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Basket diplomacy in Corea del nord?

Un intreccio a metà fra la diplomazia e la farsa coinvolge l'ex Bulls Dennis Rodman, il rapper di Gangnam Style PSY e il Supremo leader Kim Jong-Un

Di Nicola Sbetti
Pubblicato il 2 Mar. 2013 alle 05:30 Aggiornato il 28 Nov. 2018 alle 14:13

Basket diplomacy in Corea del nord

Che ci fa Dennis Rodman a fianco di Kim Jong-Un mentre gli Harlerm Globetrotters giocano a Pyongyang? La domanda se la sono posta in molti ma la risposta non è stata univoca.

Giovedì 28 febbraio l’ormai cinquantunenne eccentrica stella dei Chicago Bulls anni Novanta si è recato in Repubblica Democratica Popolare di Corea assieme a tre membri dei Globetrotters e a una troupe televisiva, ricevendo un’accoglienza calorosa. Oltre all’incontro di pallacanestro con squadre miste terminato 110 a 110, i visitatori americani sono stati guidati per la capitale nordcoreana, hanno onorato la tomba del “Caro leader” Kim Jong Il e sono stati ospiti d’onore in una cena offerta dal giovane “Supremo leader” Kim Jong-Un.

Dennis Rodman ha dichiarato “Anche se le relazioni tra i nostri paesi non sono delle migliori, personalmente mi considero un amico di Kim Jong-Un e di tutto il popolo nordcoreano” e prima di ripartire per la Cina ha abbracciato il “Supremo leader” nordcoreano affermando: “You have a friend for life“.

Come ha ben evidenziato l’analisi sviluppata da The Diplomat, l’avvenimento è stato recepito negli Stati Uniti in maniera ambivalente: i “falchi” lo hanno fortemente criticato, mentre le “colombe” ne hanno invece sottolineato le potenzialità positive. Mentre il docente Brian Reynolds Myers ha sostenuto che l’incontro di basket e soprattutto i tributi e gli inchini di fronte ai monumenti di Stato non hanno fatto altro che legittimare un regime “affamatore”, Curtis Melvin, di North Korean Economy Watch, ha dichiarato: “Questi eventi sono importanti per costruire nuove relazioni e aprire nuove opportunità”.

Non c’è dubbio che se esiste un linguaggio sportivo in grado di connettere gli Stati Uniti con l’estremo Oriente è proprio quello della pallacanestro. Barack Obama peraltro ha fatto di questa disciplina un vero e proprio sport presidenziale. A sua volta Kim Jong-Un, sembra aver ereditato la passione del padre per il Basket. Un report pubblicato nel 2006 sosteneva che Kim Jong Il avesse fatto costruire un campo da basket nei suoi palazzi e che possedesse i video di quasi tutti gli incontri disputati da Michael Jordan con i Chicago Bulls. Questa passione doveva essere da tempo ben nota all’intelligence statunitense visto che nel 2000 l’allora Segretario di Stato, Madeline Albright, in occasione di una sua visita a Pyongyang, portò personalmente a Kim Jong Il un pallone da basket firmato da Michael Jordan. Proprio Jordan invece declinò gentilmente un invito del “Caro leader” per recarsi in Corea del Nord; un incontro che, in tempo di “Sunshine policy”, sarebbe stato facilitato dalla multinazionale sudcoreana Samsung.

Ma Rodman e gli Harlem Globtrotters costituiscono un caso di “Basket diplomacy” paragonabile alla celebre “diplomazia del ping pong”? Secondo l’analisi di Jonathan DeHart, assolutamente no. Rispetto all’apertura diplomatica con la Cina, viene infatti evidenziato l’assenza di comunicazione dei cestisti con lo State Department o l’amministrazione Obama e sottolineato come la stessa diplomazia abbia osservato i fatti con una certa distanza. Mentre gli incontri di tennistavolo avevano coinvolto i più alti livelli politici, i canestri di Rodman e compagni rischiano di essere catalogati ai posteri come “ordinari scambi culturali“.

Sta di fatto che fra tutti i potenziali ambasciatori informali degli Stati Uniti Rodman è il più improbabile e non solo per i piercing e i tatuggi. Difficile immaginare che nei prossimi giorni si presenti a fare un resoconto allo State Department, tanto più che se ciò fosse vero avrebbe forse evitato l’esilarante gaffe che ha fatto imbestialire il rapper PSY. In uno dei suoi twit con l’hastag #WORMinNorthKorea (Worm è il soprannome di Rodman) ha scritto con: “Maybe I’ll run into the Gangnam Style dude while I’m here”, dimostrando scarsa conoscenza geografica e scatenando l’immediata e piccata risposta del rapper sudcoreano: “@dennisrodman I’m from #SOUTH man!!!“. Visibilmente imbarazzato l’ex cestista è riuscito a riprendersi dallo scivolone con un “cinguettio apolitico“: “I’m not a politician. Kim Jung Un & North Korean people are basketball fans. I love everyone. Period. End of story”.

Per quanto non pare essere davanti ad un classico caso di diplomazia sportiva, alcuni indizi sembrano invece suggerire che dietro alla visita di Rodman & Co. non ci siano solo ragioni economiche ma anche l’interesse statunitense a distendere i rapporti politici con i nordcoreani, giunti ai minimi storici nell’era Bush. Guardando al passato, per esemprio, scopriamo che già nel 1959 gli Harlem Globetrotters si recarono a Mosca per disputare nove incontri in nome della distensione. Del resto, come ricorda Bucket Blakes i Globetrotters usano “il basket come strumento per costruire legami culturali, ponti fra i Paesi e per far sorridere la gente”.

Non va poi sottovalutato il fatto che già nel giugno del 2012 era avvenuto un importante scambio culturale a carattere cestistico fra Corea del Nord e Stati Uniti. Per la prima volta infatti una squadra americana, i “Coaches International”, si era recata nelle scuole di Pyongyang disputando alcuni allenamenti con gli studenti locali e inaugurando così uno scambio che dovrebbe essere riproposto anche nel 2013. Infine Eric Schmidt, l’executive chairman di Google, nel gennaio del 2013 si era distinto per una sorprendente visita di quattro giorni in Corea del Nord.

Tre indizi fanno una prova? Se si sia trattato di un’efficace mossa per accrescere il prestigio di Kim Jong-Un, di un semplice vezzo dello stesso, oppure di un ulteriore passo esplorativo fra le diplomazie americana e nordcoreana per distendere i rapporti lo scopriremo solo col tempo. Resta però il fatto che il documentario della HBO che sarà trasmesso ai primi di aprile sarà una chicca imperdibile.

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