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La vera vita di Carlo Verdone: intervista al più popolare attore italiano

“Credevo che il successo sarebbe durato 5/6 anni e invece eccomi qua. Ero meglio da giovane? Qualcuno me lo dice ma bisogna adeguarsi ai tempi. O si diventa patetici, come Alberto Sordi che da anziano cercava di far ridere con le battute del passato. Mi chiesero di candidarmi sindaco. Se a Roma si fosse presentata la Meloni, le avrei dato credito”. L'intervista integrale sul nostro settimanale, in edicola dal 19 novembre

Di Riccardo Bocca
Pubblicato il 18 Nov. 2021 alle 13:30 Aggiornato il 18 Nov. 2021 alle 16:19

Questa, in teoria, è la regina delle interviste bollite. Cosa vuoi dire a Carlo Verdone? Impossibile non amarlo. Difficile resistere alla sua intelligenza, alle sue fragilità, alla capacità magnetica e al tempo stesso discreta di porsi al centro dell’attenzione tua, che gli stai davanti, e di tutti. Superstar nostrana dell’umorismo, protagonista di 28 film, artista benvoluto sia dal pubblico che dal circo massimo della critica, è stavolta l’anima di Vita da Carlo: la teleserie di Prime Video che ha interpretato e diretto per Amazon. Dieci puntate da trenta minuti l’una in bilico tra vero e verosimile. Un up and down ironico e amaro dove srotola, con il mestiere di sempre, la sua storia privata e pubblica. Speranze, angosce, paradossi e malinconie. Tutto il bagaglio che lo ha reso nel tempo monumento nazionale.

Un bel regalo, dopo l’inferno della pandemia più feroce, e pure un bel sorriso dopo i lunghi mesi trascorsi immobile a letto per un’operazione alle anche. “Racconto con coraggio me stesso”, ha detto. Quanto basta per ringraziarlo, ma anche per chiedergli uno sforzo imprevisto: quello di uscire per due ore dalla celebrazione cronica che viene fatta di lui. E confessare, magari, come si senta dentro questa fase di travaglio storico. Come reagisca alle sfide imposte da un futuro dell’umanità che appare balordo. Ma soprattutto quanta voglia abbia ancora, a 71 anni, di esplorare i paradossi italiani. Domande che scivolano dentro il salone di casa sua, a un passo dal bosco urbano di Villa Pamphili. La meraviglia di Roma davanti al suo terrazzo, e sul divano la sensibilità di chi ha titolato il suo ultimo tratto di autobiografia La carezza della memoria.

In “Vita da Carlo” si ride, e molto, con quella che il tuo personaggio chiama la «malincomicità». L’impressione è che, recitando te stesso, tu abbia ritrovato la vena migliore. Cosa avevi perso per strada?
“Non mi ero perso niente. È che dovendo interpretare Carlo Verdone mi sono liberato da tutte le piccole furbizie che noi attori di solito usiamo. E poi, essendo una serie, non ho avuto l’obbligo tipico dei film di inserire al diciottesimo minuto una risata, e dopo altri dieci minuti un’altra trovata che per forza deve fare ridere, e avanti così. Ho mostrato chi sono e basta, una liberazione”.

In pratica, una tele-seduta psicoanalitica.
“Sì. Un po’ come quando nel 1992 girai Maledetto il giorno che ti ho incontrato. Però qui c’è più verità. Quando ho rivisto per la prima volta il prodotto finito mi ha fatto impressione. Ho pensato: ‘Vedi, Carlo, quante soddisfazioni hai avuto dalla vita?’. Devo ringraziare Dio per tutto quello che ho ricevuto. È stata una cosa fantastica, un privilegio. Con un dazio da pagare, però…
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