“I gemelli del gol”: la storia dell’amicizia tra Vialli e Mancini dal 1984 a oggi
“Grazie Signore che ci hai dato il calcio, che ci fa abbracciare, che ci fa sognare, che ci fa vincere”, ha urlato il telecronista di Sky Sport Fabio Caressa dopo la vittoria dell’Italia domenica 11 luglio al Wembley stadium di Londra facendo il verso a Victor Hugo Morales. L’abbraccio struggente tra Vialli e Mancini in lacrime dopo il tuffo di Gigi Donnarumma che è valso agli Azzurri il titolo europeo forse spiega perché.
Una storia che ha commosso milioni di tifosi, dai più giovani agli adulti abituati dagli anni ’80 – quando i componenti dell’attuale Nazionale non erano ancora nati o stavano per nascere – ad ammirare l’alchimia tra i due attaccanti dallo stadio Ferraris di Genova al Wembley di Londra.
Li chiamavano “i gemelli del gol“: insieme fecero volare la Sampdoria verso traguardi fino ad allora ritenuti irraggiungibili, vincendo l’unico scudetto che la squadra si sia mai aggiudicata fino a oggi grazie ai gol siglati in coppia. “Vialli è fortunato a giocare con me, gli faccio fare gol” diceva Mancini. “Sono io che trasformo in gol i passaggi imprecisi che fa”, rispondeva l’altro in una delle tante interviste condotte insieme nel periodo di massima gloria, in cui la loro relazione professionale e di amicizia diventò un cult non solo per i tifosi della Samp.
Uno, Vialli, più potente e muscolare; l’altro, Mancini, più elegante e pacato, caratteristiche complementari che l’allenatore della squadra approdato nel 1986, Vujadin Boskov, vide e decise di far fruttare a pieno. Allora, insieme, Mancini e Vialli avevano già vinto una Coppa Italia, nella stagione 1984-1985, ma il tecnico serbo li fece crescere e li portò a vincere ancora: la Coppa Italia nell’88, la Coppa delle coppe nel ’90 e lo storico scudetto del 1991 guadagnato a Lecce dopo un 3 a 0 contro l’Inter di Trapattoni.
Quel sogno però si interruppe bruscamente: nel 1992, a Wembley, la Samp perse la finale di Coppa contro il Barcellona dopo l’unico gol della partita messo a segno dagli avversari al 118esimo. Lì, sotto il cielo di Londra che domenica scorsa ha visto esplodere i coriandoli della Uefa sulle maglie degli Azzurri, la storia si interruppe. E il cerchio si aprì. Vialli lasciò la squadra alla fine della stagione per andare alla Juventus, Mancini restò altri cinque anni e passò alla Lazio nel ’97.
Nel frattempo nessuno dei due era riuscito a trionfare con la Nazionale: durante i mondiali di Italia ’90 il ct di allora, Azeglio Vicini, non valorizzò Mancini nelle arene nostrane, mentre Vialli non spiccò in una squadra di fuoriclasse.”Se il tempo è galantuomo in futuro dovranno ridarmi quello che mi hanno tolto in questi mesi. Al Mondiale del ’94 avrò 29 anni. Sarò nel pieno della maturità fisica e tecnica”, commentò Mancini durante un ritiro della Samp. Ma né lui né Vialli furono convocati per il mondiale del 1994, che l’Italia perse nella finale contro il Brasile ai rigori al Rose Bowl di Pasadena, in California.
29 anni dopo la sconfitta contro il Barca a Londra, quell’abbraccio struggente arrivato dopo la parata finale di Gigio Donnarumma sembra aver chiuso il cerchio. Lo stesso terreno maledetto che nel ’92 divise i gemelli del gol l’11 luglio ha sancito un ricongiungimento, vendicato una delusione, proiettato la vittoria mancata su scala Nazionale in un campionato che nessuno dei due aveva mai veramente giocato né vinto.
“Tanti auguri bomber e fratellino. Un giorno ideale per il compleanno” ha scritto Mancini su Twitter nel messaggio dedicato a Vialli il 9 luglio, per il suo compleanno. 48 ore dopo sarebbe arrivato quello ideale per la loro rivincita.
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