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La madre di Djokovic: “Chiuso in una stanza piena di insetti. Lo tengono come un prigioniero”

Credit: Ansa
Di Antonio Scali
Pubblicato il 7 Gen. 2022 alle 12:48 Aggiornato il 7 Gen. 2022 alle 12:50

“Come un prigioniero”, addirittura “crocifisso come Gesù Cristo”. Paragoni impegnativi e decisamente azzardati quelli fatti dai genitori di Novak Djokovic, il campione attualmente chiuso in un hotel di Melbourne dopo la decisione dell’autorità frontaliera australiana di negare l’ingresso nel Paese al tennista, al quale era stata concessa un’esenzione medica speciale per partecipare agli Australian Open, pur non essendo vaccinato contro il Covid. Un caso che ha fatto il giro del mondo, coinvolgendo anche la politica. Djokovic è in attesa di un responso definitivo da parte delle autorità australiane, atteso per il 10 gennaio: gli avvocati di Djokovic, infatti, hanno presentato ricorso contro la decisione di negare il visto di accesso al numero 1 al mondo del tennis.

“Come volete che mi senta, è terribile. Novak viene trattato come un prigioniero. Lo tengono in una stanza sporca e piena di insetti”, ha dichiarato ai giornalisti la mamma di Djokovic, Dijana. “L’ho sentito per poco tempo, qualche minuto – ha spiegato durante una breve conferenza stampa -. Ha provato ad addormentarsi, ma non c’è riuscito”. “Spero che Novak vinca questa battaglia. Non si trova in un albergo, ma in un hotel per immigrati sporco, pieno di insetti e dove viene servito cibo disgustoso. E non gli hanno neanche dato la possibilità di spostarsi in un’altra struttura. O di prendere una casa in affitto”, ha aggiunto la donna.

Intanto la ministra australiana degli Interni Karen Andrews ha smentito che Djokovic sia “prigioniero”, visto che è libero di lasciare l’Australia quando lo desidera: “Djokovic non è prigioniero in Australia”, ha detto la ministra Andrews in un’intervista alla radio, “è libero di lasciare lasciare il paese in qualsiasi momento voglia, cosa che le autorità di frontiera faciliterebbero”.

Il padre di Nole aveva usato parole ancora più incredibili: “Novak è lo Spartacus del nuovo mondo che non tollera l’ingiustizia, il colonialismo e l’ipocrisia”, ha dichiarato il papà del tennista parlando con i media russi. Secondo l’uomo, il figlio “è diventato il simbolo e il leader del mondo libero, un mondo di Nazioni e persone povere e oppresse”, paragonandolo poi a “Gesù Cristo, che hanno crocifisso”.

“Potranno incarcerarlo stasera, incatenarlo domani, ma la verità è come l’acqua, perché trova sempre la sua strada. Novak ha dimostrato che puoi ottenere qualsiasi cosa se hai dei sogni, e condivide questi sogni con miliardi di persone che lo ammirano”, ha aggiunto Srdjan Djokovic. Anche il fratello del tennista, Djordje, è intervenuto in difesa del campione serbo nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Belgrado: “Novak e il suo team non hanno avuto modo di contattare le autorità federali. È stato trattato come un criminale mentre è un uomo sano e rispettabile e uno sportivo che non ha messo in pericolo la vita di nessuno e non ha commesso alcun reato federale o legale”. “Grazie in tutto il mondo per aver usato la vostra voce per inviare messaggi di amore a mio marito. Sto facendo un respiro profondo per calmarmi e trovare gratitudine in questo momento per tutto ciò che sta accadendo”, ha dichiarato la moglie del tennista, Jelena.

Intanto oggi il numero 1 del tennis ha ricevuto una visita, quella di un sacerdote della chiesa ortodossa serba della Santissima Trinità di Melbourne, che ha chiesto il permesso alle autorità per l’immigrazione di visitare il tennista per celebrare il Natale ortodosso. “Il nostro Natale è ricco di molte usanze ed è molto importante che un prete lo visiti”, ha detto all’Australian Broadcasting Corp il decano della chiesa, Milorad Locard.

Djokovic rimarrà solo nell’hotel di detenzione per tutto il fine settimana, mentre i suoi avvocati continueranno a combattere per consentirgli di rimanere in Australia e difendere il titolo vinto durante l’ultima edizione degli Australian Open, il nono della carriera. Lunedì il caso verrà discusso davanti a un giudice della Corte federale.

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