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Caso Khelif, l’Iba pubblica la mail della Federazione italiana e attacca Malagò: “Ha mentito”

Credit: AGF
Di Enrico Mingori
Pubblicato il 12 Ago. 2024 alle 17:51

Le Olimpiadi di Parigi 2024 si sono chiuse, ma il caso Imane Khelif ancora no. Dopo l’oro vinto dalla pugile algerina, la Federazione internazionale di box (Iba) ha diffuso un comunicato nel quale accusa il presidente del Comitato Olimpico italiano (Coni) Giovanni Malagò di aver “mentito pubblicamente”.

La nota è accompagnata dal testo di una e-mail – con tanto di screenshot – che la Federazione Pugilistica Italiana (Fpi) ha inviato alla stessa Iba lo scorso 31 luglio, alla vigilia del match degli ottavi di finale dei Giochi di Parigi tra Khelif e l’italiana Angela Carini, sfida che ha visto l’azzurra ritirarsi dopo appena 46 secondi.

Nella mail l’Fpi chiede alla Federazione internazionale di “conoscere il test sulla base del quale la pugile algerina è stata squalificata dalla finale dei Mondiali femminili dell’Iba a Nuova Delhi dopo non aver superato le regole sull’eleggibilità”.

L’Iba non chiarisce se e come abbia risposto alla richiesta pervenuta dall’Italia, ma sostiene che questo messaggio dimostri come le pressioni su Carini siano state fatte dalla sua stessa Federazione, e non dall’Iba come invece aveva sostenuto nei giorni scorsi Malagò.

“Angela mi ha mostrato le pressioni cui è stata sottoposta nei giorni precedenti l’incontro dall’Iba”, aveva detto il presidente del Coni in un’intervista al quotidiano La Stampa. Una versione che l’Iba sostiene in questo modo di aver confutato.

“Malagò – si legge nel comunicato della Federazione internazionale – si è permesso di mentire pubblicamente sui media accusando l’Iba di esercitare pressioni sul loro atleta. In realtà, la pressione è ricaduta sull’Iba quando la parte italiana ha dato il via alla campagna contro il loro avversario”.

“Sebbene la notizia dell’ineleggibilità di Khelif e Lin (Lin Yu Ting, pugile taiwanese che si trova in una situazione analoga a quella dell’algerina, ndr) fosse stata resa pubblica dai media prima dell’incontro del primo agosto, è stata ampiamente ripresa dai media di tutto il mondo subito dopo l’esibizione di Carini”, sottolineano dall’Iba.

La Federazione internazionale di boxe assicura che “non aveva alcuna intenzione di sollevare un argomento che per noi era stato decisivo un anno fa e che si era concluso con la squalifica di entrambi i pugili”.

“Il Cio – insiste l’Iba – è stato informato per iscritto dello sviluppo, ma ha scelto di ignorare la questione”: secondo la Federazione di boxe, i criteri di ammissibilità alle gare del Comitato Olimpico Internazionale “si basano sul passaporto e non sul genere”, circostanza che porta l’Iba a essere “seriamente preoccupata per la sicurezza e il benessere dei nostri pugili”.

Vale la pena ricordare che l’anno scorso la Federazione – presieduta dal russo filo-putiniano Umar Kremlev – si è vista revocare dal Cio il riconoscimento perché non rispettiva i requisiti di buon governo, trasparenza e integrità sportiva.

Come noto, Imane Khelif e Lin Yu Ting sono state escluse dai Mondiali organizzati lo scorso anno dall’Iba in India perché ritenute inadatte a gareggiare con pugili femmine. La Federazione non ha mai dettagliato, per motivi di privacy, le ragioni dell’esclusione ma durante le Olimpiadi di Parigi ha diffuso una nota in cui smentiva che le due fossero state sottoposte a test sui livelli di testosterone nel sangue.

Nel comunicato pubblicato sul proprio sito dopo che Khelif ha vinto l’oro, l’Iba “sottolinea che la competizione contro atleti non idonei è pericolosa e ingiusta per le pugili donne”.

“È un peccato – conclude la Federazione – che il Cio trascuri la sicurezza delle pugili donne per criticare l’Iba a tutti i costi, solo per dispetto. Ora, dopo che Khelif ha vinto la finale delle Olimpiadi di Parigi, l’Iba non può che rammaricarsi che una delle nostre pugili sia stata privata dell’opportunità di festeggiare l’oro stasera”.

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