari.

La direttiva stabilisce dunque che un utilizzo non autorizzato dei contenuti altrui rappresenti violazione del diritto di autore e nello specifico all’articolo 11 introduce il diritto alla compensazione per gli editori.

Un meccanismo simile è stato già introdotto in Spagna nel 2014 e in Germania, e ha spinto Google News a chiudere i battenti, provocando le proteste degli editori. Se si ponessero su una bilancia da una parte i benefici portati da Google News e dall’altra gli svantaggi rappresentati dalle violazioni del diritto d’autore, probabilmente la bilancia penderebbe in favore dei benefici. Ma certamente il discorso non è così semplicistico e occorre valutare una serie più grande di variabili che hanno a che fare con la ben più ampia crisi dell’editoria, quella tradizionale e quella digitale.

La conseguenza che Google News possa decidere di chiudere battenti in Europa, come ha fatto in Spagna e Germania è assolutamente plausibile. D’altro canto, gli altri aggregatori minori avrebbero un valore economico pressoché irrilevante, dal momento che gli introiti derivanti dal pagamento di una tariffa agli editori proprietari di contenuti sarebbe esigua.

Secondo numerosi critici, la direttiva sul copyright sarà piuttosto un danno sia per gli editori, per le ragioni sopra descritte, sia per gli utenti, che vedranno venire meno numerosi servizi di informazione utili, come gli aggregatori di notizie.

La Fieg, la Federazione italiana editori giornali, ha scritto un appello agli europarlamentari italiani per votare Sì all’articolo 11 della direttiva sul copyright. Dal canto loro gli editori sostengono che la direttiva garantisca un giusto compenso ai giornalisti e agli editori per la distribuzione dei loro contenuti su internet.

Secondo un sondaggio Harris interactive, l’89 per cento degli italiani è d’accordo con l’approvazione di regole europee che garantiscano remunerazione di artisti e creatori di contenuti per la distribuzione dei loro contenuti sulle piattaforme internet.

Articolo 13

L’altro articolo controverso è il 13, in cui si parla di obbligare i grandi siti web (tra cui le piattaforme social) ad “utilizzare le tecnologie di riconoscimento dei contenuti per individuare video, musica, foto, testi e codici protetti dal copyright”.

Una normativa che, secondo una lettera firmata da 70 esperti (tra cui il creatore del world wide web Tim Berners Lee e il fondatore di Wikipedia Jimmy Wales), potrebbe trasformare internet “in uno strumento per la sorveglianza automatizzata e per il controllo degli utenti”.

L’articolo 13 infatti muterebbe profondamente il concetto secondo cui ad essere responsabili dei contenuti sono gli utenti, dando questa responsabilità alle piattaforme.

“L’articolo 13 trasforma i social media e le altre compagnie di internet in una specie di polizia del copyright, costringendoli a implementare un sistema di sorveglianza altamente invasivo”, ha spiegato a Wired l’esperto in crittografia e sicurezza Bruce Schneier, uno dei firmatari della lettera.

Un modello di questo tipo, secondo i firmatari, potrebbe essere adottato anche dai governi e dalle multinazionali, potenziando ulteriormente il sistema di sorveglianza su internet.

L’articolo 13 non doveva essere presente nella bozza finale della normativa, ma è stato reintrodotto lo scorso 25 maggio. Secondo il relatore della proposta di legge Alex Voss, nel testo non si fa riferimento a un filtro ma più genericamente a tecnologie per la prevenzione delle violazioni del copyright.

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