Immortalato sotto la pioggia da Jacques Prévert nella sua indimenticabile poesia “Rappelle-toi Barbara”, il porto atlantico di Brest in Bretagna darà il via domani, si spera sotto al sole, al 108° Tour de France. Com’è ormai consuetudine negli anni olimpici estivi, la Grande Boucle anticipa la partenza a fine giugno e si presenta in versione decisamente più leggera rispetto al tradizionale menù di Alpi, Pirenei e Massiccio Centrale, farcito di cronometro.
S’inizierà con due tappe mosse, la seconda più della prima. L’arrivo di domenica sul Mur de Bretagne, che nel 2018 costò a Tom Dumoulin la vittoria finale, darà una prima impronta alla classifica che verrà poi ulteriormente indirizzata mercoledì 30 giugno dai 27 km contro il tempo da Changé a Laval. La frazione, interamente pianeggiante, dovrebbe permettere agli specialisti di guadagnare terreno sugli scalatori puri. La prima settimana si concluderà con le due tappe alpine. Sabato 3 luglio si andrà da Oyonnax a Le Grande Bornand. Saranno cinque i GPM da affrontare nei 151 km del tracciato con il trittico Côte de Mont-Saxonnex – Col de Romme – Col de la Colombière, tre vette di prima categoria, che deciderà l’esito della corsa, posto che l’ultima asperità si trova ai meno 14 dal traguardo. Il giorno seguente si disputerà la breve ma intensa Cluses – Tignes. Saranno nuovamente cinque i GPM, tra cui il primo Hors Categorie di questa edizione del Tour, il Col du Pré, che precederà la lunghissima Montée de Tignes, 21 km al 5,6% , che terminerà soltanto a duemila metri dallo striscione finale.
Dopo il giorno di riposo, lunedì 5 luglio, avrà inizio il lungo l’attraversamento del Midì che porterà i corridori nell’arco di sei tappe dalle Alpi ai Pirenei. L’unica frazione tra queste che potrebbe avere un peso sulla classifica è l’undecima in programma mercoledì 7 luglio. Infatti, nei quasi 200 km da Sorgues a Malaucène ci sarà da scalare due volte la montagna cara a Francesco Petrarca: il Mont Ventoux. La prima ascensione verrà affrontata dal lato di Sault, più lungo ma meno duro, mentre la seconda ascesa dal versante di Bédoin, con passaggio in vetta a 22 km dall’arrivo, dovrebbe fare più selezione. Sarei disonesto se non esprimessi qualche perplessità sull’effettivo peso che questa giornata potrà avere sull’esito finale della corsa. Sicuramente più rilevante, invece, sarà la prima tappa pirenaica che, domenica 11 luglio, porterà la carovana gialla da Céret ad Andorra La Vella. La corsa potrebbe infiammarsi sull’ultima salita, il Col de Beixalis, la cui vetta è posta a 15 chilometri dalla conclusione.
Superato il secondo giorno di riposo nel Principato, i corridori affronteranno una tre giorni sui Pirenei che presenterà un crescendo di difficoltà. La sedicesima tappa da Pas de la Case a Saint-Gaudens sembra più adatta ad una fuga di comprimari. Diverso il discorso per la successiva Muret – Saint-Lary-Soulan con 178 chilometri che terminano sul Col du Portet che sarà preceduto da Peyresourde e Col de Val-Louron-Azet. In ultimo, la breve Pau – Luz Ardiden, di soli 130 chilometri, costituirà l’ultima occasione per gli scalatori con il suo finale arcigno: da Sainte-Marie-de-Campan si scalerà il leggendario Col du Tourmalet, seguito da una lunga picchiata fino a Luz-Saint-Sauveur e, infine, dalla salita finale verso il traguardo. Toccherà eventualmente poi alla crono finale da Libourne a Saint-Emilion, in programma sabato 17 luglio, dirimere lungo i suoi 31 km gli ultimi dubbi sulla classifica generale prima della passerella finale sui Campi Elisi.
Sono tre, tra corridori e squadre, coloro che possono legittimamente aspirare al successo finale. Tadej Pogacar (UAE – Team Emirates), lo sloveno campione uscente, il suo connazionale Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) e la corazzata Ineos Grenadiers con il suo poker d’assi: il gallese Geraint Thomas, vincitore del Tour 2018, l’ecuadoriano Richard Carapaz, trionfatore al Giro d’Italia 2019 e conquistatore del recente Giro di Svizzera, l’inglese Tao Geoghegan Hart, sorprendente maglia rosa finale del Giro 2020, e l’australiano Richie Porte, terzo l’anno scorso alle spalle dei due sloveni. Difficilissimo che altri possano inserirsi nella lotta per la maglia gialla finale.
Con solo nove rappresentanti al via, il ciclismo italiano certifica il suo pessimo stato di salute. Tra gli azzurri, solo il neo campione d’Italia Sonny Colbrelli (Bahrain Victorious) può puntare ad un successo di tappa con un remoto pensierino alla maglia verde della classifica a punti. Daniel Oss (Bora Hansgrohe) e Jacopo Guarnieri (Groupama – FDJ) lavoreranno per le volate dei loro rispettivi capitani, Peter Sagan ed Arnaud Demare. Davide Formolo (UAE – Team Emirates) sarà al servizio di Tadej Pogacar sulle salite. Faticheranno per la propria squadra anche Kristian Sbaragli (Alpecin Fenix), Lorenzo Rota (Intermarchè Wanty Gobert) ed il duo della Deceuninck Quick Step composto da Davide Ballerini e Mattia Cattaneo. Ho lasciato, volutamente ultimo, Vincenzo Nibali (Trek Segafredo). Nel 2019, vincendo la frazione alpina conclusiva di Val Thorans, sembrava essersi accomiatato in modo perfetto dalla corsa che lo ha reso immortale. Ora, dopo una stagione e mezza in sordina, torna alla Grande Boucle con il dichiarato intento di preparare la gara olimpica in linea del prossimo 24 luglio, non avendo neppure la certezza di venire convocato a disputarla. Si può solo sperare in una prova d’orgoglio dello Squalo dello stretto nel ricordo dei suoi giorni di gloria.