Chi deve accogliere i migranti dell’Aquarius tra Italia e Malta? Salvini può chiudere i porti? 6 risposte
Malta ritiene che il caso dell'Aquarius non è di sua competenza, mentre Salvini vuole chiudere i porti italiani. Ecco sei risposte per fare chiarezza su quanto sta accadendo
Domenica 10 giugno il ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, non ha concesso l’autorizzazione alla nave Aquarius, in navigazione nel Mediterraneo con 629 migranti a bordo, di fare ingresso in un porto italiano (qui la diretta con tutti gli ultimi aggiornamenti su Aquarius).
Il titolare del Viminale ha scritto in merito una lettera urgente alle autorità maltesi per comunicare che il porto della Valletta è quello “più sicuro”, dunque spetta a loro concedere il via libera all’attracco. Ecco la rotta della nave Aquarius in tempo reale.
Le autorità maltesi hanno immediatamente risposto a Salvini sostenendo che l’accoglienza della nave Aquarius “non è loro competenza”.
Vanessa Frazier, ambasciatore di Malta in Italia, intervistata da TPI ha detto che “l’operazione SAR (search and rescue) nel Mediterraneo è avvenuta nella SAR libica coordinata dal centro MRCC di Roma. Per cui è assolutamente escluso che i migranti debbano essere sbarcati a Malta”.
Ma come stanno effettivamente le cose?
1) Chi deve coordinare le operazioni di soccorso nel Mediterraneo?
Nella conferenza IMO (International Maritime Organization) tenuta nel 1997 a Valencia, è stata stabilita una suddivisione del Mediterraneo in diverse aree di responsabilità. Quella dell’Italia copre circa un quinto del Mediterraneo.
Nelle rispettive aree di responsabilità, secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Amburgo (1979), gli stati sono obbligati a garantire un servizio di SAR (Search and Rescue), ovvero di assistenza e salvataggio di persone in pericolo di vita.
Il problema è che la Libia, pur avendo ratificato la Convenzione, non ha definito una sua specifica area di responsabilità per le operazioni di SAR. Ciò significa che l’area del mar libico è priva di un soggetto statale obbligato dalla legge ad intervenire.
Chi si occupa degli interventi nelle acque territoriali libiche è quali sempre l’Italia, attraverso il centro l’MRCC (Maritime rescue coordination centre) di Roma.
2) Qual è il comportamento di Malta?
Anche Malta, come gli altri stati del Mediterraneo, in seguito alla ratifica della Convenzione di Amburgo è responsabile delle operazioni di SAR in una determinata area del Mediterraneo. Tuttavia, Malta si avvale spesso della cooperazione dell’Italia per le operazioni di pattugliamento nella sua area di responsabilità.
Non solo, ma il coordinamento SAR maltese spesso non risponde alle richieste di soccorso delle imbarcazioni che la contattano. Di conseguenza, le stesse imbarcazioni si rivolgono poi al coordinamento SAR italiano, che a quel punto gestisce l’intervento di salvataggio.
3) Una volta completata l’operazione di salvataggio, dove vanno sbarcati i migranti?
Lo stato che ha coordinato le operazioni di soccorso deve poi occuparsi di stabilire quale sia il “porto sicuro” più vicino. Sempre la Convenzione di Amburgo, infatti, stabilisce che le persone salvate in mare devono essere condotte nel porto sicuro più vicino.
Se, quindi, l’intervento di salvataggio viene effettuato sotto il coordinamento dell’MRCC di Roma, e quindi dell’Italia, sarà l’Italia stessa a stabilire quale sia il porto sicuro più vicino dove far sbarcare i migranti.
4) Da dove nasce il contenzioso tra Malta e l’Italia
Sulla base di quanto visto sopra, l’Italia ritiene che i migranti non vadano fatti sbarcare necessariamente nello stato che si è preso in carico il coordinamento delle operazioni di salvataggio. Prevarrebbe, insomma, il principio del porto sicuro più vicino, che l’Italia in questo caso avrebbe comunque la facoltà di stabilire (anche se non si tratta di un porto italiano).
Per Malta, invece, la competenza sullo sbarco dei migranti è totalmente a carico del paese che ha coordinato le operazioni di salvataggio.
5) Si possono chiudere i porti come vuole fare Salvini?
Il singolo stato ha la facoltà di chiudere i porti impedendo l’accesso alle navi delle Ong.
Tuttavia, se su quelle stesse navi vi sono persone in pericolo o che necessitano di assistenza immediata e di cure mediche urgenti, il rifiuto di farle attraccare nel proprio paese può comportare la violazione di convenzioni internazionali sui diritti umani come la Convenzione di Ginevra e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
6) Ci sono dei precedenti in Italia?
Non esistono precedenti di chiusura nei porti alle navi delle Ong nel nostro paese. Nel 2017, il ministro dell’Interno Minniti valutò l’ipotesi di non consentire l’accesso ai porti alle Ong che non battevano bandiera italiana.
Non si arrivò però a una decisione effettiva in questo senso.