“Dopo la chiusura delle 23 pagine Facebook, nessun leader politico si è dissociato o ha fatto una dichiarazione contraria all’avanzare di fake news su pagine false prima delle elezioni europee. Non ho sentito ieri Di Maio o Salvini dire ‘io non voglio che i miei attivisti facciano questo’. Perché? La risposta è semplice: perché queste pagine portano voti e consenso”.
A parlare a TPI è Luca Nicotra, analista di Avaaz, l’organizzazione non governativa che ha portato con le sue segnalazioni alla chiusura di 23 pagine Facebook per diffusione di fake news e messaggi d’odio (qui la notizia completa della chiusura).
Si trattava di pagine a sostegno della Lega e del Movimento Cinque Stelle (fra gli esempi più rilevanti: Vogliamo il Movimento 5 Stelle al governo e Lega Salvini Premier Messina) per un totale di 2,5 milioni di followers.
Queste pagine diffondevano bufale di vario tipo, da false dichiarazioni attribuite allo scrittore Roberto Saviano, a informazioni distorte sull’incontro fra Matteo Renzi e il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, fino ad arrivare a video di migranti completamente montati ad arte per far crescere odio e razzismo.
Esiste un sistema automatico di Facebook per trovare le pagine che truffano l’utente. Ma è stato messo in piedi un metodo che aggira questo sistema: le pagine in questione cambiano un nome alla volta per non dare nell’occhio.
Per esempio la pagina “Allevatori di Messina” diventa “Lega allevatori di Messina “, giocando con l’ambiguità della parola Lega. E poi diventa il capitolo locale della Lega, “Lega Messina Salvini premier” tout court. Quindi di per sé i singoli cambi per l’algoritmo di Facebook hanno un senso e non sono riconosciuti come pericolosi, ma dopo qualche passaggio quella pagina si trasforma in propaganda politica.
Il tema qual è? Che questo ormai si sa. Addirittura ci sono dei tutorial, dei vademecum online per come cambiare il nome alle pagine senza farsi scoprire da Facebook per poter riciclare pagine. Per noi è preoccupante che debbano appoggiarsi ad un’organizzazione esterna come Avaaz, quando loro potrebbero sviluppare un controllo interno. (Qui un esempio di tutorial).
Assolutamente. E una persona che magari anni fa aveva messo un like su una pagina di un oroscopo, o di allevatori locali, si ritrova improvvisamente ad essere sostenitore di un partito politico magari agli antipodi delle sue convinzioni e due inizia a ricevere contenuti di questo ordine politico.
Contenuti falsi, bufale che alimentano un certo pensiero. E questa è certamente la violazione più pesante, più lapalissiana. Facebook dovrebbe fare un controllo molto più accurato.
Il tema migranti in assoluto è quello più utilizzato. Esempio tipo: video in cui si dice sia un episodio che sta avvenendo in periferia. Spesso o si tratta di scene di film, o vengono presi episodi avvenuti in tutta Italia in un intero decennio e si finge che stiano succedendo tutti insieme nell’attualità per alimentare odio e disagio.
Per esempio, una scena di persone di colore che sfasciano un cassonetto non stava accadendo alla periferia di Roma, era in realtà una scena girata in Sud Africa durante proteste politiche qualche anno fa. Succede decine di volte al giorno: notizie vere, ma di cinque o sei anni fa, spacciate per odierne per dare l’effetto di massa.
Altra tipologia è quella diretta a personaggi noti, come Saviano o Renzi o Laura Boldrini. A questi vengono messe in bocca parole mai pronunciate.
Noi abbiamo segnalato, poi Facebook ha fatto una ricerca interna e ha chiuso 23 pagine, in realtà noi ne avevamo segnalate molte di più. Quelle che ha chiuso Facebook sono solo la punta dell’iceberg.
Da quello che possiamo vedere noi, sono soprattutto attivisti locali. Dietro ogni pagina ci sono almeno due o tre persone fisse. Di base è il trucco per cui tutto questo sottobosco di pagine può esistere.
Sostanzialmente esiste il mondo delle pagine ufficiali Lega e M5S e poi tutte le pagine a corredo creano un tappeto di consenso. Non esiste però una responsabilità diretta.
Queste pagine hanno però una quantità di interazioni superiore alle pagine ufficiali. Le 23 pagine che sono state rimosse, per numero di like sono superiori a quelle ufficiali. Maggiori addirittura alla pagina della Lega sommata a quella dei Cinque Stelle. Un mondo sommerso di cui nessuno sa niente.
Una delle richieste che abbiamo fatto è almeno di fare un auditing esterno. Una maggiore trasparenza sarebbe necessaria sugli amministratori delle pagine, che al momento non sono pubblici. Spesso anche gli amministratori si presentano sotto falso nome, foto false, data di nascita falsa. E per una chiara ragione: non sono così passibili di denuncia.
Alcune delle fake news hanno anche un carattere diffamatorio. Specialmente quando si rivolgono non a migranti in generale, ma a un intellettuale, a un politico, inventandosi una dichiarazione. Il più classico è un’immagine con la didascalia “ha appena detto questo” e invece non è mai accaduto.
Ovviamente se questo lo fa un giornale, viene subito querelato e perseguito dalla legge italiana. Se lo fa una persona non riconducibile a nessuna identità è molto più difficile. Non c’è responsabilità diretta e non c’è responsabilità dei partiti.
I partiti chiudono un occhio, a volte anche tutti e due. Si dissociano oggi, ma non in generale.
Dopo la chiusura delle 23 pagine nessun leader politico si è espresso, si è dissociato o ha fatto una dichiarazione contraria all’avanzare di fake news su pagine false. Lo trovo gravissimo. Il fatto che accettino, o peggio approvino, questa pratica è un problema grosso.
Non ho sentito ieri Di Maio o Salvini dire “io non voglio che i miei attivisti facciano questo”. Perché? La risposta è semplice: perché queste pagine portano voti e consenso.
C’è una responsabilità dei partiti, ma c’è anche una responsabilità di Facebook. Alcune di queste pagine erano infatti da due, tre, quattro, addirittura cinque anni online è già segnalate nella blacklist della disinformazione. Ovvero erano già state segnalate da organizzazioni indipendenti come Butac e Bufale.net. Sono gruppi di factcheckers che fanno questo per mestiere.
Facebook non si è curato di questa lista, mentre per esempio Agicom, l’ente garante per la concorrenza, l’ha utilizzata per un’indagine.
Il messaggio che viene così lanciato è: queste pratiche sono accettate. E quindi ecco il proliferare di manuali di istruzione per evadere il sistema di controllo, già debole.
No, attualmente non ci sono norme chiare. Perché se da una parte bisogna proteggere da notizie false, dall’altra bisogna garantire la libertà di espressione e di informazione. Sui social ci si muove sul filo di un rasoio.
La nostra posizione è che quando si utilizzano tecniche fake oppure di avere tante pagine che fanno spamming per dare un effetto massivo, che tutti stanno parlando di questa cosa. Tutti questi comportamenti vanno censurati e vanno chiuse queste pagine.
Ma per quanto riguarda le fake news è molto più semplice: quando un fack checker indipendente ha scoperto una fake news, basterebbe sgonfiarne la viralità, che dura 24-48 ore. Le notizie false sono dei contenuti con grande potenziale, perché vengono commentati e ri-condivisi tantissimo e finiscono sui feed di tutti. Per l’algoritmo sono ottimi contenuti, ma qui ci vuole sensibilità umana, non solo algoritmi informatici.
Ecco, Facebook deve smettere di rendere virale il contenuto. Invece gli interventi sono troppo lunghi e le visualizzazioni continuano. Al momento non ci sono investimenti seri su questo.
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