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Home » Esteri

Chi sono davvero i ribelli siriani

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La caduta di Aleppo ha acceso i riflettori sui ribelli anti Assad. Sono pericolosi jihadisti o combattenti per la libertà?

Da oltre cinque anni in Siria si combatte una guerra civile tra le truppe governative, sostenute dalle forze aeree russe e dai miliziani appoggiati dall’Iran, e i ribelli che si oppongono al regime di Bashar al-Assad.

Il gruppo che i media indicano con l’espressione “ribelli” in realtà non è un blocco unitario, ma una galassia che comprende al suo interno diverse formazioni, islamiste e non. Queste possono avere ideologie e caratteristiche diverse tra loro, accomunate solo dalla lotta contro il governo siriano.

I principali gruppi schierati contro Assad sono i seguenti:

Esercito siriano libero (Free Syrian Army) – Nato ad agosto 2011, nei primi mesi della guerra civile, il gruppo è stato fondato in Turchia da disertori dell’esercito siriano, guidato dall’ex colonnello dell’aeronautica militare siriana Riad al-Asaad con lo scopo di proteggere i manifestanti civili e di aiutarli a rovesciare il regime di Assad.

Il simbolo del Free Sirian Army (Fsa) è stato presto adottato anche da altri gruppi armati comparsi in Siria, diventando una rete di combattenti piuttosto che un gruppo unitario. Al suo interno ci sono forze non islamiste, come musulmani moderati e cristiani. 

Milizie curde – Le Unità di protezione del popolo (Ypg) combattono nella regione autonoma di Rojava, nota come Kurdistan siriano, nel nord del paese. Le Ypg non arruolano solo curdi, ma anche arabi, turchi, cristiani siriaci e stranieri. Sono considerati il braccio armato del Partito dell’unione democratica siriano (Pyd), una formazione d’opposizione legata al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

Le Ypg sono nate nel 2012, quando l’esercito siriano si è ritirato dalla Siria settentrionale, e hanno cercato di mantenere il controllo del territorio, scontrandosi con le forze governative e con gli altri gruppi ribelli.

Milizie islamiste – Sono gruppi estremisti appartenenti all’Islam sunnita, come il fronte al-Nusra, recentemente ribattezzato Fatah al-Sham, oltre a milizie più piccole. Nata insieme all’Isis da una costola di al-Qaeda, al-Nusra si pone come obiettivo la creazione di uno stato islamico in Siria.

— LEGGI ANCHE: La guerra di Aleppo non è solo come ve la raccontano

Bisogna tenere presente, tuttavia, che queste tre categorie non sono compartimenti stagni: i confini tra le varie formazioni ribelli sono sottili. Secondo alcuni analisti, tra cui Robert Fisk, noto inviato del quotidiano britannico The Independent, all’interno dello stesso Fsa gli esponenti moderati sono stati da tempo messi in minoranza dalle milizie islamiste.

“Molti dei ribelli che l’Occidente sostiene sono fra i più spietati e crudeli combattenti del Medio Oriente”, scrive Fisk in un suo recente editoriale, dando l’impressione di promuovere fra le righe una politica più vicina ad Assad. Fisk fa riferimento alla milizia islamista di Fatah al-Sham o al-Nusra. “Sono gli stessi dell’11 settembre 2001”, avverte Fisk, citando una serie di barbarie perpetrate dai ribelli nella zona di Aleppo.

Non tutti però sono d’accordo. Per esempio, l’attivista e giornalista siriano Rami Jarrah, che TPI ha incontrato in un bar di Gaziantep, città turca a un’ora e mezza di macchina da Aleppo, sostiene che bisogna mantenere aperta la porta ai vari gruppi che costituiscono l’opposizione siriana, anche ai più estremisti.

“Si tratta di gruppi che hanno come obiettivo l’imposizione della shaaria, è vero”, spiega Jarrah. “Ma non sono terroristi”.

Secondo Jarrah, fondatore dell’agenzia d’informazione siriana Ana New-Media Association, stigmatizzare i gruppi islamisti che appartengono al campo dei ribelli siriani è un errore gravissimo. “Se non dialoghiamo con loro finirà che fra sei mesi cominceranno a tagliare teste anche loro, come l’Isis”, afferma Jarrah. 

I siriani considerano come parte dell’Esercito siriano libero tutti i gruppi di resistenza, a parte l’Isis, che si oppone ad Assad ma solo nella misura in cui vuole espandere il controllo sul suo territorio.

“La priorità assoluta deve essere quella di mantenere unita l’opposizione, il superamento di Assad è la premessa fondamentale a qualsiasi risoluzione pacifica del conflitto”, conclude Jarrah.

— LEGGI ANCHE: L’Isis spiegato

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