Cinquanta anni fa il trionfo di Gianni Rivera: il 23 dicembre 1969 il campione del Milan vinceva il Pallone d’Oro, il massimo riconoscimento individuale per un calciatore. Rivera, all’epoca ventiseienne, fu il primo italiano a sollevare il trofeo (se non consideriamo l’oriundo Omar Sivori nel 1961).
Il 1969 fu un anno magico per il campione rossonero che raggiunse l’apice della sua carriera disputando (e vincendo) una Coppa dei Campioni da assoluto protagonista. Rivera, ribattezzato Golden Boy, infatti trascinò il Milan alla vittoria finale, dando il suo contributo anche nell’epico match contro l’Ajax di Johan Cruijff del Santiago Bernabeu. In ottobre poi il trionfo nella coppa Intercontinentale: gol di Rivera nella finale di ritorno contro l’Estudiantes.
Insomma, il 1969 consacrò definitivamente Rivera. Lo rese immortale. Un campione assoluto che non a caso fu definito dal collega della Juventus Michel Platini “uno dei più grandi assistmen della storia del calcio”.
Durante la sua strepitosa carriera, Rivera ha – ovviamente – vestito anche la maglia della Nazionale (campione d’Europa 1968). Un rapporto, quello tra il campione e la maglia azzurra, però turbolento. Nel 1970, in occasione del Mondiale in Messico, Golden Boy e Sandro Mazzola furono i protagonisti della famosa “staffetta”. Un dualismo su cui si scatenarono i media.
Secondo Rivera il capodelegazione FIGC Walter Mandelli aveva fatto pressioni sul commissario tecnico Valcareggi per non schierarlo tra i titolari durante quel Mondiale. Dopo l’esclusione dalla prima partita contro la Svezia, il campione rossonero infatti si sfogò con la stampa: “Può darsi mi abbiano messo apposta in questa condizione, non facendomi giocare fra i titolari nella partita di mercoledì per provocarmi, per farmi parlare e giustificare la mia esclusione con i motivi disciplinari. Ma non è questo il modo di agire, preferisco che le cose mi vengano dette in faccia”.
Della vicenda parlò anche Gianni Brera che scrisse: “Come l’effigie di Garibaldi non basta a vincere le battaglie, così impostare la squadra sui beniamini delle mamme non basta a vincere le partite”.
Rivera non partì tra i titolari neppure nelle successive due gare contro Uruguay e Israele, terminate 0-0. La sterilità offensiva indusse Valcareggi a tentare la cosiddetta “staffetta” con Mazzola anche se questo portò i giocatori a dividersi: da una parte il blocco difensivo (pro Mazzola); dall’altra gli attaccanti Riva e Boninsegna (pro Rivera).
Poiché la (storica) semifinale contro la Germania Ovest aveva “mostrato che la presenza di Rivera allungava pericolosamente la squadra”, in finale contro il Brasile Valcareggi optò per Mazzola, annullando la staffetta e inserendo Rivera solo all’84’, al posto dell’attaccante Boninsegna, a gara ormai compromessa. Una scelta che non fu affatto gradita né da Rivera né dai tifosi azzurri.