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    L’ISIS minaccia il Mondiale di Russia 2018: nel mirino anche Messi e Neymar

    Le minacce dell'ISIS

    Lo Stato Islamico avrebbe messo nel mirino la Coppa del Mondo. Ma in Russia rassicurano: tutto sotto controllo

    Di Anton Filippo Ferrari
    Pubblicato il 7 Giu. 2018 alle 13:42 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:55

    Secondo diversi esperti di sicurezza, i terroristi del sedicente Stato Islamico (ISIS) rappresentano una vera minaccia per i Mondiali di Russia 2018.

    Un allarme scattato già dallo scorso anno quando sono apparsi dei fotomontaggi sui vari social da parte del braccio di propaganda dello Stato Islamico noto come Wafa Media Foundation.

    Immagini crude ed esplicite in cui vengono mostrati i campioni del Mondiale come Messi e Neymar vestiti con le divise arancioni usate per le esecuzioni, in ginocchio o a terra con coltelli alla gola o morenti di fame.

    “Non ti piacerà la sicurezza finché non la vivremo nei paesi musulmani”, lo slogan che accompagnava le immagini.

    Brian Glyn Williams e Robert Troy Souza, autori di un rapporto pubblicato il mese scorso dal Combating Terrorism Centre (CTC) di West Point sui pericoli che l’ISIS possa compiere attentati durante la Coppa del Mondo, hanno detto che la campagna di propaganda messa in campo dallo Stato Islamico è stata “senza precedenti” .

    “Negli ultimi anni ci sono stati numerosi attacchi terroristici di successo in Russia da parte di terroristi legati o ispirati dallo stato islamico”, hanno scritto. “Questo suggerisce che il gruppo potrebbe avere la capacità di lanciare attacchi in Russia durante la Coppa del Mondo”.

    Pericolo numero uno: i lupi solitari, assalitori che agiscono da soli dopo essere stati deviati dalla propaganda dello Stato Islamico o dai jihadisti locali. Persone di nazionalità russa o provenienti dalla Cecenia e dal resto del Caucaso e dall’Asia centrale.

    Per lo più si tratterebbe di combattenti che sono tornati di recente dalla Siria e dall’Iraq dopo aver liquidato la loro campagna per creare un “califfato” islamico effimero in Medio Oriente.

    Secondo il Centro per gli studi strategici e internazionali di Washington, si stima che circa 8.500 jihadisti provenienti dalla Russia e dall’ex Asia centrale sovietica si siano uniti ai ranghi dello Stato Islamico e di altri gruppi jihadisti nella regione. Non è però ancora chiaro in quanti siano sopravvissuti e tornati “a casa”.

    Prima del rientro in patria in molti – secondo gli esperti – sarebbero stati incaricati di creare alcune cellule dormienti in Russia pronte ad entrare in azione quando necessario. Ad esempio durante un Mondiale.

    Un rischio elevato che ci sarebbe stato anche se la Russia non fosse intervenuta in Siria per conto del presidente Bashar al-Assad.

    “La minaccia del terrore ora esiste per tutte le competizioni sportive internazionali: attirano le telecamere e, quindi, i terroristi”, ha affermato Pascal Boniface, direttore dell’Istituto francese per gli affari internazionali e strategici, specializzato in geopolitica e calcio.

    “L’intervento della Russia in Siria è un fattore aggravante, ma non è ciò che ha creato questo problema”, ha concluso l’analista francese.

    Intanto a Mosca le autorità stanno cercando di dare un tono rassicurante. “Le nostre operazioni di sicurezza tengono conto di tutti i tipi di possibili pericoli e rischi”, ha dichiarato all’AFP il capo del comitato organizzativo della Coppa del Mondo, Alexei Sorokin.

    “Tutto è sotto controllo e spero che troveremo il giusto equilibrio tra comfort e sicurezza, senza inclinarsi da una parte o dall’altra”.

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