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Roberto Baggio commosso per Paolo Rossi: “È la fine del nostro calcio semplice”

Di Giovanni Macchi
Pubblicato il 13 Dic. 2020 alle 11:51

Entrambi campioni, entrambi simboli della Nazionale italiana, entrambi trascinatori del Vicenza ed entrambi palloni d’Oro con la maglia della Juventus: Paolo Rossi e Roberto Baggio sono legati da un filo sottile che passa dal calcio di una volta, quello che si imparava giocando per strada e in cui la fantasia contava più dei muscoli.

Ieri, sabato 12 dicembre, ai funerali di Pablito c’era anche Roby, commosso come raramente lo si era visto. Il divin codino ha voluto celebrare l’amato campione scomparso giovedì a 64 anni. “Se sono diventato calciatore lo devo a lui”, ha spiegato in una intervista concessa al quotidiano La Repubblica. “Come me non aveva un fisico perfetto, però mi ha suggerito il valore prevalente del cuore e del cervello”.

Baggio ha raccontato della sua infanzia allo stadio Menti di Vicenza: “Avevo 11 anni, e la domenica mio papà Florindo mi caricava sulla canna della sua bici. Venivamo a Vicenza per vedere giocare un ragazzo sconosciuto che si chiamava Paolo Rossi”. “Era l’autunno ’76. Nemmeno noi tifosi del Lanerossi sapevamo chi fosse. Si diceva solo che in squadra fosse arrivata una giovane promessa frenata dagli infortuni”.

“Noi, pur con oltre dieci anni di differenza, siamo stati di un’altra generazione”, osserva Roberto Baggio. “Penso che la mia sia l’ultima dei bambini autodidatti, che passavano infanzia e giovinezza a prendere a calci un pallone per la strada, solo per giocare e divertirsi… Oggi i ragazzi, fin dall’inizio, hanno a disposizione molti più dati per allenarsi e molti più schemi per trovare il loro posto sul campo. Crescono programmati. Noi improvvisavamo”.

Due palloni d’oro a Vicenza? “Resta un mistero unico al mondo”, sorride Roby. “Ne abbiamo riso spesso con Paolo: abbiamo concluso che il segreto è la familiarità, che qui viene prima della popolarità. Abbiamo potuto restare semplici, conservare gli amici, avere una famiglia, sentirci sempre a casa, tenere la giusta dimensione. Il Pallone d’oro si vince se non si smette il dialetto”. La morte di Paolo Rossi, secondo Baggio, segna “la fine di quel nostro calcio”.

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