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Home » News

Il fondatore della “setta del Forteto” è stato scarcerato

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La Cassazione ha disposto la scarcerazione di Rodolfo Fiesoli, il fondatore de "Il Forteto", la comunità in Toscana al centro di varie inchieste per maltrattamenti e violenza sessuale

Rodolfo Fiesoli, il fondatore del “Il Forteto” –  una comunità agricola dove per anni, a partire dal 1978, si sono consumate violenze e aberrazioni ai danni di minori, disabili e adulti e al centro di varie inchieste per maltrattamenti e violenza sessuale – è stato scarcerato dopo una decisione della Cassazione che risale al 5 luglio 2018.

Fiesoli era stato condannato a 15 anni e 10 mesi, ma la Cassazione aveva stabilito che dovesse scontare un residuo di pena di 14 anni, 8 mesi e 17 giorni.

Il suo difensore, l’avvocato Lorenzo Zilletti, aveva presentato ricorso per  per “incidente di esecuzione’”, inizialmente respinto. Contro questa decisione della corte di appello, allora, i difensori hanno proposto un altro ricorso in Cassazione su cui c’è stata udienza il 5 luglio.

Come ricordano gli avvocati a Repubblica, “La vicenda processuale di Fiesoli non è ancora conclusa perché dovrà celebrarsi un giudizio di rinvio a seguito di alcuni annullamenti pronunciati dalla Corte Suprema il 22 dicembre 2017”.

“In questo contesto – concludono gli avvocati – la Cassazione ha stabilito che Fiesoli va considerato ancora un imputato e non un condannato con sentenza definitiva. Egli quindi non avrebbe dovuto trascorrere in carcere questi sei mesi e mezzo”.

In questo articolo Sergio Pietracito raccontava a TPI dei suoi 12 anni trascorsi in quella che è passata alla storia come la “Setta di Stato”, la comunità degli orrori in Toscana.

Le vicende giudiziarie

Nel 1978 Rodolfo Fiesoli, conosciuto come “il profeta” della comunità, viene arrestato per violenza sessuale, corruzione di minorenni e maltrattamenti. Resta in carcere per quasi tre mesi per violenza sessuale e maltrattamenti. Con lui viene processato anche Goffredi.

Nel 1985 la condanna per Fiesoli e Goffredi diventa definitiva: due anni il primo, 10 mesi il secondo. Anche dopo la condanna Fiesoli continua a guidare la comunità. La condanna però poi passa ‘nell’oblio’, per vari motivi, ancora oggi oggetto di discussioni e polemiche, tanto che alla comunità del Forteto vengono nuovamente affidati altri minorenni.

Nel 2000 la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo condanna l’Italia per l’affidamento di due minori al Forteto.

Il 22 dicembre 2011 Fiesoli viene arrestato di nuovo con l’accusa di violenza sessuale e maltrattamenti. L’inchiesta parte dalle denunce di decine di persone. Nelle indagini furono coinvolti molti collaboratori del “profeta”.

Nel 2013 la Procura di Firenze chiede e ottiene il rinvio a giudizio per 23 componenti del Forteto, Fiesoli compreso. Nell’ottobre 2013 inizia il processo a Fiesoli e agli altri componenti della comunità.

In contemporanea il Consiglio regionale della Toscana istituisce una commissione d’inchiesta (presiedente da Stefano Mugnai di Forza Italia) per far luce sui motivi degli abusi perpetrati nella comunità a cui sono stati affidati numerosi minori nel corso degli anni. Una seconda commissione regionale d’indagine (presieduta da Paolo Bambagione del Pd) ha svolto il suo lavoro nel 2016.

Il 17 giugno 2015 il Tribunale di Firenze ha condannato Fiesoli a 17 anni e mezzo di reclusione per maltrattamenti e abusi sessuali su minori.

Il 15 luglio 2016 la Corte d’Appello di Firenze condanna Fiesoli a 15 anni e 10 mesi di reclusione, mentre Goffredi è condannato a 6 anni di reclusione. Per entrambi le pene vengono ridotte per la prescrizione delle accuse per alcuni episodi contestati. Condanne ridotte anche per gli altri 8 imputati, 6 gli assolti.

Il 22 dicembre 2017 la Corte di Cassazione ha emesso la sentenza definitiva per Fiesoli, che è stato arrestato. Per Goffredi i reati sono andati in prescrizione.

Sul Forteto è stata anche istituita una commissione regionale bis per indagare sulle responsabilità istituzionali, che del Forteto sarebbero state lo scudo. Ma non avendo i poteri di un’autorità giudiziaria, la commissione finora ha avuto le mani legate di fronte alle reticenze di chi è stato interpellato alle audizioni, o peggio ha scelto di tacere. Nessuno infatti ricorda, nessuno c’era o sapeva.

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