Cosa succede ora che la Catalogna ha dichiarato l’indipendenza
Il parlamento della Catalogna, nella seduta di venerdì 27 ottobre 2017, ha dichiarato l’indipendenza dalla Spagna. Cosa avverrà adesso?
Il parlamento della Catalogna, nella seduta di venerdì 27 ottobre 2017, ha dichiarato l’indipendenza dalla Spagna.
La mozione è passata con 70 voti a favore, 10 contrari e due astenuti. I deputati del Partito socialista, del Partito popolare e di Ciudadanos hanno lasciato l’aula prima del voto.
Come diretta, risposta, la camera alta del parlamento spagnolo ha autorizzato il governo del primo ministro spagnolo Mariano Rajoy a prendere il controllo della Catalogna direttamente da Madrid, pochi minuti dopo che la Catalogna ha proclamato l’indipendenza.
La Catalogna ha dichiarato l’indipendenza: e ora che succede?
Sono diversi giorni, a partire da almeno giovedì 19 ottobre, che il governo spagnolo ha annunciato di voler sospendere l’autonomia della Catalogna ricorrendo all’articolo 155 della Costituzione spagnola, una mossa mai intrapresa da quando è in vigore il testo.
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Dopo la vittoria del fronte indipendentista al referendum del primo ottobre, dichiarato illegale dalla Corte costituzionale spagnola, il 10 ottobre, il presidente catalano Carles Puigdemont, in un discorso di fronte al parlamento regionale, ha di fatto dato il via all’iter per l’indipendenza della regione autonoma dalla Spagna.
A quel punto il premier spagnolo Mariano Rajoy ha fornito due ultimatum al governo catalano, chiamato a chiarire se avesse proclamato o meno l’indipendenza. Allo scadere dell’ultimo termine, Puigdemont ha detto che il parlamento catalano avrebbe dichiarato l’indipendenza se Madrid avesse “continuato con la repressione”.
Di fatto, è andata così, poiché il 27 ottobre 2017, dopo un tira e molla infinito, in cui il presidente Puigdemont non ha convocato le elezioni per riformare il governo catalano e Madrid ha continuato a fare pressing affinché venissero meno le ambizioni secessioniste, la Catalogna ha dichiarato l’indipendenza dalla Spagna.
Poco dopo, il Senato spagnolo ha autorizzato Madrid a prendere il controllo della Catalogna direttamente da Madrid, avviando così il procedimento di attivazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola. Ora, con un Consiglio dei ministri straordinario previsto per le 18, il premier spagnolo Rajoy intraprenderà questa strada.
Ma cosa prevede questa misura e quali passi dovrà intraprendere l’amministrazione di Mariano Rajoy?
La Costituzione spagnola e l’autonomia regionale
Entrata in vigore il 29 dicembre del 1978, l’attuale Costituzione spagnola è la prima a riconoscere le autonomie regionali dal XVIII secolo. Il testo è stato approvato alla fine della transizione che portò la Spagna a diventare una monarchia parlamentare, dopo aver subito la dittatura franchista tra il 1939 e il 1975.
La legge fondamentale spagnola disegna un modello di stato decentrato, in cui le regioni sono convertite in comunità autonome, con un proprio governo, un parlamento, tribunali regionali e uno statuto che ne garantisce le competenze.
L’articolo 2 della Costituzione riconosce infatti, oltre al principio di “indissolubile unità della Nazione spagnola”, anche il “diritto alla autonomia delle nazionalità e regioni che la compongono”.
Grazie a questo, Madrid riconobbe prima l’autonomia delle nazionalità storiche come la Catalogna, i Paesi Baschi, la Galizia e l’Andalusia e poi, in diverse fasi successive, permise a tutte le altre regioni di costituirsi come comunità autonome.
La costituzione spagnola però non concede a questi enti locali la possibilità di dichiararsi indipendenti, anzi, all’articolo 155, concede il potere all’autorità centrale di riprendere il controllo della comunità nel caso quest’ultima “non ottemperi agli obblighi imposti dalla Costituzione o dalle altre leggi, o si comporti in modo da attentare gravemente agli interessi generali della Spagna”.
Questo articolo rappresenta la misura più estrema nelle disponibilità del governo di Madrid, in caso una regione autonoma dichiari l’indipendenza. Negli ambienti politici spagnoli, questo provvedimento è considerato “l’opzione nucleare” a disposizione della Spagna per difendere la propria unità nazionale.
L’ex ministro degli Esteri spagnolo José Manuel García-Margallo ha infatti definito il ricorso a questo articolo come una “bomba atomica”. Il parlamento spagnolo lo descrive come una misura “eccezionale o estrema per situazioni altrettanto eccezionali o estreme”. Questo provvedimento non è comunque mai stato invocato in Spagna da quando la costituzione è entrata in vigore nel 1978.
Nel caso previsto dall’articolo 155, il testo disegna un iter particolare perché Madrid possa riconquistare il controllo dell’ente locale che decida di mettere in dubbio l’unità della nazione spagnola.
“Il governo, previa richiesta al presidente della Comunità Autonoma e, ove questa sia disattesa, con l’approvazione della maggioranza assoluta del Senato, potrà prendere le misure necessarie per obbligarla all’adempimento forzato di tali obblighi o per la protezione di detti interessi”, si può leggere nel primo comma di questa norma.
L’approvazione del re
Nonostante non sia prevista dal testo costituzionale, l’approvazione del re Felipe VI, in caso di ricorso del governo a questo provvedimento, rappresenta una mossa importante in termini di consenso popolare.
Nel contesto politico spagnolo, il ruolo del re è simile a quello di un presidente di una repubblica parlamentare. Il monarca però, secondo l’articolo 62 della Costituzione, deve “essere informato degli affari dello stato e può presiedere, a questi effetti, le sessioni del Consiglio dei ministri, quando lo ritenga opportuno”.
Nel suo discorso alla nazione spagnola, la sera del 3 ottobre, il re ha difeso l’unità della Spagna, parlando di “slealtà inaccettabile da parte delle autorità catalane”, preludendo così a un suo possibile sostegno all’applicazione dell’articolo 155.
“È responsabilità dei legittimi poteri dello stato assicurarsi che l’ordine costituzionale e il normale funzionamento delle istituzioni sia rispettato”, ha detto il re Felipe VI a seguito del referendum sull’indipendenza.
Il ruolo di Puigdemont
Il primo passo per invocare l’articolo 155 della Costituzione spagnola prevede che il governo di Madrid notifichi ufficialmente al presidente della Catalogna, l’indipendentista Carles Puigdemont, un messaggio che gli ricordi il suo obbligo di rispettare le leggi nazionali.
In questa comunicazione ufficiale, il governo spagnolo deve indicare anche tutte le mancanze imputate all’autorità di Barcellona, attendendo poi la risposta del presidente catalano.
Perché possa essere attivato l’articolo 155, Puigdemont deve quindi essere coinvolto nella decisione riguardo la sospensione dell’attività del proprio governo regionale.
Il voto del Senato
Dopo il rifiuto di Puigdemont di partecipare all’iter previsto dall’articolo 155 della Costituzione, la richiesta di sospensione dell’autorità della Comunità autonoma da parte del governo spagnolo ha ricevuto l’appoggio della maggioranza del Senato, la seconda camera del parlamento del paese.
Questa assemblea è composta attualmente da 266 senatori, di cui 208 sono stati eletti direttamente dai cittadini, mentre 58 sono stati designati dalle 17 assemblee delle diverse comunità autonome della Spagna.
In Senato, il Partito popolare del primo ministro Rajoy possiede la maggioranza assoluta, con 149 senatori su 266. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Europa Press, il governo spagnolo prevede di portare a termine l’intero iter in poco più di cinque giorni.
Le possibili conseguenze
L’attivazione di questo provvedimento mette fine, almeno temporaneamente, all’autonomia catalana, provocando certamente una reazione nelle piazze della Comunità autonoma, in particolare da parte degli indipendentisti.
Come riportato dal quotidiano locale La Vanguardia, una fonte interna al governo autonomo regionale di Barcellona ha definito questa come una mossa dalle conseguenze “pericolosamente imprevedibili”.
Il ricorso all’articolo 155 della Costituzione potrebbe inoltre generare la solidarietà da parte di altre comunità come quella dei Paesi Baschi nei confronti delle istituzioni catalane, riaprendo la ferita dell’indipendentismo in altre regioni della Spagna.