Tamponi negativi in Italia e positivi per l’Uefa, Lazio: “Ci diano spiegazioni”
Fino a qualche settimana fa, la Lazio era una delle poche società di Serie A ad aver registrato un solo caso ufficiale di calciatore positivo al Covid-19: Muriqi. Nelle ultime ore, però, l’ombra di un focolaio di Coronavirus si è allungata su Formello: Lucas Leiva, Strakosha, Armini, Cataldi e Luiz Felipe non si sono allenati per giorni, mentre a Immobile, Luis Alberto, Lazzari e Djavan Anderson oggi è stato impedito di partire insieme al resto della squadra per il Belgio, dove domani si giocherà Bruges-Lazio, valida per i gironi di Champions League. Tutti e quattro i calciatori fermati erano nel gruppo squadra che ieri si è sottoposto ai tamponi disposti dall’Uefa (quando si gioca in Europa, i test sui calciatori vengono svolti sotto la guida del massimo organismo europeo, che in collaborazione con i team sceglie i laboratori in cui svolgere gli esami) a 48 ore dalla gara. Assieme a loro era risultato positivo anche Andreas Pereira, che però ha ricevuto il via libera dopo un nuovo tampone di controllo, negativo.
Così, mentre la Lazio si appresta a vivere la sua trasferta di Champions con una rosa decimata, tra gli addetti ai lavori hanno iniziato a circolare perplessità circa l’affidabilità dei tamponi “made in Uefa”. O meglio, la sensazione è che i controlli fatti in Europa siano molto più scrupolosi, al punto da individuare come positivo un calciatore che in Italia era invece negativo al Covid-19. TPI ne ha parlato con Ivo Pulcini, responsabile sanitario della Lazio, che ha spiegato il suo punto di vista sul protocollo europeo chiedendo però a gran voce spiegazioni sulla policy di fermare i giocatori totalmente asintomatici.
Professore, ci sono differenze tra i tamponi fatti in Italia per la Serie A e quelli fatti in vista della Champions League, sotto la guida dell’Uefa?
No, non possono esserci. Io non ho visto differenze nei test tra campionato e Coppa. Certo, esistono diversi tipi di tamponi e ci possono essere diverse ragioni che inducono a usarne uno e non un altro, ma i reagenti funzionano tutti allo stesso modo.
Quindi non si può parlare di tamponi più e meno sensibili, a seconda se si facciano in Italia o in Europa.
No, assolutamente. Tuttavia c’è il tema dei falsi positivi e dei falsi negativi. Noi, come Lazio, ancora non abbiamo le risposte sui due tamponi fatti ieri. Abbiamo contestato però, in un caso, un falso positivo. E infatti il tampone di controllo ha poi dato esito negativo. Quando ci sono dubbi, chiediamo sempre la possibilità delle contro-analisi. Ma anche in questi casi, se c’è un problema è tecnico, non clinico. Se ho un calciatore totalmente asintomatico e un tampone è positivo e l’altro è negativo, è evidente che a cambiare sono le modalità di analisi del test stesso.
In questi giorni si sta parlando molto di pazienti “debolmente positivi” ma non infetti. Cosa ne pensa?
Ho già spiegato il mio punto di vista: scienziati e studiosi devono chiarire se un positivo asintomatico è malato oppure no. Per me no e io sono il medico che fa la diagnosi clinica, a differenza dei virologi che fanno vita da laboratorio e che ci indicano il metodo migliore per confermare o escludere la diagnosi del Covid-19. Stiamo parlando di gente sana, con carica virale bassa, che non solo non produce sintomi nel soggetto portatore, ma che non trasmette sintomi (visto che non li ha), anche se poi il tampone della persona con cui è stato in contatto è positivo. Un tampone può decidere se una persona e malata o meno, sostituendo il medico? Per me assolutamente no.
Nei giorni scorsi l’epidemiologo La Vecchia ha detto però che ci sono molti asintomatici con carica virale altissima.
E’ un enorme controsenso: come si fa ad avere una carica virale altissima e non presentare sintomi? Mi sembra una stupidaggine. In base ai miei studi, se c’è una malattia contagiosa, a contatto con un altro soggetto si producono gli stessi sintomi. Se questo non avviene, non è possibile che ci sia una carica virale alta. Se un soggetto è contagioso, bisogna arrivare a stabilire in che percentuale lo è e che conseguenze possono esserci. Ci sono studi scientifici che non possono essere superati dalla televisione o dalla paura del Coronavirus, che è più grave della pandemia stessa. In questa confusione, con i numeri sempre più difficili da interpretare, è anche complicato prendere una decisione in quanto medico della squadra. Io la legge la rispetto, però da medico credo che le regole vadano migliorate.
L’Inter è pronta a fare ricorso contro l’Uefa per la situazione di Hakimi.
Certo, è giusto. Hanno fermato un calciatore perché positivo, l’Inter poi ha dimostrato che era negativo. Se le autorità non fanno scendere in campo il giocatore, pur dichiarando che sta bene, è un controsenso. L’Inter può denunciare e chiedere il risarcimento dei danni.
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