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Fagioli: “La ludopatia mi aveva divorato la vita. Ogni tanto riaffiora ma ora la domino”

Credit: AGF
Di Marco Nepi
Pubblicato il 30 Mag. 2024 alle 12:40

Nicolò Fagioli ha da poco finito di scontare la squalifica di sette mesi patteggiata per lo scandalo scommesse. Ha fatto in tempo a rientrare per giocare uno spezzone di gara nell’ultima giornata di campionato ed è stato subito convocato in Nazionale dal ct Luciano Spalletti in vista dell’Europeo che si terrà fra due settimane in Germania (Fagioli è tra i 30 pre-convocati, ne resteranno solo 26).

Dal ritiro di Coverciano, il centrocampista 23enne della Juventus parla per la prima volta pubblicamente della sua ludopatia in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport.

“È cominciato tutto come un gioco”, racconta. “Scommettevo, tanto, ma non sulla mia squadra o su di me. Non volevo violare dei principi ai quali credo. So che sembra grottesco che io usi questa parola, ma per me è importante. Pensavo che giocare al calcio e alle scommesse, se le due rette non si incrociavano, non fosse grave. Non ho fatto male allo sport, non ho condizionato risultati o leso diritti di altri”.

La ludopatia? “So che io non ho smesso e non smetto di combatterla”, ammette. Fagioli. “Sarei un bugiardo se dicessi che non riaffiora, che non fa sentire ogni tanto il suo canto seducente. Ma ora lo domino pensando semplicemente a quanto male mi ha fatto. E so che non esiste ‘Lo faccio una volta sola’ perché quella biscia ti avvinghia e non ti molla più. Penso ora che il gioco sia una cosa da sfigati”.

Il calciatore ringrazia poi i suoi compagni di squadra e il suo club per averlo aiutato in questo difficile periodo. “Rinnovandomi il contratto”, dice, la società “mi ha dimostrato grande fiducia e vicinanza. Poi mister Allegri e i compagni. Penso a Locatelli, Gatti, Chiesa, Bremer, Vlahovic”.

“Per il resto – aggiunge – con l’aiuto dello psicologo ho combattuto. Per evitare la tentazione di sporgermi dalla balaustra sul vuoto, ho riempito le giornate dopo gli allenamenti: tennis, padel, sedute di analisi, incontri con le scuole. Per anni ho tenuto questo segreto di fango solo per me, ora posso parlarne”.

Fagioli si sofferma poi su un episodio di cui si è più volte parlato quando il caso scommesse venne alla luce: le sue lacrime in panchina, dopo essere stato sostituito durante la partita – poi persa – contro il Sassuolo. Il centrocampista aveva fatto una brutta prestazione ed era stato colpevole di un errore che aveva favorito un gol degli avversari.

“Quando sono scoppiato a piangere – ricostruisce – non era solo per aver messo in difficoltà la mia squadra, ma perché in quel momento è scesa una cappa nera, tutto mi sembrava negativo, tutto scuro. Avevo sbagliato un pallone, ma il mio errore più grave era dentro di me. Il problema è che non ero più padrone di me stesso. Il gioco mi aveva divorato la vita, era diventato un assillo, un incubo”.

“Lo so che sono un ragazzo fortunato, che ci sono miei coetanei in condizioni più drammatiche della mia, che non ho titolo per invocare comprensione”, conclude il 23enne nato a Cremona. “Ma non voglio neanche essere ipocrita. Sono stato inghiottito da un vuoto che non guarda in faccia nessuno, non distingue per classe sociale, non premia né assolve in base al talento. Mi sentivo soffocare ma non trovavo il modo di venirne fuori”.

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