Il giorno in cui ho detto al mondo che ero gay: sei storie di chi ha fatto coming out
Una serie di storie, raccolte nel progetto Celebrate yourself di Alice Arduino, raccontano il momento in cui alcune persone hanno deciso di dire al mondo chi erano veramente
Celebrate yourself è un progetto che nasce con l’obiettivo di raccontare il mondo e la comunità Lgbt, per scoprire cosa si cela dietro l’etichetta gay, lesbica, bisessuale, transessuale.
Sono le storie dei singoli, coppie e famiglie omogenitoriali con figli avuti da una inseminazione artificiale o da precedenti relazioni. La finalità è di sensibilizzare maggiormente coloro che ancora guardano con diffidenza al mondo gay e aiutare altri ragazzi/e a fare “coming out” attraverso l’esempio personale degli intervistati, così da poter vivere sé stessi felici e liberi.
LE STORIE
Michele e Massimiliano
Michele ha 67 anni e Massimiliano 39 e si sono conosciuti per caso in una sauna gay. Massimiliano rimane colpito dagli occhi e dalla parlantina, Michele, affascinato dalla timidezza del giovane e dal fatto che abbia chiesto di parlare in un luogo così insolito. La differenza d’età ha creato spesso voci negative sulla loro relazione ma Massimiliano ci tiene a ribadire che “non è un fattore limitante”. Non a caso, stanno insieme da 10 anni.
Michele è in pensione da due anni ma prima era un insegnate universitario di medicina legale. È divorziato ma ha mantenuto un buon rapporto con la moglie. Quando decide di fare coming out lo racconta prima alla figlia, poi alla ex e agli amici più cari. Al lavoro non ha mai detto nulla di sé, ha aspettato di allontanarsi da quell’ambiente per poi comunicarlo a tutti il giorno della sua unione civile: “Lo dovevo a me stesso!”. Rivelare la sua relazione compromette anche l’amicizia con un caro amico, durata 30 anni. Quando lui inizia a fare “commenti di basso livello”, decide di chiudere ogni tipo di rapporto definitivamente.
Massimiliano è un fisioterapista e si occupa di pazienti geriatrici. È campano, trasferitosi a Torino per lavoro. Nasconde la sua omosessualità ai familiari per quasi 40 anni e decide di rivelarsi il giorno prima delle nozze. Per i parenti è uno shock e solo col tempo riusciranno ad accettarlo. Al lavoro si confida con una collega con cui instaura, in seguito, una relazione di amicizia. “È stata una grande liberazione. Finalmente non dovevo più mentire su cosa facevo la sera o con chi uscivo!”.
In pubblico non hanno dimostrazioni d’affetto. Sono molto riservati e a Massimiliano non piace essere additato come “fenomeno” ed essere osservato. “Se passassi più inosservato lo farei” dichiara. Insieme hanno vissuto un episodio di discriminazione nel loro viaggio in Jamaica. Qui ricevono alcuni insulti. Michele reagisce con ostilità, mentre Massimiliano preferisce lasciar perdere per non rovinare la vacanza.
Il libro preferito di Max è “Cent’anni di solitudine”, ama la pellicola “I ponti di Madison Country” e “Il silenzio degli innocenti”. Gioca a calcio a 5 e gli piace Tiziano Ferro. Michele, invece, ascolta la musica classica, soprattutto Chopin e il suo film preferito è “A qualcuno piace caldo”.
Insieme guardano varie serie tv come “The Orange is the news black”, “Dexter”, “Prison Black” e “Games of Thrones”.
Per la loro unione civile hanno organizzato le cose in grande: affittano il Teatro Carignano e fanno una cerimonia della durata di 1 ora 30 circa. Realizzano un evento a sorpresa aperto a tutti, richiedono l’abito da cerimonia per gli invitati. Attraverso la musica classica in sottofondo, come “La forza del destino” di G. Verdi”, “Cavalleria Rusticana”, la “Carmen” e “La Gazza Ladra” di Rossini creano un crescendo di emozioni. Durante la cerimonia vi è la lettura di poesie e un video che narra la loro storia d’amore: “Volevamo un evento unico, un ricordo indelebile e coinvolgente” dice Michele.
Chiara
Chiara ha 33 anni, ha una laurea in ingegneria biomedica e lavora per una azienda milanese che si occupa di case farmaceutiche e ospedali. Nel 2016 è stata eletta Consigliera Comunale del Partito Democratico di Torino ed è lesbica dichiarata.
Chiara ha sempre fatto la volontaria all’interno della comunità lgbt soprattutto nel Coordinamento Torino Pride e continua a lavorare in Comune su queste tematiche, occupandosi di diritti 360 gradi. Il suo obbiettivo è quello di essere un punto di riferimento non solo per la comunità lgbt ma anche nel mondo della cultura. “La politica ha il grosso dovere di informare e formare i cittadini. Le istituzioni hanno il compito di puntare su questo”.
Il suo coming out arriva nel 2009, all’età di 25 anni quando, dopo aver avuto diverse relazione con uomini, conosce e si innamora di Serena. Il sentimento è forte e vanno a convivere, una relazione lunga 3 anni, che però la porta ad incrinare il rapporto con la madre a tal punto da non parlarsi per diverso tempo: “Il mio problema non era solo che accettasse Serena come mia fidanzata, ma accettasse me stessa, sua figlia, come donna lesbica”.
“Quando si capisce di essere gay non bisogna urlarlo per strada. Bisogna fare un percorso, accettarsi ed essere sereni con sé stessi così da poter prendere coraggio e camminare a testa alta ogni giorno. Devi diventare forte e determinato così da essere inscalfibile”. Sono i piccoli gesti che fanno uscire allo scoperto e ti mettono nelle condizioni di confrontarti ogni giorno con il mondo reale. Quello che è scontato per due persone eterosessuali può non esserlo per due omosessuali. L’avvicinarsi al mondo dell’associazionismo la aiuta, inizia le sue battaglie quotidiane, dal prenotare una camera con letto matrimoniale per le vacanze insieme alla fidanzata ad uscire mano nella mano senza vergogna. “Nella vita ho trovato molte persone che mi sono state accanto ma con altre ha chiuso i rapporti, allontanandomi”.
Chiara scherza e quando le chiedo il suo libro preferito dice: “Il regolamento del Consiglio Comunale di Torino. È illuminante!” Allo stesso modo racconta di come ha amato il cartone animato Dumbo e Le Fate Ignoranti di F. Ozpetek. Adora la musica classica di Ryuichi Sakamoto e quando riesce si dedica alla lettura di Haruki Murakami, Banana Yoshimoto e guarda le serie tv Greys Anatomy e The Young Pope.
Come sport ha praticato equitazione e tavola e spera di riuscire a trovare del tempo per dedicarsi nuovamente a queste attività. Oggi il rapporto con la madre è buono, in famiglia si parla di omosessualità con tranquillità e attualmente convive con una compagna che ha una figlia.
Per il futuro non ha dubbi: “Continuerò a fare il mio lavoro a Milano e in Consiglio Comunale. Mi sta dando molte soddisfazioni e quando ricevo dei complimenti da chi mi ha votato, sento che il mio impegno è ripagato dalla fiducia delle persone”.
Gabriele
Gabriele ha 36 anni ed è un agente di polizia locale. Ama leggere le tragedie di Shakespeare ed Hemingway; adora Denzel Washington e Meryl Streep e il suo film preferito è “La valle dell’eden” con James Dean. Non pratica sport ma segue il baseball locale tifando la squadra dei Grizzlies di Torino.
È vicepresidente della associazione Polis Aperta, nata 12 anni fa in maniera quasi clandestina, sulla spinta delle forze di polizia europee. In Italia non esisteva e decide di fondarla insieme ad alcuni colleghi. Le prime riunioni sono quasi segrete ma con il tempo iniziano ad aprirsi, a testare le reazioni del dipartimento fino ad avere l’autorizzazione del Comandante e partecipare in uniforme al Gay Pride europeo di Amsterdam e ad una conferenza mondiale lgbt per rappresentare l’Italia nelle forze di Polizia.
Dopo il suo coming out, alcuni colleghi si mostrano interessati e gli pongono domande sul suo orientamento e sulla comunità lgbt; altri lo criticano, sostenendo che potrebbe evitare di ostentare la sua omosessualità a lavoro. A loro ha sempre risposto: “Io non ostento il mio orientamento. Come tu puoi raccontare cosa hai fatto ieri a casa con tua moglie, voglio poter fare lo stesso parlando del mio compagno”.
Gabriele racconta un episodio di omofobia subito al lavoro. Era in turno allo sportello mentre parlava con una cittadina musulmana, quando un collega gli si avvicina, gli tocca la testa e dice: “Allora finocchio tutto bene?”. Lui si alza, va dal collega e lo riprende, non solo per averlo insultato, ma anche per averlo fatto davanti ad un cittadino mancando di rispetto alla divisa e al ruolo istituzionale che ricopriva. Successivamente si rivolgerà al comandante che avvierà una sanzione disciplinare nei suoi confronti. “Spesso accade nelle caserme che i colleghi tra di loro si chiamano “Finocchio”. Questo non va bene, non solo perché si manca di rispetto a chi è omosessuale, ma anche verso i cittadini che possono ascoltare. Se un agente delle forze dell’ordine si permette di insultare qualcuno come può quest’ultimo difendere un cittadino da un attacco omofobo?”
Polis Aperta ha varie sedi in tutta Italia ed è composta anche da colleghi eterosessuali che condividono e lottano per i diritti, sfilando al Pride in divisa. Oggi, grazie anche all’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) è possibile fare denunce per omotransfobia o per stalking, cosa che avviene anche all’interno delle coppie omosessuali, ma per paura di essere discriminati questi atti non vengono denunciati, subendo due volte una situazione di disagio e paura.
Gabriele suggerisce ai colleghi poliziotti che non hanno fatto coming out di uscire allo scoperto, non solo perché è liberatorio ma anche perché esiste una struttura che tutela le forze dell’ordine. “Polis Aperta nasce come risposta all’ abuso che la polizia fece a New York ai Moti di Stonewall del ‘69. Oggi viviamo al fianco della comunità e siamo impegnati a tutelarla”.
Il suo desiderio è quello di potersi sposare con il compagno. Per questo ha chiesto al comandante la possibilità di farlo in divisa e Il 17 luglio è riuscito a coronare il suo sogno unendosi insieme a Cris.
La loro è la prima unione civile omosessuale in divisa in Italia.
Simone
Ha 39 anni, di origine siciliana è laureato in Scienze politiche. Vince un concorso pubblico a tempo indeterminato che poi lascia per fondare una compagnia teatrale in cui attualmente lavora di nome Tedacà. Crede che l’arte sia un mezzo di espressione dell’umano e sia come attore che come regista si impegna per rappresentare temi che possano portare a riflettere i singoli sulla vita.
Il suo coming out con i genitori lo dice mentre vive a Firenze e ricorda con un affetto l’abbraccio che gli viene dato. Vive questo momento con liberazione. Crede che “chi ti ama ti accetta e ti vuole bene”.
Attualmente vive con un compagno da un anno, il quale ha due figlie avute da una precedente relazione. Le ragazze conoscono Simone e il rapporto tra loro è ottimo. Da qualche mese hanno vissuto un episodio di discriminazione nella ricerca di una casa in affitto, scoppiato come caso mediatico su tutti i giornali: “Volevamo cercare una casa più grande, con una stanza in più, adatta ad ospitare le ragazze”. Ma quando la trovano la proprietaria scopre che sono una coppia gay e non riconosce la famiglia di Simone come una tradizionale, negandogli l’appartamento. Scoppia un caso mediatico e Simone e Michele compaiono in prima pagina sulle principali testate torinesi. Simone si sente offeso e vorrebbe reagire ma preferisce tacere per non creare problemi alle figlie di Michele che hanno 15 e 20 anni. Come padre acquisito sente la responsabilità di tutelarle, evitandogli di essere oggetto di discriminazioni a scuola o degli amici, soprattutto per la figlia minorenne, più a rischio ad atti di bullismo. “Ho fatto un atto d’amore, ho messo il bene delle ragazze davanti a tutto e per una volta non ho pensato a rivendicare i miei diritti. Creare una famiglia vuol dire dare attenzione e protezione verso due persone che non devono essere messo in imbarazzo e subire ripercussioni per le tue scelte”.
Simone adora il Pride lo vede come un atto di liberazione e affermazione. Prima di fare teatro ha giocato a baseball, ama la cantante Madonna e il cinema neorealista italiano.
È cattolico ma non condivide alcune idee e pensieri dettati dalla Chiesa che non accetta i gay. Come gesto ribelle quando va a messa non prende la comunione.
Il suo sogno è quello di sposarsi in un matrimonio ugualitario in Chiesa e promettere il suo amore al compagno davanti a Dio.
Giulia e Chiara
Giulia ha 28 anni, Chiara 26 e lavorano rispettivamente come estetista e impiegata alle poste.
Si sono conosciute sotto al portone di casa di Chiara mentre Giulia cercava l’indirizzo della cugina. Poche parole fugaci in cui Chiara la aiuta dandole indicazioni. Si perdono di vista ma si ritroveranno presto in una chat per donne. Escono e scoppia il colpo di fulmine!
Il coming out di Chiara è molto particolare: quando perde la testa per Giulia si confida con una amica per poi raccontarlo in famiglia. I genitori hanno una mentalità aperta, frequentano amici omosessuali ma la reazione che hanno è inaspettata: se inizialmente dicono alla figlia che è una fase passeggera e deve provare a stare con un uomo, successivamente iniziano ad insultarla e minacciarla. Il clima diventa teso, decide di andare via di casa e chiude i rapporti con loro.
Giulia, invece, si dichiara a 14 anni parlando al fratello che lo dice ai genitori. La mamma fa difficoltà a comprenderla mentre il padre lo accetta subito. In seguito, questa situazione rafforzerà il rapporto in famiglia e unirà maggiormente Giulia alla madre.
Nell’ambito lavorativo entrambe hanno parlato delle loro rispettive compagne con alcune colleghe e fatto uscite insieme. Chiara e Giulia sono una coppia molto tranquilla, per carattere non hanno grandi manifestazioni d’affetto in pubblico, ma non si negano un bacio se hanno voglia. “È capitato che alcune volte le persone avessero un brutto sguardo o dicessero qualche parola sottovoce mentre ci guardavano, ma nulla di più. Quando capita lasciamo correre” dice Chiara.
Nonostante stiano insieme e convivano da soli 10 mesi hanno le idee chiare: “Io con lei ho trovato l’amore incondizionato. Insieme abbiamo vissuto tante difficoltà, dalla famiglia di Chiara al lutto di mia madre e questo ci ha unito molto. ” dice Giulia. E Chiara rincara: “Giulia è la prima relazione che ho avuto e con lei ho trovato tutto quello che volevo e cercavo”.
Chiara ama il libro “Orgoglio e pregiudizio” e il suo film preferito è “P.S. I Love You”. Giulia adora “La storia infinita” e la pellicola “Pomodori Verdi fritti”. Insieme ascoltano musica pop, canzoni irlandesi e celtiche, cantautori italiani, blues, jazz, rock e hard rock. Vanno sui rollerblade e come hobby creano candele di cera nel tempo libero.
Sognano di trasferirsi per un periodo all’estero; in futuro vorrebbero sposarsi e mettere su famiglia, rimanendo entrambe incinte.
P.s.: Dopo due settimane dall’intervista Giulia ha chiesto a Chiara di sposarla. Ha organizzato una festa a sorpresa in un locale, si è messa in ginocchio e le ha fatto la proposta.
Non hanno fissato ancora le nozze ma pensano di realizzare il loro sogno entro l’anno.
Lillo
Il suo nome è Calogero ma è sempre stato chiamato Lillo. È un bibliotecario, al momento disoccupato e sostiene che il coming out è qualcosa che va fatto ogni giorno perché la società da sempre per scontato l’eterosessualità delle persone.
Prende coscienza della sua attrazione verso gli uomini a 16 anni, ma inizia a dirlo a sé stesso e agli altri a 28. Attualmente è in una fase in cui ancora non si accetta pienamente, probabilmente legato al progetto di vita religiosa e monastica che ha inseguito per tanto tempo.
Lillo ci racconta di come ha vissuto in un monastero per 4 anni e ha avuto una relazione con un altro monaco di nascosto. In quel periodo si sente “falso” agli occhi del suo percorso religioso. Vive la relazione come “la storia della sua vita” per le emozioni e l’intensità, intesa anche come qualcosa di più grande che unisce due persone agli occhi di Dio. Ama profondamente il suo compagno, ma il doversi nascondere e non poter vivere il suo amore alla luce del sole lo porta ad essere in contrasto con sé stesso. Lillo crede che il pensiero divino sia molto più ampio e aperto, basato su pace, amore e rispetto, ma per molti anni ha abbinato la Chiesa e Dio come un’unica entità e scinderle è qualcosa di forte e duro che mette in discussione la sua intera vita.
Decide di abbandonare la vita monastica e lascia il compagno che invece, preferisce continuare a fare il monaco e vivere le sue storie in segreto. Dalla Sicilia si trasferisce a Torino, conoscere altri preti più aperti all’omosessualità e incontra Don Franco Barbero, spretato per la sua apertura verso la comunità lgbt e per il suo modo di pensare fuori dai canoni classici.
Lillo ha passato la maggior parte della sua vita seguendo i principi divini. Oggi, critica la Chiesa perché abbina l’omosessualità alla pedofilia e sostiene le terapie riparative, qualcosa che non solo ritiene profondamente sbagliato, ma che non gli permette di far parte di una comunità che lo rifiuta perché gay.
Al momento è alla ricerca di sé stesso e cerca di far pace con il suo rapporto di Fede che è venuta a mancare.
Ama viaggiare, ha visitato Parigi tre volte e sogna di andare a New York.
Foto e storie di Alice Arduino