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Opere realizzate dall’intelligenza artificiale (AI): “A chi appartiene il diritto d’autore?”

L'avvocato Isabella Corrias (Rödl & Partner): "C’è un vuoto normativo. Attribuire la tutela in capo alla persona fisica dai cui input dipendono i risultati dell'AI"

Di Redazione TPI
Pubblicato il 11 Giu. 2020 alle 07:18 Aggiornato il 11 Giu. 2020 alle 07:29

 

Assistenti vocali su smartphone, auto a guida autonoma, chatbot per l’assistenza clienti di diverse aziende, l’intelligenza artificiale è ormai largamente presente nella vita quotidiana sotto diverse forme. Anche nel campo artistico questa tecnologia sta progredendo a grandi passi, in particolare quando si tratta di realizzare opere d’arte e creative. Ma da un punto di vista legale a chi spettano i diritti d’autore sull’opera realizzata da una “macchina creatrice”?

Gli esperti legali in proprietà intellettuale non hanno dubbi al riguardo: “A oggi sussiste un vuoto normativo in merito – spiega l’avv. Isabella Corrias, esperta in materia di IP di Rödl & Partner, colosso della consulenza legale presente in 49 paesi tra cui l’Italia – infatti, mentre per le opere d’ingegno realizzate dall’uomo queste sono protette dal diritto d’autore, quando l’opera viene realizzata tramite l’ausilio dell’AI nasce l’esigenza di garantire coerenza con il complesso sistema del diritto d’autore per calibrare nuovamente il requisito di creatività delle opere prodotte”.

Quali, quindi, le possibili soluzioni per tutelarsi? Ad oggi si può ricorrere solo alla protezione dettata dal diritto d’autore e, in specifici casi, dalla normativa brevettuale sul software che difende il soggetto che ha progettato e realizzato codici e programmi alla base dei dispositivi di AI o in alternativa le parti interessate possono tutelarsi in via contrattuale, tramite accordi di licenza o cessione dei contenuti generati dall’intelligenza artificiale, con il limite però di essere una protezione che vincola solo le parti e non una tutela esclusiva.

Il lavoro intellettuale dell’uomo – continua l’avv. Corrias di Rödl & Partner – può dunque condurre alla determinazione di criteri che permettono di ottenere un’opera dell’ingegno tramite il funzionamento della macchina dotata di AI, la quale concretizzerà un risultato espressivo in virtù dell’input fornitole dall’uomo, il quale può risultare autore dell’opera ottenuta. Il problema sorge per quelle opere in cui l’intervento dell’uomo non prevede invece alcuna determinazione intellettuale, restando il suo intervento limitato a quello di un semplice spettatore. Un caso limite e molto curioso al riguardo è quello del «selfie» scattato da un macaco nel 2011 in Indonesia, che ha dato inizio a una disputa tra il proprietario dell’attrezzatura lasciata incustodita e alcuni siti che pubblicarono la foto come dominio pubblico”. 

Vuoto legislativo, quali le soluzioni?

Per il futuro è auspicabile che il legislatore cerchi nuove possibili soluzioni. Una potrebbe essere quella di riconoscere la titolarità dei diritti direttamente in capo al dispositivo di intelligenza artificiale, attribuendo a quest’ultimo la qualifica di autore dell’opera realizzata. 

“Questo comporterebbe il riconoscimento, in capo alla macchina, di una forma di soggettività giuridica attualmente inesistente – illustra l’avvocato Corrias – e a mio avviso da valutare anche da un punto di vista etico e morale. Tale soluzione non è però così lontana come sembra, basti considerare che nel 2017 in Arabia Saudita è stato concesso il diritto di cittadinanza a un robot”.

In alternativa si potrebbe assimilare il rapporto tra l’essere umano e la macchina a quello che sussiste tra datore e prestatore di lavoro, investendo il primo dei diritti sulle creazioni del secondo; oppure configurare un diritto sui generis in capo ai soggetti che si sono fatti carico degli investimenti per la produzione e la realizzazione del dispositivo intelligente.

La soluzione più realistica, però – conclude l’avv. Isabella Corrias di Rödl & Partner – potrebbe essere quella di attribuire la tutela in capo alla persona fisica dai cui input dipendono i risultati dell’intelligenza artificiale, ma questo, come detto prima, richiederebbe il ripensamento e la riscrittura del concetto di creatività oggi previsto dalle norme sul diritto d’autore”.

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