La denuncia di Alice Pignagnoli, portiere della Lucchese: “Esclusa dalla squadra perché incinta”
Le hanno tolto lo stipendio dopo aver scoperto che era incinta. È l’accusa lanciata contro il suo club da Alice Pignagnoli, portiere in serie C. La 34enne ha giocato dallo scorso agosto con la Lucchese, fino alla rottura a metà ottobre quando ha scoperto di essere incinta del suo secondo figlio.
“Mi è stato detto che ‘bisognerebbe rispettare i patti che si prendono d’estate’, ma la cosa più grave è stata quella di escludermi piano piano dalla squadra”, ha raccontato in un’intervista a La Stampa, in cui ha accusato la società di essersi rifiutata di corrisponderle stipendi e arretrati dopo aver dato la notizia.
“Mi ha chiamata l’amministratore delegato della società e mi ha detto: ‘Non posso dirti niente, perché anche io ho 3 figlie, ma bisognerebbe rispettare i patti che si prendono d’estate’. Io sono gelata, ho messo giù il telefono senza dire una parola”, ha detto Pignagnoli, ricordando che le altre compagne erano invece state “tutte felicissime” all’annuncio, (“ci siamo abbracciate”) così come il suo allenatore.
Diversa la reazione del club: “mi hanno impedito di seguire le partite perché hanno smesso di pagarmi le trasferte, mi hanno chiesto di liberare il mio posto letto e mi hanno tolto tutto il materiale sportivo: togliere la maglia a un giocatore vuol dire togliergli la dignità”.
Non era andata così per la sua prima gravidanza, quando la giocatrice militava nel Cesena che decise di rinnovarle il contratto quando era già incinta di sette mesi. Una scelta che fece scalpore e precedette l’introduzione di una norma che vieta la risoluzione del contratto in caso di gravidanza.
“Diciamo alle bambine che possono diventare astronaute, calciatrici, che possono fare quello che sognano. Ma poi non diamo loro concretamente le possibilità per farlo e le mettiamo difronte alla scelta: lavoro o famiglia”, ha sottolineato Pignagnoli, che dopo la prima gravidanza è tornata ad allenarsi a 100 giorni dal parto cesareo.
“È stato un percorso non facile e ora so che mi aspetta un’altra sfida tosta”, ha affermato. “Hanno finto di essere interessati a me come mamma e di venirmi incontro. Io ho sempre giocato in serie A e B, passare in serie C è stato un compromesso”.
“Non mi avevano ancora pagato nemmeno per gli arretrati, mentre alle altre atlete sì”, ha raccontato. “Non è una società in difficoltà, non volevano volontariamente pagarmi e non neanche riconoscermi il merito: ho una figlia di due anni, la lasciavo a Reggio Emilia per andare a Lucca ad allenarmi e giocare”.
Dopo che la denuncia è uscita sui giornali, il club è in parte tornato sui suoi passi. “La Lucchese mi pagherà fino al 31 gennaio, poi sono coperta dal fondo per la maternità della federazione per 12 mensilità, fino a gennaio 2024. Dovrò quindi trovare una nuova squadra entro quella data”.
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