Juncker è contrario all’indipendenza della Catalogna
Secondo il presidente della Commissione europea l'esempio della Catalogna potrebbe spingere altre regioni europee a chiedere l'indipendenza. Pochi giorni fa l'ultimatum a Puigdemont del premier spagnolo Rajoy, pronto a far scattare le procedure previste dall'art. 155
Venerdì 13 ottobre, nel corso del suo intervento all’Università del Lussemburgo, il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ha detto di essere contrario all’indipendenza della Catalogna.
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Una possibile secessione potrebbe incoraggiare altre regioni a seguire l’esempio di Barcellona, facendo precipitare l’Unione europea in una situazione estremamente complessa.
Juncker si è detto “molto preoccupato” dalle tendenze separatiste che attraversano l’Europa e ha incoraggiato il primo ministro della Spagna, Mariano Rajoy, a proseguire negli sforzi per mantenere l’unità e risolvere una questione definita “interna”.
Il presidente della Commissione ha detto che un’ipotetica mediazione di Bruxelles, come richiesto dalla Generalitat de Catalunya, non sarebbe possibile senza la volontà di entrambe le parti coinvolte.
Pochi giorni fa il primo ministro della Spagna, Mariano Rajoy, si è detto pronto a far scattare le procedure previste dall’art. 155 della Costituzione dopo aver chiesto formalmente al presidente della Generalitat de Catalunya, Carles Puigdemont, di chiarire le sue posizioni riguardo l’indipendenza della regione autonoma entro le ore 10 di lunedì 16 ottobre.
Nel caso di mancata risposta o di conferma della volontà di dividersi dalla Spagna, il presidente catalano avrebbe altri tre giorni di tempo, fino alle 10 di giovedì 19 ottobre, per un’eventuale marcia indietro.
È questo il piano di Madrid secondo il quotidiano El Pais: un vero e proprio ultimatum per spingere Puigdemont a prendere una posizione precisa dopo che, nel corso del suo intervento al parlamento regionale di Barcellona lo scorso 10 ottobre, aveva dichiarato l’indipendenza della Catalogna per poi sospenderne immediatamente gli effetti “per alcune settimane” e chiedere l’avvio di negoziati al governo centrale.
Madrid ha definito l’intervento di Puigdemont “volutamente confuso” e ha ribadito di non avere alcuna intenzione di discutere riguardo la secessione.
Le possibilità che le disposizioni previste dall’art. 155 della Costituzione iberica vengano applicate crescono. L’attivazione metterebbe fine, almeno temporaneamente, all’autonomia catalana.
Madrid potrebbe inoltre chiudere il Parlament, l’organo che esercita potestà legislativa in Catalogna, e indire elezioni anticipate. Il corpo di polizia regionale dei Mossos d’Esquadra passerebbe agli ordini diretti del ministero dell’Interno spagnolo.
Nel corso del suo intervento al Congresso dei deputati spagnoli nel pomeriggio dell’11 ottobre, il premier Rajoy ha detto che la crisi catalana rappresenta un momento molto grave per la democrazia spagnola e ha definito il referendum del 1 ottobre “illegale”, organizzato per mettere in discussione i principi della democrazia, la tenuta della Spagna e lo statuto catalano.
Rajoy ha criticato duramente la Generalitat de Catalunya, colpevole di aver portato avanti un attacco sleale e pericoloso alla convivenza pacifica di tutti i cittadini.
Nel corso di una conferenza stampa Pedro Sánchez, segretario del Partito socialista spagnolo (PSOE), si è espresso favorevolmente sulle dichiarazioni di Rajoy e ha annunciato di aver raggiunto un accordo con il governo riguardo una possibile riforma costituzionale entro i prossimi sei mesi. La riforma cambierebbe il modo in cui le province autonome della Spagna sono governate.
Un comitato avrà il compito di studiare per sei mesi la normativa con cui sono regolate attualmente le autonomie, successivamente il parlamento spagnolo discuterà la riforma. Sánchez ha appoggiato inoltre la richiesta di chiarezza proveniente da Rajoy.