Era il novembre 1994. Io e il mio amico Daniel Beck progettavamo il nostro metaverso al tavolino di un Ted’s Fish Fry a New York. Proprio come la grafica web stava prendendo piede, eravamo certi che l’avvento di Internet in 3d sarebbe stato solo questione di tempo. E lo fu. Nel 1995 ricevemmo la prima tranche di finanziamenti da un investitore, dimostrando di non essere solo dei ragazzini: eravamo innovatori tecnologici. Ma ecco il punto: il metaverso era una schifezza.
Sembrare scorrevole, agile e divertente. Ma il nostro amministratore delegato non riusciva a usarlo. Non era colpa sua. Dovevamo immaginare il mondo come un insieme di cubi a sei facce composti da pagine web. Alla fine, il capo staccò la spina al progetto: «So che questo è il futuro, ma se non riesco a usarlo, non posso venderlo».
Negli ultimi 27 anni ho visto tanti altri metaversi nascere e morire. E dopo averne costruito uno io stesso, mi sento abbastanza attrezzato per spiegarvi cosa sta tentando di fare Mark Zuckerberg. Parliamoci chiaro: anche l’idea di Meta fa pena. La versione di Zuck assomiglia molto a quella che immaginavamo nel 1994. Guardate, sto giocando a carte con i miei amici e siamo in assenza di gravità! Questo si poteva già fare su Second Life dieci anni fa. Solo la grafica è leggermente migliorata.
Ma non è questo il problema del metaverso annunciato dal fondatore di Facebook. Il fatto è che è noioso. Il futuro che immagina è già stato immaginato migliaia di volte prima e spesso in maniera migliore.