“Mi vogliono tutti bene? Non me lo spiego. Non mi ero accorto di così tanto affetto come da quando sono in pensione”. Vincenzo Mollica, storico ex inviato del Tg1, si è raccontato al Corriere della Sera.
L’amore per la televisione è nato presto, in Canada. Sì, perché il giornalista dalla provincia di Modena, dove è nato, è andato con la famiglia in nord America. Un paradiso dove trasmettevano tutto il giorno tutti i giorni su 20 canali. Racconta della Disney, e l’amore nato dalle sue favole: “Mi rendevo conto che tra quei disegni animati e la realtà c’era poca differenza. Uscivo di casa e tutto era fiabesco, le strade innevate, gli scoiattoli…”.
Poi il ritorno in Italia, in Calabria, a Motticella. Libri, fumetti, film, diventano il suo pane quotidiano. Si innamora di Eduardo e Brecht, e della televisione del pomeriggio con Zorro, Rin Tin Tin e altri. Da qui scoppia l’amore per l’arte, la cultura, le immagini, lo spettacolo.
I genitori si erano separati da bambino, ricorda Mollica. Il papà lo conobbe solo sulla via del ritorno dal Canada. Un incontro strano e speciale allo stesso tempo, che però gli rimase nel cuore perché capì presto che il padre lo avrebbe aiutato a coltivare le sue passioni: “Quando lo vidi gli diedi la mano, educatamente. Lui mi abbracciò e da quel momento diventò mio padre. Aveva capito che la mia passione erano i fumetti”.
Già da bambino Vincenzo Mollica ha dovuto convivere con la consapevolezza che sarebbe diventato cieco. Chiudeva l’occhio sinistro e sprofondava nel buio, non capiva. A sette anni sentì di nascosto cosa diceva il dottore: “Devo dirvi che vostro figlio diventerà cieco”. Ha dovuto arrangiarsi, prima ha sempre scritto tutto a mano, ma negli ultimi anni era impossibile: “Così gli articoli ora me li compongo nella testa, come fosse un foglio bianco”. Nonostante la forza mentale, è difficile abituarsi del tutto e qualcosa inevitabilmente pesa più di altre: “Mi mancano i volti di mia moglie, i suoi occhi azzurri e il suo sorriso e mi manca il volto di Caterina e la sua luce”.