Sono periodi un po’ così: abbiamo atteso il Festival come la manna dal cielo, Fiorello come se fosse il nuovo Messia destinato a rendere più dolci questi giorni amari; ma quello che pensavamo fosse amore per la fiorata riviera ligure, manco era un calesse.
E quindi già da questa settimana, passata l’emozione reale di Harry e Meghan, siamo tornati a cercare le gioie sulle piattaforme streaming. Sono andato a curiosare, quindi, sull’ultima arrivata: DISCOVERY+, nata dalle ceneri di DPLAY e portatrice di tutto un mondo di inchieste con i controcazzi, reality improbabili e un nuovo show importato dall’Inghilterra che non può non attrarre subito l’attenzione. Stiamo parlando di Naked Attraction, che in terra madre è, un programma cult, foriero di grandi discussioni e ormai arrivato all’ottava stagione. Qui va concludendosi la prima.
Il succo dello show è fare “conoscere” persone, cominciando dove un buon appuntamento finisce… nudi. C’è un cacciatore, o cacciatrice, o come uno ama definirsi senza limiti che comincia a vedere 6 persone dal pene o dalla vagina. Per poi salire sempre di più. Solo quando saranno completamente svelati potrà sentire le loro voci, spogliarsi a sua volta e andare alla scelta di colui o colei con cui potrà vivere in ricchezza o povertà, in nudità o vestizione.
Lo so: raccontata così sembra una roba scandalosissima o trashissima, la famosa “cagata pazzesca” di fantozziana memoria. Invece nulla come Naked Attraction è capace di raccontare la sessualità dei nostri tempi.
Esempio: nella versione inglese a un certo punto arriva Lee che si identifica come “Non binario” e “Pansessuale”: dietro le cabine troverà due uomini, due donne, una transessuale operata e una ragazza che sta compiendo il percorso di transizione ma che ha ancora il pene. La mezz’ora successiva è veramente una lezione di educazione sessuale: ogni termine “da non binario” a “cis” trova una sua spiegazione, un suo racconto, senza prurigine di nessun tipo, ma soprattutto racconta al pubblico generalista come le relazioni degli anni 2020 possano, vivaddio, essere variegatissime.
Le prime puntate le ho viste (quando ancora le zone gialle ce le permettevano) con gli amici: un gruppo di giovani gay al loro primo approccio con la visione e la descrizione di una vagina. In primo piano. Senza risatine. Se ci pensate, in un’epoca di selfie filtrati, swipe di tinder e grindr, profili social più curati e ritoccati del proprio curriculum lavorativo, tornare all’approccio primitivo è quantomeno rivoluzionario.
I detrattori dicono che Naked Attraction è degradante e superficiale. Ma dopotutto, chi l’ha detto che un pene con il piercing non possa già raccontare della personalità di una persona rispetto a una chiacchierata davanti a un bicchiere di vino?
Molti concorrenti raccontano di aver cambiato l’approccio col proprio corpo dopo la puntata, altri non ce l’hanno fatta e sono fuggiti prima della registrazione: leggende narrano anche che una cacciatrice sia svenuta alla vista di 6 organi genitali maschili messi in fila davanti a lei.
Io vi consiglio di guardarlo senza pregiudizi, anzi lasciando magari l’ultimo orpello sovrastrutturale dell’edizione italiana: il programma racconta anche la bellezza di tanti corpi imperfetti. Ma lo fa in maniera un po’ troppo democristiana. Magari quello sovrappeso viene lasciato fino alla fine ed eliminato perché ha brutte sopracciglia, alcune ragazze eliminate per le brutte unghie dei piedi. Ergo, impariamo anche l’arte della schiettezza. E facciamola diventare la nuova normalità. Perché come diceva l’iconica Eva Robin’s: dalla normalità si può anche guarire!
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