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Se l’addetto alla selezione del personale è l’algoritmo di una app

Un'azienda ha sviluppato un'app che, in un'intervista di mezz'ora, è in grado di raccogliere fino a 500 mila dati diversi

Di Alice Possidente
Pubblicato il 23 Ott. 2019 alle 16:34

Se l’addetto alla selezione del personale è l’algoritmo di una app

Le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale sono infinite. Negli Stati Uniti, per esempio, spesso ormai a fare la selezione del personale è un algoritmo. È quello che accade in più di 100 aziende, tra cui diverse multinazionali, dove i manager hanno stabilito che dev’essere un’app a decidere se la persona che si ha davanti è il candidato ideale oppure no.

A sviluppare l’app è stata l’azienda HireVue. La tecnologia si basa sull’analisi di parametri come i movimenti facciali, la voce o le parole utilizzate, il tutto setacciato da un algoritmo. In un’intervista di mezz’ora il sistema può arrivare a raccogliere fino a 500 mila dati diversi da elaborare.

In ogni caso, l’uso della app è talmente pervasivo che oltre un milione di candidati è stato già vagliato da grandi aziende come Unilever, Hilton o Goldman Sachs. Non solo: in alcune università si sta già insegnando agli studenti come impostare aspetto fisico e tono della voce per ottenere un maggiore punteggio di ‘assumibilità’.

Secondo quanto rivela il Washington Post, gli esperti però sono scettici: dietro al software non ci sarebbe alcun fondamento scientifico. Il software, commenta Meredith Witthaker, cofondatrice dell’AI Now Institute, un centro ricerche sull’intelligenza artificiale di New York, potrebbe però dare luogo a discriminazioni.

“È profondamente disturbante che ci sia una tecnologia privata che affermi di riuscire a differenziare tra un lavoratore produttivo e uno non adatto sulla base dei movimenti facciali, del tono della voce o sulle maniere – afferma -. È pseudoscienza. È una autorizzazione a discriminare. E le persone la cui vita e le cui opportunità dipendono letteralmente da questi sistemi non hanno nessuna possibilità di uscita”.

L’azienda ovviamente ha rigettato le accuse. “Queste critiche si basano su una scarsa informazione – ha dichiarato un portavoce di HireVue -, e la maggior parte dei ricercatori nel campo dell’intelligenza artificiale ha una comprensione limitata della psicologia dietro a come un lavoratore si comporta”.

Chissà se, in futuro, varrà ancora la regola del presentarsi ai colloqui in giacca e cravatta o se bisognerà riscrivere daccapo le regole per evitare il tanto temuto e odiato “Le faremo sapere”.

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