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Cosa significa il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele?

Immagine di copertina
Gerusalemme vista dal Monte degli Ulivi. Credit: Laura Melissari

La decisione storica voluta da Trump porta con sé critiche e conseguenze pesanti per l'intera regione mediorientale. Ma perché questo riconoscimento ha una portata così grande? TPI ha provato a spiegarlo

Il 6 dicembre 2017 Donald Trump ha annunciato ufficialmente il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele, aggiungendo che presto l’ambasciata statunitense sarà trasferita da Tel Aviv a Gerusalemme.

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Si tratta di una decisione storica, che porta con sé una scia di pesanti critiche da parte della comunità internazionale, la quale sostiene che la decisione non farà altro che allontanare la prospettiva di una pace duratura e fa sprofondare il Medio Oriente nell’ennesima crisi.

Il leader di Hamas, il movimento palestinese che governa la Striscia di Gaza, ha affermato che la decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele è una “dichiarazione di guerra contro i palestinesi” e ha chiesto una nuova “intifada”, o rivolta.

La parte orientale di Gerusalemme è stata occupata dallo Stato di Israele nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, e nel 1980 il parlamento israeliano, la Knesset, approvò una legge fondamentale che proclamava unilateralmente “Gerusalemme, unita e indivisa capitale di Israele”.

Quella legge costituzionale fu definita però nulla e priva di validità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nella risoluzione 478. Fu considerata una violazione del diritto internazionale e un serio ostacolo al raggiungimento della pace in Medio Oriente.

È per questo che nessun paese ha la propria ambasciata a Gerusalemme, avendo tutti stabilito la sede diplomatica a Tel Aviv. Furono gli Stati Uniti, nel 1995, con una legge approvata dal Congresso, a decidere di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e di spostarvi l’ambasciata.

Dal 1995 ad oggi però nessun presidente americano ha mai approvato il trasferimento. La legge consente di rinviare la decisione ogni sei mesi, e così è stato fatto da tutti i presidenti in carica da quella data: Clinton, Bush, Obama e lo stesso Trump, fino al 6 dicembre 2017.

Un passo indietro per capire come siamo arrivati fin qui

Per secoli Gerusalemme fu sotto il controllo ottomano. Con la Prima guerra mondiale si ebbe la sconfitta e il crollo dell’impero Ottomano, la regione passò sotto il controllo della Regno Unito con il Mandato britannico sulla Palestina, frutto degli Accordi Sykes-Picot del 1916, che durò dal 1920 al 1948.

Nel 1947 arrivò la “risoluzione Onu 181”, che proponeva la divisione del territorio palestinese fra due stati, uno ebraico, l’altro arabo, con Gerusalemme sotto controllo internazionale delle Nazioni Unite.

Gli arabi si ribellarono a tale piano, dando inizio a una serie di conflitti, il primo dei quali nel 1948, dal quale uscì vittorioso Israele. Gerusalemme allora venne divisa in due parti: la parte ovest agli israeliani e la parte est alla Giordania. Della parte est fa parte anche la città vecchia.

Nella città vecchia di Gerusalemme, delimitata da antiche mura e a cui si accede da alcune porte, sono presenti in meno di un chilometro quadrato alcuni dei luoghi più ricchi di significato religioso per cristiani, ebrei e musulmani, come il Monte del Tempio, il Muro del pianto, la Basilica del Santo Sepolcro, la Cupola della Roccia e la Moschea al-Aqsa.

Come conseguenze del conflitto del ’48, tra Gerusalemme ovest e Gerusalemme est venne tracciato il confine della ‘Green Line’. Ma nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, Israele conquistò e annesse Gerusalemme est, dove vivevano gli arabi, portando, alcuni anni più tardi, alla legge fondamentale su Gerusalemme, unita e indivisa capitale di Israele.

Solo alla luce di questi passaggi storici si può capire perché lo status di Gerusalemme è uno degli aspetti più difficili sui quali negoziare l’accordo di pace in Medio Oriente.

Cosa significa la controversa mossa di Trump per i giocatori chiave dello scacchiere mediorientale?

Per la pace

Il processo di pace, rianimato a più riprese da più di 30 anni, e fallito l’ultima volta nel 2014 con Kerry segretario di stato, ha subito un nuovo pesante colpo dopo il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele. La comunità internazionale – a parte gli Stati Uniti – è unita nel dire che si tratta di una mossa disastrosa per le speranze di rilanciare il processo, attualmente fermo. Lo status di Gerusalemme è una delle questioni cardine, probabilmente la più spinosa in assoluto, che diplomatici e negoziatori non sono mai riusciti ad affrontare.

Per i palestinesi

La decisione di Trump per i palestinesi significa l’allontanamento della prospettiva di veder riconosciuta Gerusalemme est come capitale di un futuro stato palestinese indipendente.

I gruppi armati più agguerriti, ma non solo loro, si sono già dichiarati pronti a combattere e a rilanciare l’intifada, la rivolta del popolo palestinese contro la presenza degli israeliani in Palestina. La prima intifada avvenne nel 1987, la seconda nel 2000 e la terza, meglio conosciuta come l’intifada dei coltelli, nel 2015.

Per Israele

La mossa di Trump ha galvanizzato il governo israeliano, guidato da Netanyahu. Da quando Gerusalemme est è stata annessa a Gerusalemme ovest nella guerra di sei giorni del 1967, Israele ha rivendicato la città come capitale “eterna e indivisibile” e ha chiesto a gran voce un riconoscimento internazionale.

Gli Stati Uniti sono il primo importante paese a fare questo grosso riconoscimento. La decisione ha reso entusiasti anche i 200mila israeliani che vivono negli insediamenti della Gerusalemme est, considerati illegali dal diritto internazionale.

Per i paesi vicini

Il riconoscimento di Gerusalemme destabilizzerà l’area. Per la Turchia la decisione sta “gettando la regione e il mondo in un fuoco senza fine”. La Turchia ha detto inoltre che potrebbe tagliare i legami diplomatici con Israele.

I sauditi, storici alleati degli Stati Uniti nella regione, ritengono che la mossa danneggi gli sforzi continui di Riyadh per ravvivare il processo di pace. I paesi arabi che confinano con Israele, Egitto, Giordania, Libano e Siria, hanno tutti condannato la mossa.  Il re di Giordania Abdullah II aveva chiesto a Trump di fermarsi in tempo.

Per l’Europa

La maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale è allarmata dal riconoscimento degli Stati Uniti di Gerusalemme come capitale di Israele. Gli analisti si stanno chiedendo se e in che modo l’Unione europea prenderà provvedimenti e interverrà nella spinosa questione.

La prima reazione a livello europeo è giunta dalla Repubblica Ceca. Il ministero degli Esteri ha fatto sapere di aver riconosciuto Gerusalemme come capitale ufficiale di Israele, ma che la città sarà riconosciuta in futuro anche come capitale dello stato palestinese.

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