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Home » Esteri

Donne come beni di consumo in Cina

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Un economista ha proposto di consentire agli uomini più poveri, che non possono mantenere una famiglia, di condividere un'unica moglie

In Cina il numero di uomini in età da matrimonio supererà di almeno 30 milioni la controparte femminile entro il 2020.

È quanto ha previsto nel 2006 l’allora Commissione nazionale per la popolazione e la pianificazione familiare, un ente governativo della Repubblica Popolare Cinese destituito nel marzo del 2013 e accorpato al ministero della Salute nella nuova Commissione nazionale per la salute e la pianificazione familiare, in occasione della sessione annuale della dodicesima Assemblea nazionale del popolo – la più alta istituzione statale e massimo organo legislativo della Cina.

La proposta avanzata da un economista cinese

Sulla base di stime di questo tipo l’economista cinese Xie Zuoshi ha recentemente dichiarato che il numero di guanggun, il termine cinese con cui ci si riferisce agli uomini celibi, raggiungerà presto un livello tale da creare instabilità sociale. E per tale motivo, ha avanzato una proposta che ha l’obiettivo di ridurre l’enorme squilibrio tra i generi che costituisce ormai da tempo una piaga per il suo Paese: consentire agli uomini cinesi più poveri di condividere una moglie. 

Secondo quanto teorizzato da Xie, il problema del matrimonio in Cina può essere risolto ponendo fine alla monogamia, legalizzando la poliandria e il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Soltanto così la società cinese sarà in grado di mantenere la propria stabilità.

La soluzione ideata da Xie Zuoshi, professore di economia alla Zhejiang University of Finance and Economics, ha creato grande scalpore nel popolo degli internauti. In molti lo hanno accusato di aver promosso idee immorali, non etiche e discriminatorie.

Il professor Xie ha precisato che la sua analisi esamina la questione da un punto di vista puramente economico. In termini di domanda e offerta, sostiene Xie, il numero crescente di scapoli ha aumentato la carenza di donne e ne ha quindi accresciuto il valore. 

Di conseguenza, gli uomini con i redditi più alti riescono a trovare una moglie più facilmente, avendo i mezzi per potersene prendere cura. Gli uomini con un basso reddito, invece, rimangono a mani vuote. Una possibilità per loro, afferma Xie, potrebbe essere quella di condividere una moglie con un altro uomo. 

“Non si tratta soltanto di una mia idea bizzarra. In alcune aree remote e povere, ci sono casi in cui fratelli sposano la stessa donna, trascorrendo una vita felice e armoniosa”, sostiene il professor Xie. 

Le reazioni sul web non si sono fatte attendere e ne è nato un acceso dibattito su quale fosse il modo migliore per rapportarsi alla delicata questione. In molti si sono accaniti contro le teorie portate avanti dall’economista.

Nella giornata di domenica 25 ottobre, Xie ha poi risposto agli attacchi ricevuti su uno dei suoi blog, accusando chi lo aveva criticato di fare affidamento a ideali appartenenti alla morale tradizionale, poco pratici e talvolta ipocriti. 

“Se ci impuntiamo sull’aspetto della moralità, per mantenere una coppia formata da un marito e da una moglie, e lasciamo poi che 30 milioni di scapoli non abbiano né moglie né speranza, loro odieranno la società e noi ci troveremo di fronte a un grave problema sociale”, scrive Xie.

Le reazioni delle femministe

La proposta da lui avanzata è stata criticata aspramente anche da diverse femministe e alcuni sostenitori dei diritti degli omosessuali. 

“Gli uomini stanno discutendo pubblicamente su come ripartire le donne, come se le donne fossero beni di consumo al pari di case o automobili”, scrive Zheng Churan, una delle cinque attiviste dei diritti delle donne arrestate a marzo con l’accusa di aver creato disturbo alla stabilità sociale. 

“Dietro lo squilibrio tra i generi che crea 30 milioni di uomini celibi ci sono 30 milioni di bambine morte a causa di discriminazioni sessuali. Ma, in qualche modo, tutti ancora si disperano che alcuni uomini non riescono a trovare moglie”.

Nella sua critica alle opinioni del professor Xie, Zheng Churan evidenzia anche come la questione sia stata trattata da un punto di vista esclusivamente maschile, non prendendo minimamente in considerazione il parere delle principali interessate: le donne.

“Perché gli uomini vogliono sposarsi?”, si chiede Zheng. “Non parliamo di amore e affetto. Supponiamo che le donne non fossero disposte a fare tutti i lavori domestici, a soddisfare i desideri sessuali degli uomini, ad adattarsi alla struttura patriarcale del matrimonio, o ad avere dei figli rispettando quella che è la volontà delle famiglie degli uomini. Gli uomini, ricchi o poveri che siano, vorrebbero ancora sposarsi?”.

In una società dominata dagli uomini nella politica, nell’economia e nella cultura, le donne sono trattate come beni di consumo, sostiene Zheng. “Con i suoi lavori domestici non pagati e le sue funzioni riproduttive, una donna rappresenta un ingranaggio nella macchina del capitalismo”. 

Un’altra donna che si è scagliata contro le proposte del professore Xie è Jing Xiong, project manager per Media Monitor for Women Network, un gruppo cinese che si occupa del rispetto dei diritti delle donne. Secondo Jing il problema dello squilibrio tra i generi ha origine fondamentalmente da insegnamenti sbagliati che privilegiano gli uomini rispetto alle donne.  

La società cinese e il ruolo della donna

La società cinese affonda le sue radici in una cultura di tipo patriarcale, dove il soggiogamento della donna è simboleggiato al suo estremo dalla pratica dei piedi fasciati, usanza bandita nel 1911 ma estinta del tutto soltanto negli anni Cinquanta. 

E ancora oggi rimane una società fortemente dominata dall’uomo, nonostante nel 1949, con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese, Mao Zedong diceva che “le donne reggono l’altra metà del cielo”. 

La Cina è uno dei Paesi con il più grande squilibrio tra i generi al mondo. Negli ultimi vent’anni, il rapporto tra i sessi dei neonati è rimasto al di sopra di 115 maschi ogni cento femmine.

A partire dalla fine del 2014, nella Cina continentale il rapporto tra i sessi è stato di 115,88 su cento, inferiore rispetto a quello registrato nel 2013 di 117,6 su cento, e in generale parte di un trend in contrazione che ha caratterizzato gli ultimi sei anni.

Tuttavia, il valore è ancora molto alto rispetto agli standard internazionali. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la percentuale naturale di nascite dovrebbe essere di 105 maschi ogni cento femmine.

Le motivazioni di questo fenomeno risiedono principalmente nelle politiche di controllo delle nascite adottate nel corso degli anni dal governo cinese e nelle preferenze di tipo culturale per i bambini di sesso maschile. La politica del figlio unico, che ha imposto per lungo tempo alla maggioranza delle famiglie cinesi di avere un solo figlio, fu introdotta in Cina da Deng Xiaoping nel 1979, a pochi anni di distanza dalla morte di Mao, per cercare di frenare il fortissimo incremento demografico in atto nel Paese. 

Tutt’oggi una predilezione per i bambini maschi non è inconsueta in Cina, soprattutto nelle aree rurali, dove migliaia di anni di valori feudali hanno intriso il pensiero comune di molti cinesi. Molte coppie preferiscono i bambini maschi alle bambine nella convinzione che i maschi possano sostenere meglio le proprie famiglie e garantire il proseguimento della discendenza familiare. 

La politica del figlio unico e l’avvento delle ecografie hanno fatto sì che le famiglie che desideravano a tutti i costi un figlio maschio potessero averlo, abortendo nel caso in cui l’utero ospitasse un feto femminile, nonostante le numerose campagne del governo cinese per ridurre gli aborti selettivi e i test prenatali illegali sul sesso del nascituro. 

I funzionari del governo sanno bene che lo squilibrio demografico nel Paese ha conseguenze gravi e di vasta portata. Ricercatori e forze dell’ordine ritengono che esso abbia contribuito all’aumento di fenomeni come il traffico sessuale e la prostituzione. Un business illegale nel nordest della Cina ha, ad esempio, costretto donne rifugiate provenienti dalla Corea del nord a sposare attraverso matrimoni combinati contadini anziani celibi. 

L’emancipazione femminile in Cina

Tuttavia, la realtà demografica della Cina moderna ha anche portato a una serie di progressi significativi nel mondo femminile. Da tempo il governo di Pechino ha mostrato una crescente attenzione verso alcune questioni centrali avanzate dai gruppi femministi, come l’accesso al lavoro e all’istruzione superiore, leggi più severe contro la violenza domestica e le molestie sessuali e leggi sul divorzio più eque. Nonostante gli indubbi progressi, però, la strada da fare è ancora lunga.

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