GRANDE TORINO, LA TRAGEDIA DI SUPERGA – Il 4 maggio 1949 alle 17.03 il trimotore su cui viaggiavano i giocatori del Torino in compagnia dello staff e di tre giornalisti si schiantò contro la parete della Basilica di Superga.
L’aereo stava riportando a casa la squadra dopo una partita contro il Benfica a Lisbona, e si trovava nelle fasi finali del volo.
Il tempo su Torino era pessimo, con pioggia e scarsa visibilità. Il pilota si allineò con l’aiuto radio della torre di controllo in direzione della pista.
Si presume che una folata di vento abbia spostato la traiettoria del velivolo, portandolo a schiantarsi contro la Basilica. Delle 31 persone a bordo, non si salvò nessuno.
Tra loro c’erano anche i giornalisti Renato Casalbore, fondatore di Tuttosport, e Renato Tosatti, padre di Giorgio.
L’evento ebbe risonanza mondiale. Lo shock fu grande, e l’anno successivo la nazionale scelse di recarsi in Brasile per giocare i mondiali con un viaggio di tre settimane in nave.
La partita con la squadra portoghese era stata fissata a febbraio 1949, quando Valentino Mazzola, capitano del Torino, e Francisco Ferreira, capitano del Benfica, stipularono un accordo.
Il portoghese avrebbe chiuso la carriera con una partita d’esibizione contro il Torino, il 3 maggio 1949 a Lisbona.
La partita finì 4-3 per il Benfica. Il Torino schierò Bacigalupo, Ballarin, Martelli; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Orsola.
Questa squadra, nei sette anni precedenti, era stata capace di vincere 5 campionati, di cui 4 consecutivi. La nazionale italiana dell’epoca contava nella formazione dieci componenti su undici provenienti dalla squadra granata.
L’allenatore di questa corazzata era Felice Borel, un autentico visionario, che fu tra i primi a schierare la squadra con il “sistema” e non più col “metodo”, una tecnica calcistica più antica.
Quel Torino era una squadra leggendaria che ha cambiato il calcio e che stimolava anche un totale coinvolgimento del proprio pubblico, soprattutto durante il “quarto d’ora granata”.
Al “Filadelfia”, il vecchio stadio del Torino, infatti, quando l’avversario era in difficoltà, il Toro giocava al di sotto delle sue potenzialità, fino a quando dalle tribune non si udiva un triplice squillo di tromba.
In quel momento, il capitano Valentino Mazzola si rimboccava le maniche, dando il segnale del cambiamento di ritmo. Proprio così il Toro vinse, il 28 aprile 1946, per sette a zero contro la Roma, realizzando una goleada in un quarto d’ora.
Anche la stagione del 1949 vedeva il Grande Torino dominare, arrivando a 5 giornate dal termine con 4 punti di vantaggio sull’Inter, seconda in classifica.
Lo scudetto sembrava sicuro, sarebbe stato il quinto consecutivo, un record, e la squadra poteva permettersi di giocare un’amichevole a Lisbona.
Fu scelto il Torino perché sarebbe stato sicuro il pienone allo stadio. Infatti, a vedere l’ultima partita di quella incredibile squadra c’erano 40mila persone.
Più di sessantanni dopo, rimane ancora intatto il mito dei granata. Una delle poche squadre della storia a ricevere l’appellativo di “grande”.
Quell’anno lo scudetto fu assegnato a tavolino al Torino, che fu costretto a schierare la squadra giovanile nel finale di campionato.