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Cosa è successo ai tedeschi di colore durante il nazismo

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Pochi conoscono il destino della nascente comunità di origine africana in Germania all'indomani della presa del potere da parte di Adolf Hitler nel 1933

La storia delle persecuzioni naziste nei confronti delle minoranze etniche, linguistiche, religiose e degli avversari politici, come di diverse altre fasce della popolazione è nota e ricordata nei libri di storia di tutta Europa.

Ma esiste una particolare categoria di vittime il cui destino è stato poco raccontato e che non ricorre spesso nel novero delle comunità perseguitate dai seguaci di Adolf Hitler.

È il caso dei tedeschi di pelle nera che vivevano in Germania prima della presa del potere da parte del Führer.

Quando Hitler salì al potere nel 1933, c’erano migliaia di persone di colore che vivevano in Germania, anche se il loro numero esatto non è mai state censito e le stime variano da storico a storico.

La comunità tedesca di pelle nera si stava ancora formando nel 1933, per la maggior parte si trattava infatti di famiglie di prima generazione, con figli nati in Germania ma che non avevano ancora raggiunto la maggiore età.

A questo proposito la nascente comunità nera tedesca era simile a quelle presenti in Francia e nel Regno Unito, che erano formate soprattutto da famiglie composte da uomini e donne provenienti in gran parte dalle colonie africane e asiatiche di questi imperi.

Il cuore di questa piccola comunità infatti era formato da un gruppo di uomini africani e dalle loro mogli tedesche.

Queste persone provenivano soprattutto dalle colonie africane possedute dalla Germania guglielmina tra il 1884, anno di fondazione dell’Impero coloniale tedesco e il 1919, quando Berlino, nell’ambito del trattato di pace di Versailles che mise fine alla prima guerra mondiale, perse tutti i propri possedimenti d’oltremare.

In più si contavano anche tra i 600 e gli 800 bambini figli di relazioni nate tra donne tedesche e soldati appartenenti alle truppe coloniali francesi, che erano costituite in maggioranza, anche se non completamente, da africani.

Queste unità militari facevano parte delle truppe di occupazione che Parigi inviò in Renania, un’area industriale della Germania occidentale, per far rispettare alla Germania gli accordi di pace del 1919.

Le truppe francesi si ritirarono solo nel 1930 e la regione fu demilitarizzata fino a quando Hitler non inviò truppe tedesche nel 1936, in aperta violazione del trattato di Versailles.

Questa comunità nera tedesca era ad ogni modo sparsa in tutta la Germania e legata in molti casi ad associazioni e organizzazioni comuniste e antirazziste.

Le leggi di Norimberga del 1935, le cosiddette “leggi per la protezione del sangue e dell’onore tedesco”, che spogliarono gli ebrei tedeschi della propria cittadinanza e vietarono loro di sposarsi o di avere rapporti sessuali con “persone del sangue tedesco”, furono applicate anche alla nascente comunità nera in Germania.

Queste persone furono infatti considerate “di sangue alieno” e assoggettate alle leggi di Norimberga.

Nonostante fossero comunque pochi i tedeschi di origine africana ad avere un documento rilasciato dalle autorità, nonostante fossero nati in Germania, la concessione della cittadinanza a queste persone divenne impossibile quando i nazisti consegnarono loro alcuni passaporti che li designavano come “negri apolidi”.

Essendo impossibilitati a trovare un lavoro regolare, alcuni furono utilizzati come lavoratori forzati e classificati come “lavoratori stranieri” durante la seconda guerra mondiale.

Altri furono invece utilizzati come comparse e attori nei film di propaganda nazisti sulle colonie africane tedesche perdute. Questo tipo di impieghi divenne così una delle pochissime fonti di reddito a disposizione di queste persone.

Il timore nazista della possibilità di un “inquinamento razziale” portò quindi a uno dei maggiori crimini perpetrati da Hitler contro questa comunità: la sterilizzazione.

Le coppie cosiddette “miste” furono così costrette a separarsi. Quando una donna tedesca bianca richiedeva una licenza matrimoniale o aspettava un bambino da un tedesco di origine africana, il partner era immediatamente obbligato a una sterilizzazione involontaria.

In un’operazione segreta, nel 1937, circa 400 bambini neri della Renania furono sterilizzati contro la volontà dei genitori. A causa di queste persecuzioni molti appartenenti a questa comunità fuggirono dal paese.

Pochi tedeschi di origine africana furono in realtà internati in campi di concentramento, secondo le più recenti ricerche storiche, non più di 20 appartenenti a questo comunità furono rinchiusi nei lager nazisti e una sola persona fu uccisa nell’ambito dello sterminio dei disabili, che i nazisti chiamarono Aktion T4.

L’unico tedesco di colore che fu inviato in un campo di concentramento, non per motivi politici, fu Gert Schramm, internato a Buchenwald per il colore della sua pelle a 15 anni, nel 1944.

La maggior parte dei tedeschi di colore furono invece incarcerati per motivi politici o per cosiddetti comportamenti antisociali, come l’omosessualità.

Poiché, secondo i nazisti, il colore stesso della pelle identificava un appartenente a questa comunità come un soggetto “diverso” rispetto agli altri tedeschi, queste persone, una volta incarcerate, non erano più liberate.

Per questo dunque, più che vittima di una particolare persecuzione nazista, è possibile affermare che questa comunità fu perseguitata dal razzismo comunemente diffuso negli strati sociali europei del tempo e che purtroppo resiste ancora oggi.

La mappa che mostra quanto sono razzisti i paesi europei

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