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Ong nel Mediterraneo: quali sono, come operano e chi le finanzia

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Tutto quello che c'è da sapere sulle ong nel Mediterraneo

Le ong attive nel Mediterraneo centrale sono al centro di un'accesa polemica, da parte di chi le accusa di favorire il business dell'immigrazione. TPI.it fa chiarezza su tutto ciò che riguarda i salvataggi dei migranti in mare

Che cos’è una ong | Quali ong operano nel Mediterraneo  | Cosa fanno le ong nel Mediterraneo | Che ruolo hanno nell’aumento (o nella diminuzione) degli sbarchi? | Come si finanziano le ong | Il caso Aquarius

“Le ong sono i taxi del mare”. “Fanno affari con gli scafisti”. “Le ong nel Mediterraneo favoriscono il business dell’immigrazione”. Queste sono alcune delle frasi che, negli ultimi mesi, circolano spesso sulle ong che operano nel Mediterraneo centrale.

La campagna mediatica e diffamatoria nei confronti delle ong ha ormai raggiunto livelli elevatissimi, anche in seguito alle indagini del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro.

I ministri del governo Conte, Salvini in primis e Toninelli a seguire, in questi ultimi giorni hanno attaccato pesantemente le navi delle ong, in seguito al caso Aquarius, e anche oggi, 22 giugno, con lo scontro sulla nave Lifeline.

Ma quali sono le ong che attualmente sono attive nel Mar Mediterraneo? Cosa fanno? Come si finanziano?

Che cos’è una ong

Le ong sono organizzazione non governativa, senza fini di lucro e indipendenti sia dagli stati che dalle organizzazioni governative internazionali. Si tratta di organizzazioni che si finanziano tramite donazioni, e in parte anche tramite denaro pubblico, e sono gestite da volontari. Esistono ong negli ambiti più disparati, a seconda delle loro missioni e degli obiettivi che si prefiggono.

Quali ong operano nel Mediterraneo

Al momento sono 5 le ong dotate di navi, più o meno grandi, per il salvataggio in mare dei migranti che tentano di arrivare dalla Libia all’Europa. Si tratta della ong spagnola Proactiva open arms, della Sea Watch, delle ong Sos Mediteranee e Medici senza frontiere, che gestiscono insieme la nave Aquarius, e poi Sea-eye e Mission Lifeline.

Dal 1 gennaio al 30 aprile 2017 i migranti soccorsi dalle ong sono stati 12.346, pari al 33 per cento dei salvataggi in mare. Secondo il rapporto della Guardia costiera, nel 2016 i migranti soccorsi tra il nord Africa e l’Italia sono stati 178.415 e di questi poco meno della metà sono stati messi in salvo da Guardia costiera (35.875) e Marina militare (36.084).

Fino a qualche mese fa erano di più le ong operative, tra cui Moas, Life Boat, Jugend Rettet, Boat Refugee.

Leggi anche il reportage di TPI: Un mese in mare con gli italiani che salvano i migranti

Di seguito il dettaglio su ciascuna ong rimsta operativa nel Mediterraneo:

• Proactiva open arms

Proactiva Open Arms è un’organizzazione non governativa di Badalona (Barcellona, Spagna) la cui missione principale è quella di salvare i migranti in mare “che arrivano in Europa in fuga da guerre, persecuzioni o povertà”. La ong si finanzia attraverso le donazioni dei privati (96 per cento del totale) e contributo dalle amministrazioni locali (4 per cento). Tra il 2016 e i 2017 le donazioni sono state di 3,6 milioni di euro, per un totale di 50mila donatori.

Lo scorso 20 giugno 2018 il Gip di Palermo ha archiviato le indagini a carico della spagnola Proactiva Open Arms e la tedesca Sea Watch, sospettate di aver favorito l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani.

Entrambi i procedimenti erano stati avviati tra aprile e maggio 2017: le due ong erano accusata di aver fatto sbarcare alcuni migranti in Italia dopo aver effettuato salvataggi in aree marittime più vicine a Malta. L’ipotesi accusatoria era quindi che le ong avessero preferito portare le navi in Italia per presunti accordi con i trafficanti finalizzati al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

• Sea Watch

Sea-Watch e. V. è un’organizzazione umanitaria senza scopo di lucro che ha come missione primaria l’attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo. 

Sea-Watch “fornisce mezzi per il soccorso d’emergenza in mare, si batte affinché i governi intensifichino le operazioni di salvataggio, chiede l’istituzione di corridoi umanitari legali e politiche estere volte alla rimozione delle cause all’origine dei massicci processi migratori di questi anni”, si legge sul sito della ong.

 Sea-Watch è nata alla fine del 2014, per intervenire attivamente nel salvataggio delle persone che morivano in mare nel tentativo di arrivare in Europa. La ong è stata finora coinvolta nel salvataggio di oltre 35.000 persone.

• SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere

Aquarius Spagna

La loro nave per i salvataggi è l’ormai nota Aquarius, che il 17 giugno 2018 è giunta nel porto di Valencia con centinaia di persone a bordo, dopo essere stata rifiutata da Salvini la settimana prima.

SOS Mediterranee è un’organizzazione umanitaria europea “interamente finanziata dalla popolazione solidale a livello globale e dall’appoggio della società civile”, secondo quanto si legge sul sito della ong. La nave Aquarius, da febbraio 2016 ha salvato 27.746 migranti durante le sue operazioni di soccorso. Le attività in mare della nave Aquarius costano 11mila euro al giorno, per coprire il noleggio della nave, il suo equipaggio, il carburante e l’insieme delle attrezzature necessarie per l’accoglienza e la cura dei migranti a bordo.

Si tratta di un’associazione umanitaria internazionale italo-franco-tedesca indipendente da qualsiasi schieramento politico e da qualsiasi ideologia religiosa, nata con lo specifico obiettivo di “organizzare il salvataggio dei migranti in pericolo di vita nel mare Mediterraneo”. Opera tra la Sicilia, Lampedusa e la Libia

Medici senza frontiere è una ong che fa dell’assistenza medica la sua missione primaria. È una organizzazione “indipendente, neutrale e imparziale”, che sopravvive grazie alle donazioni dei privati, che rappresentano oltre il 99 per cento dei fondi raccolti. Nel 1999 MSF ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace.

• Sea-eye

Sea-eye è attiva dal 2016. Opera nel Mediterraneo con un ex peschereccio di 26 metri di Sassnitz (Rügen, Germania), una nave riequipaggiata per le missioni di soccorso.

“Con la nostra barca, un ex peschereccio riadattato, cerchiamo coloro che sono in pericolo lungo le coste libiche. Appena individuiamo delle imbarcazioni in difficoltà lanciamo l’SOS e iniziamo a prestare soccorso”, si legge sul sito della ong.

Sea-Eye e Seefuchs hanno salvato 14.378 persone dall’annegamento dall’inizio delle operazioni.

• Mission Lifeline

Anche questa ong ha l’obiettivo primario di effettuare i salvataggi in mare dei migranti nel Mediterraneo Centrale. La nave omonima batte bandiera olandese, ma la ong ha sede a Dresda, in Germania. “Con la nostra nave di soccorso, siamo nella zona lungo la costa libica alla ricerca di persone in pericolo”, scrivono sul loro sito.

A questo link abbiamo spiegato lo scontro del 22 giugno 2018 tra la ong e i ministri Salvini e Toninelli. Giovedì 21 giugno 2018 la nave Lifeline, appartenente alla ong omonima, ha recuperato 224 migranti naufragati dopo essere partiti dalle coste libiche a bordo di alcuni gommoni.

Il governo italiano ritiene che l’operazione di soccorso sia avvenuta in acque libiche e che la ong abbia violato norme di diritto internazionale. Qui tutta la vicenda nel dettaglio.

Cosa fanno le ong nel Mediterraneo

Le ong che operano nel Mediterraneo sono quasi tutte nate con il preciso scopo di intervenire nel salvataggio dei migranti che si avventurano nel Mediterraneo, per prevenire i naufragi a cui negli anni scorsi abbiamo assistito innumerevoli volte e per fare pressione nei confronti di una politica migratoria incentrata sull’accoglienza e la sicurezza.

La maggior parte delle ong attualmente operative nel Mediterraneo hanno iniziato le attività tra il 2014 e il 2016, in concomitanza con l’aumento dei flussi migratori dal nord Africa e con il crescente numero delle morti in mare.

Le ong che si sono dotate di imbarcazioni lo hanno fatto con lo scopo di favorire le operazioni di soccorso, e intervenire nel “buco” lasciato aperto dalla fine dell’operazione Mare Nostrum, la missione di salvataggio in mare dei migranti, attiva dal 18 ottobre 2013 al 31 ottobre 2014 e gestita dalle forze della Marina Militare e dell’Aeronautica Militare italiane.

Le ong non agiscono di propria iniziativa ma prima di ogni operazione si coordinano con l’Italian Maritime Rescue Coordination Centre (IMRCC) della Guardia Costiera di Roma, che è l’organo deputato a gestire gli interventi di SAR, search and rescue (soccorso in mare), nel tratto di mare che compete all’Italia.

Che cosa sono le operazioni SAR nel Mediterraneo?

Come spiega l’Unhcr e la Guardia Costiera italiana, per Sar si intendono di “tutte le operazioni che hanno come obiettivo quello di salvare persone in difficoltà in vari ambienti (montagna, mare, dopo un terremoto ecc.) effettuate con mezzi navali o aerei. Nello specifico, per quanto riguarda il Mediterraneo, l’area di responsabilità italiana coincide con circa un quinto dell’intero Mediterraneo, ovvero 500mila chilometri quadrati.

La Guardia costiera italiana fa affidamento su qualsiasi nave per qualsiasi ragione presente nell’area interessata, che si tratti di navi governative, incluse quelle militari, quelle mercantili, i pescherecci, il naviglio da diporto e le navi adibite a servizi speciali (come ad esempio appunto quelle battenti bandiera italiana utilizzate da alcune ong per le loro finalità SAR). In pratica, qualunque nave che possa intervenire per il salvataggio delle vite umane in mare viene allertata. Come specifica l’Unhcr, “chiunque sia in grado di intervenire ha l’obbligo giuridico di farlo”.

Il primo MRCC che riceva notizia di una possibile situazione di emergenza SAR ha la responsabilità di adottare le prime azioni per gestire tale situazione, anche qualora l’evento risulti al di fuori della propria specifica area di responsabilità.

Al momento, visto che Libia e Tunisia, malgrado abbiano ratificato la convenzione SAR del 1979, non hanno dichiarato quale sia la loro specifica area di responsabilità SAR, la stragrande maggioranza di richieste d’aiuto arriva in Italia. E di conseguenza è l’Italia che ha la responsabilità di gestire le situazioni di pericolo di cui riceve notizia.

Una volta finito il salvataggio in mare, l’operazione SAR non è ancora conclusa. I migranti devono essere condotti in un “luogo sicuro” (dall’inglese place of safety), ovvero un luogo che fornisca le garanzie fondamentali ai naufraghi.

Come si finanziano le ong

Nella maggior parte dei casi i fondi delle ong arrivano da donazioni private, come dimostrano i bilanci delle singole organizzazioni, che sopravvivono quasi esclusivamente grazie ai privati e alla società civile. Le ong in alcuni casi ottengono anche finanziamenti pubblici governativi.

Che ruolo hanno nell’aumento (o nella diminuzione) degli sbarchi?

Sono molti gli studi e i report che concordano sul fatto che non è vero che la presenza delle ong nel Mediterraneo abbia fatto aumentare gli sbarchi. Citiamo un factchecking dell’Ispi:

“È logico attendersi che la maggiore incidenza di salvataggi in mare da parte di imbarcazioni delle Ong (passata dal 1% del 2014 al 41% nel 2017), assieme alla tendenza di queste ultime a operare nei pressi delle acque territoriali libiche (come rilevato dall’agenzia europea Frontex), possano aver spinto un maggior numero di migranti a partire, aumentando di conseguenza il numero di sbarchi.

Ma i dati in realtà mostrano che non esiste una correlazione tra le attività di soccorso in mare svolte dalle Ong e gli sbarchi sulle coste italiane. A determinare il numero di partenze tra il 2015 e oggi sembrano essere stati dunque altri fattori, tra cui per esempio le attività dei trafficanti sulla costa e la “domanda” di servizi di trasporto da parte dei migranti nelle diverse località libiche”

Credit: ISPI

Il caso Aquarius

Domenica 10 giugno il ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, non ha concesso l’autorizzazione alla nave Aquarius della flotta della Ong Medici Senza Frontiere di fare ingresso in un porto italiano.

A bordo si trovano 629 migranti, tra cui 123 minori non accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte.

Il governo italiano ha chiesto a Malta di occuparsi del soccorso.

Vanessa Frazier, ambasciatrice di Malta in Italia, intervistata da TPI ha risposto che l’operazione “non è di sua competenza”.

I sindaci di diverse città italiane, tra cui Palermo, Napoli e Taranto, si sono schierati contro la decisione del ministro Salvini e si sono detti pronti ad accogliere nei loro porti la nave.

La Aquarius, prima rifiutata dall’Italia e poi da Malta, nella tarda mattinata di lunedì 11 giugno, è rimasta diverse ore a metà strada fra in due paesi. Qui le testimonianze dalla nave.

Nel pomeriggio di lunedì 11 giugno il governo della Spagna si è offerto di accogliere la nave e i migranti nel porto di Valencia.

Ma nella tarda serata Sos Mediterranée, cui appartiene la nave, ha fatto sapere che ritiene Valencia troppo lontana e che le condizioni delle persone a bordo non sono adatte a un viaggio del genere.

Di conseguenza, ha invitato le autorità italiane a trovare una soluzione.

Nella mattinata di martedì 12 giugno, si è deciso che una parte dei migranti a bordo della nave Aquarius saranno trasferiti in Spagna a bordo di due navi italiane.

La nave è giunta a Valencia nella mattina del 17 giugno 2018.

Qui il reportage di TPI.it sul lungo viaggio di Aquarius raccontato dai soccorritori sbarcati a Valencia.

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