Alex Schwazer: “Voglio entrare nel mondo del calcio”
Alex Schwazer ha finito di scontare la sua squalifica ed è ora un uomo libero sportivamente parlando: ma il suo futuro non sarà comunque nell’atletica.
Intervistato da La Repubblica, infatti, l’ex marciatore rivela che cosa vuole fare “da grande”: “Voglio entrare nel mondo del calcio. Sono stato un atleta individuale in uno sport di durata. Il calcio è uno sport di squadra giocato da singoli. Voglio diventare preparatore atletico e mettere la mia esperienza al servizio di un ambiente nuovo”.
Una strada diversa dal suo ex preparatore atletico, Sandro Donati, che dopo 37 anni torna in Fidal: “La mia strada è un’altra. Sento dentro di me una cosa che mi motiva fortemente, e quando è così io vado dritto. Donati è stato un precursore in quello che voglio fare io: ha allenato atleti di sport molto diversi. Questo sta avvenendo sempre più spesso: nel ciclismo, ad esempio, la Visma di Vingegaard ha preso l’allenatore del nuotatore Leon Marchand, la Red Bull di Roglic il mental coach di Verstappen”.
Schwazer, poi, ripercorre quanto accaduto: “Gli ultimi 8 anni sono stati molto difficili. Ma la mia vita è sempre stata caratterizzata da alti e bassi. A 18 anni ero già convinto di smettere perché mi squalificavano sempre per marcia scorretta. Lì stava per finire un sogno, quello di diventare un professionista dello sport. Avevo perso le speranze, una cosa che non mi è accaduta più in seguito. In poco tempo sono diventato un marciatore molto forte, è arrivato l’oro di Pechino nella 50 km. Poi c’è stato un susseguirsi di felicità e delusioni e sarà così sempre, evidentemente è questo il mio destino. Tra vittoria e sconfitta, nello sport e nella vita, c’è sempre una linea molto sottile”.
L’ex marciatore ha condotto una lunga battaglia con la Wada per dimostrare la sua innocenza: “La Wada si è chiesta a un certo punto: ammettiamo che c’è stato un errore o restiamo sulla nostra linea? La manipolazione delle provette è un evento possibile, come abbiamo visto con i russi alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014. E poi c’è gente che per la stessa sostanza prende un anno, due, otto o anche niente. La disparità è anche economica: il sistema costa troppo, non puoi difenderti. Una persona normale molla anche se non vorrebbe”.
L’ex atleta, poi, parla del caso Sinner, risultato positivo al Clostebol: “È l’esempio classico di come le sanzioni non siano uguali per tutti. Sinner può permettersi di difendersi da solo, altri sono morti sportivamente in silenzio, condannati per la stessa sostanza e modalità assai simili. Jannik è certamente innocente e gli innocenti non devono mai prendere squalifiche: ma essere innocenti o no, a livello di giustizia sportiva e antidoping, conta zero. La politica è tutto, in questo mondo”.
La FederTennis si è schierata subito al fianco di Sinner a differenza di quanto fatto dalla Fidal nel suo caso: “La Fidal è sempre restata in silenzio per tutelare il resto degli atleti. È una scelta: se alzi la voce possono esserci ritorsioni. E il motivo è sempre quello: c’è troppa politica nello sport”.
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