Dopo la chiusura delle indagini dell’inchiesta Prisma sui conti della Juventus, la Procura federale della FIGC ha chiesto – e ottenuto – gli atti degli inquirenti per appurare che le condotte della dirigenza del club bianconero non siano rilevanti dal punto di vista sportivo. Il procuratore capo Giuseppe Chiné deve ora analizzarli per capire se sia possibile aprire un nuovo fascicolo dopo l’assoluzione degli undici club e dei 59 dirigenti sotto accusa per il caso plusvalenze, tra i quali c’erano appunto i vertici della Juventus Agnelli, Paratici, Arrivabene, Nedved e Cherubini. Le loro condotte furono considerate legittime per l’impossibilità di stabilire il reale valore di un calciatore al momento della cessione, ma la presenza di nuovi elementi come intercettazioni o documenti ufficiali potrebbe rimescolare le carte in tavola e costituire un rischio per il club anche dal punto di vista sportivo, come sanzioni o penalizzazioni in campionato.
Se dagli atti della Procura di Torino fosse possibile provare l’illecito ci potrebbe essere un nuovo round di fronte alla Corte federale. Il Chievo fu condannato per plusvalenze ed ebbe 3 punti di penalizzazione. Inoltre, potrebbe aprirsi uno scenario del tutto inedito alla Procura federale, quello relativo alla sospensione degli stipendi durante il Covid, poi “restituiti” con accordi privati. L’articolo 31 del codice di giustizia sportiva si occupa delle sanzioni per violazioni economiche. Nel caso in cui “la falsificazione dei propri documenti contabili o amministrativi ovvero qualsiasi altra attività illecita o elusiva” abbia permesso alla squadra in questione di ottenere il via libera per l’iscrizione al campionato la sanzione consisterebbe in una “penalizzazione di uno o più punti in classifica” fino alla “retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza e dunque il passaggio alla categoria inferiore”.
Non fosse così, si andrebbe da una multa all’inibizione dei dirigenti coinvolti, come chiesto dalla Procura federale in primo grado. Inoltre, lo stesso articolo 31 prevede che “la società che pattuisce con i propri tesserati o corrisponde comunque loro compensi, premi o indennità in violazione delle disposizioni federali vigenti, è punita con l’ammenda da uno a tre volte l’ammontare illecitamente pattuito o corrisposto, cui può aggiungersi la penalizzazione di uno o più punti in classifica”: è il caso degli accordi privati – da dimostrare – sugli stipendi durante il Covid.