Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Economia
  • Home » Tecnologia

    AI: l’impatto sulle agenzie e il ruolo che giocherà l’AI ACT

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 23 Set. 2024 alle 18:54 Aggiornato il 24 Set. 2024 alle 09:06

    L’attività di professionisti e agenzie di marketing ruota da sempre attorno alle capacità umane, considerate fondamentali nella fase creativa e nella gestione di ogni altro processo operativo. L’avvento dell’Intelligenza artificiale, con il suo boost di risorse e tecnologie, ha contribuito a modificare le modalità operative di queste realtà, spostando il baricentro dalle facoltà dell’individuo alle semplificazioni offerte dall’automazione.

    È così che l’AI generativa ha innescato di fatto una rivoluzione che ha permesso a moltissime agenzie di migliorare i flussi di lavoro. Un approccio che ha reso possibile semplificare e velocizzare gran parte dei processi, efficientando l’attività dei singoli e migliorando le strategie operative.

    Agenzie di comunicazione: ecco come stanno cambiando con l’AI

    L’AI offre un ecosistema ad alta tecnologia, particolarmente vantaggioso per chi si occupa di marketing e pubblicità.

    Attraverso un approccio basato sull’AI è possibile infatti gestire in modo più veloce un’innumerevole quantità di processi, beneficiando per esempio di un’accelerazione delle operazioni più complesse, di un’ottimizzazione del processo creativo e di un’automatizzazione delle azioni ripetitive, cui consegue una parallela diminuzione dell’errore umano.

    Naturalmente, grazie alle innumerevoli potenzialità dell’AI, professionisti e agenzie possono impiegarla in modi molto diversi. Uno degli utilizzi più basilari è quello che prevede l’implementazione dell’AI per la gestione di grandi set di dati, grazie alla quale è possibile ridurre le complessità inerenti alle attività di integrazione, organizzazione e interpretazione di un elevato quantitativo di informazioni.

    Un approccio un po’ più strutturato è invece quello che prevede l’utilizzo dell’AI come uno strumento per riassumere velocemente il contenuto di riunioni aziendali, per esempio per generare trascrizioni che diano risalto alle questioni prioritarie, così da concentrare il focus sui punti chiave dell’incontro e ridurre il sovraccarico di informazioni.

    In molti casi, l’AI diventa anche uno strumento di supporto alla produttività e, in particolare, per quella che è la fase creativa: un processo che, se in alcuni casi comporta soltanto una semplice attività di ispirazione e revisione, molto spesso va oltre il controllo e l’organizzazione delle idee, includendo anche aspetti come il vero e proprio sviluppo dei contenuti creativi.

    Le ragioni sono da ricercare in un sistema che, sebbene ritenuto ancora non del tutto affidabile, e talvolta incapace di cogliere contesti e sfumature, può velocizzare il processo creativo, di fatto ottimizzando le attività di content marketing e contribuendo alla pianificazione e alla consegna dei progetti.

    Cosa cambierà con l’AI ACT

    Con l’entrata in vigore dell’AI ACT, l’attuale scenario potrebbe però subire un cambiamento: la nuova legge europea sull’AI – un regolamento rivolto a chiunque, in qualità di sviluppatore, fornitore o di utilizzatore, abbia a in qualche modo a che fare con i sistemi basati sull’AI – è destinata a regolare, in maniera rigorosa, il modo in cui ci si approccia a questo strumento così innovativo.

    Con tale regolamento, l’Ue punta in particolare a promuovere l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, tenendo conto delle sue criticità e delle conseguenze che un uso sconsiderato potrebbe avere sulla realtà sugli individui; per farlo, fornisce un quadro normativo finalizzato a evitare le potenziali ripercussioni legate all’AI, delineando nuovi standard etici, di trasparenza e di sicurezza atti ad affrontare le nuove sfide di fatto connesse all’utilizzo di questa controversa e innovativa tecnologia.

    Naturalmente, ci vorrà ancora del tempo affinché l’AI ACT diventi effettivo, ma con la fase di approvazione sembra essersi già delineato quello che sarà il futuro dell’Intelligenza artificiale in Europa. Ne abbiamo parlato con Alessandro Vercellotti, founder partner dello studio di avvocati Legal for Digital, la prima realtà italiana sul diritto digitale, specializzata in tutto ciò che concerne la Privacy, il legal tech, l’Intellectual property, l’e-commerce, la contrattualistica e l’AI.

    L’AI ACT è arrivato, dovremmo dire finalmente o purtroppo?

    Intanto diciamo subito che fino al 2026 non sarà ancora esattamente arrivato, come già fu per il GDPR, ci vorranno un paio di anni prima dell’entrata in vigore effettiva.

    L’intelligenza artificiale, però, è già utilizzata da molti professionisti che si chiedono cosa fare e in che misura devono dirlo al cliente.

    Partiamo dal fatto che i livelli di utilizzo dell’Intelligenza Artificiale possono impattare in maniera diversa nel flusso di lavoro. Un professionista può usarla per il brainstorming, per recuperare quelle informazioni utili ad avere idee o dati su cui costruire un progetto. Il livello dopo è quello di chi ne rielabora output implementando la propria creatività. Il livello di utilizzo massimo è quello in cui l’elaborato dell’AI è considerato fatto e finito e così viene girato al cliente finale. In ogni caso, ad oggi, dirlo o non dirlo è una scelta che definisce il professionista e che crea il suo personale rapporto con il cliente.

    Ci stai dicendo che legalmente non è un problema non dichiarare l’uso di AI?

    Esatto, solo che sto anche dicendo che, se da un lato per il brainstorming non serve davvero comunicarlo e nella fase di output rielaborati è una scelta, dico che nella fase in cui si rivende un elaborato totalmente generato da AI, ricordiamoci che esistono tool con cui il cliente può verificare come il materiale è stato prodotto. Sebbene questi tool possano dare dei falsi positivi, non è mai un ottimo elemento reputazionale non essere trasparenti.

    Cosa consigli di fare quindi?

    A mio avviso, ad oggi, il percepito è ancora che usare un’Intelligenza Artificiale sia un minus, è un tipico bias cognitivo che o cavalchi o combatti del tutto. La comunicazione è alla base del lavoro di un’agenzia e prendere una posizione sul tema è qualcosa di personale, ma che definisce anche il target che ci sceglierà. La scelta comunque consigliata è sicuramente quella di indicarlo se se ne fa un forte uso, a partire dal contratto che è il primo strumento di personal brand col quale definirsi.

    Ricapitolando: se fino al 2026 l’AI ACT non sarà in vigore, questi saranno due anni di pirateria in materia?

    In realtà no, perché se ci pensiamo cosa accade con le varie AI? Che si movimentano dati, informazioni che già sono soggette al GDPR o ad altre normative come il codice del commercio e consenso elettronico per gli e-commerce, ad esempio. Di fatto, ad oggi, l’applicabilità dell’AI ACT passa attraverso normative già in vigore, anche perché, con la velocità a cui l’Intelligenza Artificiale sta procedendo sarà da verificare se nel 2026 sarà ancora attuale o dovrà essere rivisto.

    Per approfondimenti:

    https://m.youtube.com/@legalfordigital
    https://www.instagram.com/avvocatodeldigitale/
    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version