L’olandese Mathieu Van der Poel (Alpecin Deceuninck) ha vinto la 120ma edizione della Parigi- Roubaix, disputata, come la prima nel 1895, nel giorno di Pasqua. Il nipote di Raymond Poulidor ha percorso i 256,6 chilometri previsti in 5h28’41” alla media record di 46,841 kmh, distanziando di 46″ il compagno di squadra, il belga Jasper Philipsen, che ha preceduto il connazionale Wout Van Aert (Jumbo Visma), grande sconfitto di giornata, oggi come sette giorni fa al Giro delle Fiandre. Il danese Mads Pedersen (Trek Segafredo) ha conquistato la quarta moneta a 50″ davanti allo svizzero Stefan Kung (Groupama FDJ) e al nostro Filippo Ganna (Ineos Grenadiers), migliore tra gli azzurri ma mai veramente in lotta per il successo finale. Con il successo odierno, l’ottavo di un tulipano nella corsa delle pietre a un anno da quello di Dylan van Baarle, il figlio di Adrie ha uguagliato il record di Cyrille Van Hauvert (1908), Sean Kelly (1986) e John Degenkolb (2015), unici prima di lui a completare la doppietta Sanremo-Roubaix.
Simile alla Ronde van Vlaandren di sette giorni fa, la corsa è partita a un ritmo forsennato, cosa che ha reso difficile la nascita della consueta fuga iniziale. Alla fine, dopo 70 chilometri di tentativi andati a vuoto, riuscivano a prendere il largo quattro corridori: i tedeschi Jonas Koch (Bora Hansgrohe) e Juri Hollmann (Team Movistar), il canadese Derek Gee (Israel Premiertech) e l’olandese Syoerd Bax (UAE Team Emirates). Il quartetto guadagnava 90 secondi, vantaggio che si manteneva stabile per i successivi 80 chilometri di gara.
A questo punto, a 100 chilometri esatti dall’arrivo, la corsa esplodeva. Sul tratto di pavè numero 20, denominato Haveluy à Waller, poco prima dell’ingresso nella Foresta di Arenberg, attaccava in modo deciso Van Aert che sgretolava il gruppo, portandosi dietro altri nove corridori: il trio Alpecin formato da Gianni Vermeesch, Philipsen e Van der Poel, Ganna, Pedersen, Kung, i tedeschi John Degenkolb (Team DSM) e Max Walscheid (Cofidis) e il belga Laurenz Rex (Intermarchè Circus Wanty). Nella foresta andava in frantumi la bicicletta di Gee, facendo si che al momento del ricongiungimento tra i due gruppi si formasse un drappello di 13 al comando della corsa.
Simile ai 10 piccoli indiani di Agatha Christie la fase successiva, i 70 chilometri precedenti l’ultimo tratto a cinque stelle di pavè, le Carrefour de l’Arbre, vedevano i battistrada perdere pezzi. Era, dunque, un plotone quasi dimezzato, cono solo sette componenti, a presentarsi ai 2.100 metri tradizionalmente decisivi della corsa. Sul pavè dissestato, Philipsen scandiva l’andatura seguito dal suo capitano. Degenkolb, in terza ruota, tentava un maldestro sorpasso in un pertugio che non c’era rovinando addosso al duo Alpecin. Il tedesco finiva a terra, e con lui i suoi sogni di gloria, mentre Philipsen e Van der Poel, pur sbandando vistosamente, riuscivano a rimanere in piedi. Van Aert, quarto nella fila prima dell’incidente, con grandissima abilità saltava il trio che lo precedeva, allungando in modo perentorio. Van der Poel reagiva repentinamente con un guizzo felino, riportandosi nel giro di 500 metri, da solo, sull’eterno rivale. L’olandese, poi, prendeva il comando, allungando sul fiammingo, che, proprio in quel momento, forava venendo ripreso dagli altri.
Al rientro sull’asfalto, ai meno 15 dal traguardo, il nipote di Poupou poteva vantare 25″ di margine su un quintetto di inseguitori. Di questi, però, solo Van Aert e Pedersen tiravano per tentare il ricongiungimento, Ganna e Kung essendo stremati, mentre Philipsen rompeva i cambi a protezione del capitano in fuga. Mathieu entrava solitario al velodromo per chiudere da trionfatore una primavera che solo la presenza d’un certo Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) domenica scorsa alla Giro delle Fiandre ha impedito diventasse unica nella storia del ciclismo.