Giulio Regeni fu pedinato e rapito alla stazione metro del Cairo
Emergono i primi nomi degli ufficiali coinvolti nella morte del ricercatore friulano e nuovi particolari sulla sua scomparsa
C’è chi parla di nove, chi di almeno cinque uomini degli apparati di sicurezza egiziani coinvolti nella morte del ricercatore friulano Giulio Regeni, il cui corpo senza vita venne ritrovato alla periferia del Cairo il 3 febbraio 2016.
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Questo è quanto emerge dai nuovi elementi probatori consegnati dal team investigativo egiziano che lavora alle indagini.
“È un inizio, è già importante che si cominci a discutere di questi nove ufficiali, ma c’è molto di più e bisogna attendere”, racconta la nostra fonte a TPI.
Il 21 dicembre, le due procure si sono confrontate per un nuovo scambio di atti e informazioni.
Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il suo sostituto, Sergio Colaiocco, con il procuratore della Repubblica araba d’ Egitto Nabel Sadek hanno avuto un incontro al Cairo.
Una riunione concordata che ha fatto seguito alle dichiarazioni dei politici di entrambi i paesi sulla volontà di ottenere nuove informazioni sulla morte di Giulio.
Nella nota congiunta diffusa al termine della riunione, si legge: “Nel corso dell’incontro i magistrati hanno proceduto a una approfondita disamina dei nuovi elementi che i due uffici si sono scambiati. Vi è stato inoltre un aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori della società incaricata del recupero dei video della metropolitana del Cairo”.
Gli uomini della sicurezza egiziana hanno sorvegliato e seguito Giulio fino alle sue ultime ore di libertà.
Giulio venne pedinato e prelevato alla stazione metro di Gamal Abdel Nasser e condotto alla stazione di polizia di Izbakiya.
Secondo quanto riporta Reuters, dopo essere stato trattenuto alla stazione di polizia per 30 minuti, Giulio venne trasferito in un complesso di sicurezza di stato gestito da Homeland Security.
La Homeland security è l’altro nome di Al-Amn al-Watani, ossia i servizi segreti del Ministero degli Interni egiziano, diretti dal generale Khaled Shalaby, che si sospetta sia uno dei nove ufficiali coinvolti nel caso, anche se il suo nome per ora non è emerso.
Nello specifico, si tratta dell’uomo che potrebbe aver ordinato il sequestro di Giulio Regeni.
Le fonti riportate da Reuters non chiariscono cosa sia successo a Regeni in seguito al suo trasferimento al complesso di sicurezza dello stato.
Il Ministero degli Interni egiziano ha sempre, categoricamente, negato che le autorità egiziane siano state coinvolte nell’omicidio di Regeni, dichiarando il rapporto Reuters come “infondato” e “falso”.
Gli altri nomi emersi dai nuovi elementi probatori, riguardano il maggiore Magdi Ibrqaim Abdlaal Sharif, il capitano Osan Helmy, il colonnello Mahmud Handy e altre sei persone.
Il nome di Magdi Ibrqaim Abdlaal Sharif non è nuovo: TPI ne parlava già lo scorso agosto.
Sharif è il militare che teneva i contatti con l’ex capo del sindacato autonomo dei venditori ambulanti Mohammed Abdallah, il quale aveva intrecciato i rapporti con Regeni per la sua ricerca sul campo e che voleva incastrarlo per venderlo agli apparati egiziani attraverso una denuncia sfociata in controlli sempre più serrati.