Siria, 100 morti nell’attacco con armi chimiche su Douma: Trump minaccia una dura reazione
Il bilancio dell'Organizzazione mondiale della sanità: nell'attacco sono more almeno 100 persone, gli Usa puntano il dito contro Mosca, che però nega ogni responsabilità
Siria, USA-Russia: Trump minaccia l’intervento militare con missili. Qui tutti gli ultimi aggiornamenti in tempo reale
Almeno 100 persone sono morte e altre mille sono rimaste ferite il 7 aprile 2018 in un presunto attacco chimico avvenuto a Douma, una delle ultime roccaforti in mano ai ribelli nel Ghouta orientale, in Siria.
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), le armi chimiche hanno colpito 500 le persone.
Peter Salama, vicedirettore generale dell’Oms per le emergenze, ha chiesto “un accesso immediato e senza ostacoli all’area per fornire assistenza alle persone colpite, per valutare gli impatti sulla salute e fornire una risposta sanitaria globale”.
Il 9 aprile il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha condannato “l’atroce attacco chimico” avvenuto in Siria e ha affermato che avrebbe preso una decisione sulla risposta americana entro 24-48 ore.
Parlando ai giornalisti, Trump ha detto: “Non possiamo permettere atrocità del genere” aggiungendo di non aver mai avuto dubbi su chi ci fosse dietro il presunto attacco chimico.
“Se è stata la Russia, o la Siria, o l’Iran, o tutte queste nazioni in sinergia tra loro, lo scopriremo comunque presto. Ci stiamo occupando della questione molto da vicino”, ha detto Trump, con il suo nuovo consigliere per la sicurezza nazionale, il “falco” John Bolton, seduto dietro di lui.
“Le immagini che sono state diffuse sono atroci. Siamo molto preoccupati per quello che sta avvenendo. È una questione di umanità, stiamo parlando di umanità”, ha concluso il presidente degli Stati Uniti.
Nella giornata di domenica 8 aprile, Trump ha parlato al telefono con Emmanuel Macron e i due presidenti hanno concordato sulla necessità di “coordinare una risposta forte e congiunta”, come riporta la Casa Bianca.
La Russia ha replicato che un eventuale attacco alla Siria potrebbe portare a “gravi ripercussioni”.
Vassily Nebenzia, ambasciatrice di Mosca alle Nazioni Unite, si è lamentata del fatto che “la Russia viene minacciata in modo imperdonabile”.
“Non c’è stato alcun attacco di armi chimiche”, ha detto Nebenzia. “Attraverso i canali pertinenti abbiamo già informato gli Stati Uniti che un attacco sotto mendace pretesto contro la Siria potrebbero portare a gravi ripercussioni”.
L’attacco con armi chimiche a Douma
Almeno 100 persone sono morte e mille ferite in un attacco chimico a Douma, una delle ultime roccaforti in mano ai ribelli nel Ghouta orientale, in Siria.
Lo riportano fonti mediche e sanitarie, mostrando le immagini di decine di corpi trovati senza vita nei rifugi e negli scantinati della città. I Caschi Bianchi siriani, organizzazione composta da oltre 2mila volontari che dal 2013 a oggi ha salvato oltre 60mila vite umane, hanno riferito che il bilancio delle vittime potrebbe aumentare.
Cosa sappiamo finora dell’attacco con armi chimiche a Douma
La maggior parte delle vittime sono donne e bambini, secondo i soccorritori. Come sempre in questi casi, il numero delle vittime varia a seconda delle fonti. Ong altri operatori riportano fino a 100 vittime, uccise dai gas per soffocamento.
Non c’è stata tuttavia ancora una conferma verificata e indipendente circa il fatto che quest’ultimo attacco sia avvenuto con materiale chimico. Il governo siriano, e la Russia, hanno definito la notizia una farsa, sostenendo che sia stata fabbricata ad hoc dai ribelli.
Gli Stati Uniti, nonostante tutto, puntano il dito proprio contro Mosca, che “con il suo incessante sostegno verso il governo siriano detiene la responsabilità” dei presunti attacchi chimici in Siria.
In un tweet il presidente americano, Donald Trump, ha puntato il dito contro il suo omologo russo, Vladimir Putin, e contro l’Iran e ha definito il presidente siriano Bashar al-Assad un “animale”, annunciando che “ci sarà un alto prezzo da pagare”.
“Un altro disastro umanitario senza senso”, ha commentato Trump, che ha quindi esortato ad aprire la zona “immediatamente ai soccorsi e alle verifiche”.
Questo attacco, se verificato, sarebbe l’ultimo di una serie verificatosi con gas e materiali chimici nel Ghouta orientale, che già in passato aveva subito raid al gas sarin e cloro.
In questi giorni, decine di migliaia di civili (compresi i ribelli) avevano iniziato a lasciare la parte orientale del Ghouta, sotto incessanti bombardamenti da parte del governo siriano di Bashar al-Assad, con il sostegno militare delle forze aeree russe.
I Caschi bianchi siriani, che hanno testimoniato l’accaduto in questo ultimo attacco chimico, sono sul fronte dal 2013 per tentare di salvare il più alto numero di vite umane. Qui abbiamo raccontato chi sono, cosa fanno e come si finanziano. Mentre in questo reportage sul campo, Giovanna Loccatelli ha visitato per TPI la sede dei Caschi bianchi a Istanbul, dove vengono addestrati i volontari che rischiano la vita per salvare i civili sotterrati dalle macerie dei bombardamenti. Leggi l’articolo.
Il governo siriano ha già utilizzato armi chimiche? I precedenti
Nell’agosto del 2013 un altro attacco chimico nel Ghouta orientale provocò la morte di centinaia di persone in seguito. In quella occasione, una missione delle Nazioni Unite confermò l’uso del gas sarin da parte del governo siriano, e questa fu la versione ufficiale annunciata anche dalle altre potenze occidentali, nonostante la denuncia da parte di alcune Ong secondo cui anche queste ultime potessero essere state coinvolte.
Proprio un anno fa, nell’aprile del 2017, oltre 80 persone morirono in un attacco chimico sulla città controllata dai ribelli di Khan Sheikhoun, in provincia di Idlib. Anche in quella occasione, un panel dell’Onu ritenne il governo siriano responsabile dell’atrocità. Tuttavia diverse versioni sulla dinamica dell’attacco. furono considerate prima di arrivare a un verdetto finale. • Qui abbiamo spiegato Cos’è un bombardamento chimico e come ti uccide
Chi sono i Caschi bianchi in Siria, e cosa fanno
Si contraddistinguono sul fronte di guerra siriano per il loro casco bianco, una sorta di uniforme divenuta in questi anni di duro conflitto un vero e proprio segno distintivo. Generalmente, ne fanno parte membri della società civile come sarti, panettieri, insegnanti, ingegneri e anche studenti. Provengono da ogni ceto sociale. Tutti uniti in un’unica missione, ovvero salvare le vite umane da sotto le macerie dei bombardamenti e dalla violenza della guerra in Siria.
Quando le bombe iniziano a cadere, i Caschi bianchi in Siria sono i primi ad accorrere sul luogo preso di mira. I White Helmets – Caschi bianchi, appunto – sono collegati alla cosiddetta Difesa civile siriana e sono attivi dal 2013. In particolare quest’ultima è spesso sotto accusa per presunti legami con gruppi estremisti e per la provenienza dei finanziamenti che riceve. Tuttavia, il gruppo dei caschi bianchi negli ultimi tre anni di conflitto finora ha salvato oltre 60mila vite umane.
Tra le loro fila si contano circa 2890 volontari, tutti siriani, presenti in 119 centri e distribuiti in otto aree governative della Siria. Essi sono attivi in prevalenza nelle zone assediate o nelle aree dove non arrivano più rifornimenti di cibo, medicine o benzina, soprattutto a Damasco, Homs e Aleppo.
Oltre a recuperare vite umane da sotto i detriti dei palazzi crollati, i caschi bianchi forniscono servizi pubblici a quasi 7 milioni di persone. Il loro motto è tratto dal Corano e recita così: “Salvare una singola vita per salvare tutta l’umanità”. Finora sono 132 i volontari rimasti uccisi sotto i bombardamenti. • Come si finanziano? Leggi qui l’articolo completo.
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