E’ scomparso questa mattina a Grobbendonk nelle Fiandre, a due giorni dal suo 91° compleanno, Hendrik Van Looy, universalmente noto come Rik, il secondo ciclista più vittorioso della storia, alle spalle di Eddy Merckx, con 379 successi di cui 37 nei tre grandi giri (12 al Giro d’Italia, sette al Tour de France e ben 18 alla Vuelta Espana).
Van Looy emerse dall’ombra del suo connazionale e omonimo Rik Van Steenbergen, nella seconda metà degli anni cinquanta. Fu questa staffetta tra i due fuoriclasse fiamminghi a generare la progressione numerica che fece di Van Steenberghen Rik I, con Van Looy successivamente elevato a versione belga di Riccardo, cuor di leone.
Tra il 1958 e il 1961, il campione di Grobbendonk trionfò, primo nella storia, nelle cinque corse che oggi sono considerate le classiche monumento: Milano-Sanremo, Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix, Liegi-Bastogne-Liegi e Giro di Lombardia. Laddove, successivamente altri due suoi connazionali, Eddy Merckx e Roger De Vlaeminck, sono riusciti ad eguagliare questa impresa, Van Looy resta l’unico ad aver conquistato le otto gare che, ai suoi tempi, erano considerate le regine della bicicletta, avendo vinto, in aggiunta alle cinque sopra citate, anche Freccia Vallone, Parigi-Bruxelles e Parigi-Tours.
Mai competitivo per la classifica generale nelle grandi corse a tappe, pur facendo incetta di successi di giornata, fu grande protagonista al campionato del mondo. Nel 1960 conquistò la maglia iridata nel primo mondiale disputato oltre cortina al Sachsering, pochi mesi prima dell’edificazione del muro di Berlino. Doppiò questa vittoria 12 mesi dopo a Berna cedendo poi il titolo nel 1962 al francese Jean Stablinski sul tortuoso circuito gardesano di Salò.
Nella perenne leggenda di cui si nutre insaziabilmente il ciclismo, Van Looy, più che per le sue grandi vittorie, è ricordato per quanto avvenuto al campionato del mondo del 1963. Rik aveva preparato meticolosamente la prova iridata, in programma sulle strade di casa con arrivo a Ronse. Sembrava una storia dal finale già scritto con il fuoriclasse di Grobbendonk destinato a eguagliare i tre titoli vinti in precedenza solo da Alfredo Binda e da Rik Van Steenberghen. Invece, quell’ormai lontano 11 agosto 1963, il diavolo ci mise lo zampino nella persona di Benoni Beheyt, un giovane di quasi 23 anni voluto in squadra proprio da Van Looy per le sue ottime qualità di passista. Il capitano della nazionale belga sembrava lanciato verso la vittoria, anzi forse la stava già pregustando, quando Beheyt lo rimontò a doppia velocità, superandolo a 50 metri dallo striscione finale nonostante Rik, allargando il braccio, tentasse d’ostacolarlo.
Gli eventi nefasti che seguirono questa gara sarebbero sfuggiti anche ad Euripide nella stesura di una sua tragedia. Simile a Medea, Van Looy si vendicò del torto subito facendo emarginare Beheyt dal mondo del ciclismo al punto che il malcapitato Benoni fu costretto a ritirarsi a soli 26 anni. Il peggio, purtroppo, doveva ancora venire. Divenuto poliziotto, Beheyt uccise per sbaglio il figlioletto in un nefasto incidente domestico, tentando poi di togliersi la vita.
Il risultato di Ronse segnò anche l’inizio della parabola discendente di Van Looy che, in seguito, colse solo due successi di grande prestigio: la Parigi-Roubaix del 1965 e la Freccia Vallone 1968, l’unica classica che gli mancava per completare l’ottagono delle antiche monumento. Si ritirò nel 1970 a 36 anni.
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