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Parigi – Roubaix 2022: Elisa Longo Borghini ha chiamato. Filippo Ganna risponderà?

Credit: EPA/JEFF PACHOUD / POOL
Di Simone Gambino
Pubblicato il 16 Apr. 2022 alle 18:38

Parigi – Roubaix 2022: Elisa Longo Borghini ha chiamato. Filippo Ganna risponderà?

Preceduta dalla splendida vittoria odierna di Elisa Longo Borghini (Trek Segafredo) nella seconda edizione della versione femminile, si disputerà domani, nella canonica ricorrenza che l’ha resa originariamente nota come la Pascale, la 120ma Parigi – Roubaix maschile. La corsa delle pietre torna, dopo tre anni, nella sua collocazione naturale ad aprile. A onor del vero, c’è stata una inversione nel calendario con la Amstel Gold Race per evitare la concomitanza con le elezioni presidenziali francesi. Dopo l’edizione del 2019, vinta da Philippe Gilbert (Lotto Soudal), nel 2020 non si è gareggiato a causa della pandemia, che l’anno scorso ha anche provocato il posticipo ad ottobre, quando la vittoria di Sonny Colbrelli ha posto fine ad un digiuno azzurro di 22 anni. Si correrà per 257 chilometri da Compiegne fino al leggendario velodromo della città, posta a due chilometri dal confine con il Belgio. Quasi un quinto del percorso, 54.800 metri esattamente, sarà sul pavé, la pavimentazione stradale formata da cubetti di pietra, di difficile percorrenza già in condizioni normali, su cui diventa quasi impossibile restare in equilibrio in condizioni bagnate. Per domani le previsioni atmosferiche sono buone, per cui non si dovrebbe assistere, come sei mesi fa, ad una edizione da tregenda segnata da capitomboli a raffica.

Per trovare un successo italiano, prima di Colbrelli, bisogna tornare indietro 22 anni, all’undici aprile 1999 quando Andrea Tafi, in maglia tricolore, si presentò da solo al vetusto velodromo. In totale, per 14 volte la corsa delle pietre ha sorriso ai nostri corridori. Ai suoi albori, nel 1897, a vincere fu Maurice Garin, il leggendario spazza cammino d’Aosta, che si ripete l’anno successivo, divenendo poi nel 1903, dopo aver preso la cittadinanza francese, il primo conquistatore del Tour de France. Il parmense Giulio Rossi, conosciuto in Francia come Jules ma rimasto sempre cittadino italiano, trionfò nel 1937. Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1949 ci fu la controversa vittoria di Serse Coppi, assegnata ex aequo, dopo sei mesi di carte bollate, con il francese André Mahé, che era effettivamente arrivato primo sul traguardo, ma percorrendo una strada sbagliata. Dodici mesi dopo Fausto Coppi emulò suo fratello in modo decisamente più enfatico, infliggendo quasi tre minuti al francese Maurice Diot, secondo classificato. A completare il tris azzurro nel 1951 ci pensò poi il veneziano Antonio Bevilacqua, anch’egli vincitore per distacco, un minuto e mezzo, sull’icona d’oltralpe degli anni cinquanta, Louison Bobet.

Un digiuno di 15 anni, interrotto nel 1966 dal 23enne Felice Gimondi. Il bergamasco, partito in tandem con Michele Dancelli, si presentò al velodromo con oltre quattro minuti di vantaggio sull’occhialuto olandese Jan Jansenn. La corsa delle pietre sembrava inizialmente stregata per Francesco Moser che, dal 1974 al 1977, ne fu grandissimo e sfortunato protagonista collezionando due secondi posti. Finalmente, nel 1978 in maglia iridata, il sortilegio si ruppe dando inizio ad un tris di successi in solitaria del trentino, entrati nella leggenda del ciclismo. La stessa maledizione sembrava aver colpito il fiorentino Franco Ballerini, sconfitto nel 1993 al fotofinish dal francese Gilbert Duclos – Lassalle, fino a quando, nel 1995, il maleficio ebbe fine ed il compianto futuro Commissario Tecnico colse la vittoria, che avrebbe poi bissato tre anni dopo. Tafi lo seguì a dodici mesi di distanza, prima del lungo digiuno interrotto il 3 ottobre scorso da Colbrelli.

Sonny domani non ci sarà ma, fortunatamente, è ancora tra di noi. Avendo lui stesso ripetutamente sottolineato quanto si senta fortunato ad aver superato il drammatico momento del 22 marzo scorso, quando un malore al termine della prima tappa del Giro di Catalogna aveva fatto temere il peggio, non serve scrivere altro. Mancherà anche Gianni Moscon, quarto sei mesi fa in una gara che, a 30 chilometri dall’arrivo, sembrava avere in pugno. A tenere deste le speranze di una clamorosa doppietta azzurra ci sarà Filippo Ganna (Ineos Grenadiers) che, nel 2016, la corsa delle pietre l’aveva già vinta, nella categoria Espoirs. Il verbanese, che ad agosto darà l’assalto al record dell’ora, tenterà d’emulare l’impresa odierna della sua concittadina Elisa Longo Borghini, partita a 33 chilometri dall’arrivo ed arrivata solitaria al velodromo in maglia tricolore, come Moser e Tafi.

Gli avversari più pericolosi per il granatiere piemontese saranno gli eterni duellanti del ciclismo contemporaneo: Wout van Aert (Jumbo Visma) e Mathieu Van der Poel (Alpecin Fenix). Nessuno dei due ha mai vinto la Roubaix eppure saranno loro due domani i fari della corsa. Molti sperano che, alla fine, entrambi corrano per assicurarsi che l’altro non vinca. Tra questi, oltre a Ganna ed ai suoi compagni della Ineos Grenadiers, l’inglese Tom Pidcock e lo statunitense Magnus Sheffield, ci saranno i danesi Kasper Asgreen (Quick – Step Alpha Vinyl Team) e Mads Pedersen (Trek Segafredo), i francesi Christophe Laporte (Jumbo Visma) e Florian Senechal (Quick – Step Alpha Vinyl Team), i belgi Greg Van Avermaet (AG2R Citroen), vincitore nel 2017, Yves Lampaert (Quick – Step Alpha Vinyl Team) e Florian Vermeesch (Lotto Soudal), secondo dietro a Colbrelli sei mesi fa in un drammatico sprint a tre con anche Van der Poel.

La Pasqua sportiva sarà tutta incentrata sulla Parigi – Roubaix. Non resta che sperare in uno spettacolo esaltante, degno d’una platea globale, come quello cui abbiamo assistito il 3 ottobre scorso. Se poi al trionfo rosa odierno si aggiungesse domani una resurrezione azzurra, credo che la ricorderemo a lungo negli anni a venire.

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